Il cubo
di Beppe Donadio



Goodbye – Madman Across The Water - 1971

Alla fine degli anni ottanta gli inviti di mamma e papà a cercare un'idea politica e soprattutto un indirizzo spirituale ben preciso, possibilmente quello giusto, quello di tutti, si erano fatti molto pressanti.
"In qualcosa dovrai pur credere!?" era la frase più gettonata sul juke-box che accompagnava pranzi e cene.
In casa nostra, né io, né mia sorella abbiamo mai creduto a Santa Lucia, una santa dalle fattezze abbastanza inquietanti (gli occhi appoggiati su di un piatto) che al nord porta i regali ai bambini. Una Befana della pianura padana, per intenderci.
In quegli anni credo che mia sorella sposasse la filosofia/religione di Umberto Tozzi, un pò perchè rosso di capelli come il suo idolo delle vacanze, un pò perchè ai suoi occhi bello come il sole (apriamo un dibattito. Qualcuno crede che Umberto Tozzi sia bello?). Io ero invece un seguace della corrente John/Taupin, la coppia più prolifica della canzone pop dai tempi di Lennon/McCartney.
Così come mi è sempre stato chiaro che Elton scriveva la musica e Bernie le parole, non ho mai capito che relazione intercorresse tra i due di Liverpool, e conseguentemente chi tra i due fosse il genio. Visto che Lennon si è incazzato un paio di volte mandando a quel paese Paul, sostenendo in un suo album che Paul sarebbe stato in grado di scrivere solo "Yesterday", devo pensare che lo stressato fosse Lennon, e quindi il genio fosse Paul. Ma è solo un punto di vista.
In ogni corrente spirituale che si rispetti, tutti si sentono insigniti di un compito. Primo fra tutti, di solito, quello di tramandare la parola. Quindi ricordo che in seguito a folgorazione da "Sad Songs", in cui per un miracolo della televisione c'era un Elton a colori in mezzo a cose in bianco e nero, roba da Guerre Stellari, fui preso da illuminazione divina alla Blues Brothers (che in chiesa vedono la luce, e concepiscono La Banda).
Dovevo diffondere le canzoni di Elton John. Perchè nella mia scuola, Elton non se lo filava proprio nessuno.

Alla fine degli anni ottanta, con intuito da tombeur de femmes quale non sono mai stato, capii che il segreto stava nella compilation giusta.
Le compilation fatte in casa dei primi anni ottanta venivano inizialmente realizzate avvicinando un registratore a cassetta ad una sorgente sonora (casse del giradischi, televisore, radio). Il buon esito di queste registrazioni stava nell'assicurarsi che eventuali persone presenti fossero tutte silenziose, le finestre chiuse e il cane fuori dalla porta, perchè si trattava di registrazioni a cielo aperto, e tutto entrava nel microfono. Tutto quello che faceva rumore. Sciacquoni del bagno compresi.
Mi ricordo che le canzoni catturate in questo modo portavano con sé una lista di minuscoli rumori, tipo starnuti soffocati, biro che cadono, porte che si aprono, porte che si chiudono, colpi di tosse e di clacson. Al decimo ascolto erano parte della canzone, e te li aspettavi ormai, come una rullata di timpano, o un solo di percussioni. Presto non ci facevi più caso. Su una c90 Basf avevo una mezza incisione di "Milano" di Ivano Fossati presa da Rete 105, 99.9 megahertz, con all'inizio la voce di Leopardo, d.j. di punta con la "erre" roteante come quella di Lorena, e nel bel mezzo del ritornello il campanello di casa mia, così a tempo sulla musica, quel campanello, che per un paio di mesi non mi accorsi che sul disco non era mai stato inciso. E una volta comperato il disco, quel campanello mi mancò da morire. Mi chiedevo come mai Fossati non avesse pensato ad un campanello proprio lì, nel mezzo di "Milano".
L'evoluzione tecnologica ci portò finalmente i primi "compatti" (giradischi con registratore a cassetta annesso), fino alla vera rivoluzione giovanile, quel radioregistratore grazie al quale si potè finalmente mettere su supporto magnetico la musica proveniente dalla radio senza che questa uscisse fuori dalle casse, ma direttamente dall'interno di quella scatola musicale, in modo oscuro ma efficace. Purissima.
Fino al vero oggetto cult degli anni ottanta, secondo forse soltanto alla Fanta, alle Dixie e alle luci stroboscopiche, così ben narrate da Elio in "Tapparella": il Cubo della Philips, il primo compatto rivoluzionario della storia dell'elettrodomestico, un agglomerato di giradischi, registratore a cassetta e radio am/fm dalla qualità sonora pessima, ma il tutto al prezzo non disprezzabile di lire duecentocinquantamila.
Un commerciante vigliacco di Viale della Stazione mi vendette il fratello minore del Cubo, di marca Phonola, sottomarca della Philips, perchè l'originale andava a ruba, praticamente allo stesso prezzo. La qualità sonora era la stessa: molto bassa. Ma la rivoluzione dell'home recording era appena agli albori, ed il Cubo poteva fare tutto, come il più capiente degli Ipod o il più potente dei processori.
Quindi (primo quindi) ora potevo registrare musica dalla radio e dal giradischi indifferentemente. E mettere il tutto in sequenza su cassetta.
Quindi (secondo quindi) adesso si trattava soltanto di scegliere la giusta combinazione di canzoni per fare una bella compilation alla vicina di classe, quella coi capelli neri raccolti a coda di cavallo e gli occhi blu.

U2? Troppo incazzati, troppo lontana l'Irlanda e le bombe. Non erano ancora tempi di bombe, e non era più tempo di impegno sociale. Live Aid non era ancora arrivato, le occupazioni della scuola facevano ridere. Simple minds? Cavolo, tutte uguali. Ultravox? Belli. Ma qual'è il cantante? Quello con gli occhiali grossi? Come puoi fare una compilation alla vicina di classe con le canzoni degli Ultravox? Who? Metallo. Eric Clapton? Bob Marley? Spinelli. Madonna? Non si fa una cassetta ad una donna con le canzoni di Madonna. Boy George? Men che meno. Men at Work? Men che Men.
Elton John.
Una donna dovrebbe amare Elton John. Romanticismo. Melodia purissima, la più pura dai tempi di Ludovico Van Beethoven Il Sordo.

Una mattina di marzo di uno degli anni ottanta che ora non ricordo bene, come una rapina in banca concepita in ogni particolare e studiata per mesi o anni, quel giorno di quell'anno fu il giorno della consegna. Una bella c46 a Coda di Cavallo. La c46 di Coda di Cavallo conteneva tutto il potenziale esplosivo sentimentale che questo ometto inglese col cappello e le braccia corte era in grado di offrire alle mie orecchie al solo battere di un tasto d'avorio, nero o bianco che fosse. Il patrimonio genetico della canzone d'amore, o almeno la songlist che io avevo deciso sarebbe stata il mio passaporto per le labbra di Coda di Cavallo, che in linea d'aria stava a una decina di metri da me, nell'altra classe, ma sono sicuro che se avessi fissato il muro l'avrei vista, e ne avrei sentito il profumo (Fiorucci).
La c46 era la cassetta per eccellenza. Non troppo lunga come la c120 che rompeva le testine, meno ingombrante della c90 che comunque poteva contenere due ellepì interi uno per lato ma due ellepì interi ad una donna non si registravano, più utile della c60 alla quale restavano sempre una decina di minuti di vuoto che andavano riempiti con cose extra a caso che di solito non avevano nulla a che fare con il resto. Almeno fino all'idea di includere registrazioni dal vivo, che però le donne non apprezzavano perchè appena sentite in originale, e perchè da sempre le donne vanno solitamente al sodo, e delle sottigliezze "live" e "studio", se devi regalare la cassetta dell'amore, proprio non sanno che farsene).

-"Elton John? Chi, quel vecchio che si veste da frocio? Ok, la ascolto, però a me non piace Elton John. Sono tutte uguali. Comunque grazie"-.
Mi disse così, Coda di Cavallo, non appena gli occhi blu caddero sui titoli e sull'artista.
Perchè non aveva funzionato? Perché mai Coda di Cavallo non aveva apprezzato? Romanticismo, melodia, la più pura dai tempi di Ludovico...
Io e Coda di Cavallo non ci amammo mai (non limonammo mai, non ci facemmo mai, come si direbbe oggi), perché lei scomparve alla mia vista per un mese. Forse si aspettava di ricevere una cassettina dei Duran Duran, pensavo io tra un cambio di professore ed un altro, o una qualsiasi lista di canzonette dance anni ottanta con in mezzo "Through the Barricades", quella su cui si ballavano i lenti alle feste, lenti dai quali si finiva solitamente dritti sul divano a scambiarsi litri di saliva mista a cocacola.
Deve aver pensato "Ma chi si crede di essere questo sfigato che sulla cassetta non mette Through the Barricades? Una gnocca come me, poi..."

Non ci amammo mai, io e Coda di Cavallo, dicevo. Ma la mia rivincita l'ho avuta.
Un mese dopo.
Lei gira l'angolo che divide le due classi e rimette la sua bella faccia davanti alla mia dopo tanto tempo, che a momenti mi prende un infarto tanto è bella. Mi guarda e mi dice: "Bella canzone Goodbye. Grazie". Poi si volta, prende per mano una pertica di giovane uomo dallo sguardo idiota con le prime nike bianche e blu di importazione ai piedi e scende le scale per fare il solito giro delle dieci, mano nella mano, davanti a tutto il liceo.
Da quel giorno Coda di Cavallo iniziò a sorridermi ogni giorno, prima del giro delle dieci, mano nella mano con Mister Nike. Ho pensato fosse merito di Goodbye, che alle feste non si ballava, ma che forse colpiva dritto al cuore. D'accordo, Goodbye non poteva sostituire Mister Nike che al di là di tutto era un bel tipo atletico e sufficientemente bastardo con le donne, che quindi gli si attaccavano al collo come le etichette sui prodotti del supermercato.
Da quel giorno tutte le mie compilation da Coda di Cavallo in poi si chiudevano con Goodbye, il congedo invisibile da Madman Across The Water, un diamante tra le perle, triste quanto basta, fredda e tagliente come un addio o un abbandono devono essere, gelida, invernale, di ghiaccio. Per dirla con un aggettivo di genere femminile, scritto in maiuscolo: PERFETTA.

Come andò con le cassette?
Le mie compilation ebbero esiti alterni, nei mesi a venire. Fino al primo "Bella canzone Goodbye. Però adesso baciami..." di una amica di Coda di Cavallo, conosciuta alla festa di Tizio, amico di Talaltro. Una che di musica se ne intendeva parecchio.
Ma non solo di musica...
 
 
 

Beppe Donadio
beppedonadio@tin.it


home
l'album
recensioni
Beppe Donadio homepage