RECENSIONI
DEI VISITATORI
BLUE MOVES
inviate la vostra
recensione di un disco
di Elton e sarà pubblicata in questa sezione.
non preoccupatevi, non
cerchiamo critici
professionisti, ma le impressioni, positive o negative, dei fans!
di Maria Cristina 2012
Blue Moves ovvero l'album che per molti dovrebbe rappresentare il viale
del tramonto di Elton; l'album overprodotto; l'album che dovrebbe
soffrire per l'assenza di hits memorabili ( Sorry Seems a parte);
l'album poco amato dai fans ed ancor meno dalla critica...ecco, per me
quest'album è fra i migliori di Elton.
Già dall'inizio si capisce
che non sarà una passeggiata frta melodie ed arrangiamenti di facile
presa, come se Elton volesse muoversi, appunto, verso qualcosa di
diverso, uscire dal seminato che ormai è diventato il suo marchio di
fabbrica (in questo senso già ROTW era stato rivelatore, ma qui le cose
si fanno più serie...)
L'uno/due iniziale è di quelli che
stendono al tappeto; la dolorosa ed orchestrata Tonight è una
composizione di rara intensità nella quale il piano di Elton si amalgama
alla perfezione con gli altri elementi, mentre l'originalissima One
Horse Town spezza il climax che la precedente aveva creato con una
progressione incalzante...fantastica!
E qui ci attende la prima
ballata in senso stretto, Chameleon...l'intro di piano ci promette ciò
che la canzone manterrà...una melodia ispirata, morbida e sognante... il
risveglio ce lo garantisce quel misto di rhythm and blues e gospel che è
Boogie Pilgrim, carica al punto giusto con degli splendidi fiati!
A
questo punto dell'ascolto del disco non posso non sottolineare quello
che è un aspetto fondamentale di Blue Moves: la voce di Elton!
Ormai
plasmata dall'esperienza e in suo pieno potere rappresenta il plusvalore
di questo album ; così , in punta dei piedi, Elton ci ha regalato, fino
a questo punto dell'ascolto, alcune delle sue più ispirate
interpretazioni (almeno fino al '76), cimentandosi nei vocalizzi di
Boogie Pilgrim o nel falsetto e nella delicatezza di Chameleon... ma
questi sono solo i primi assaggi di altri capolavori inerpretativi (e
non solo) come Idol, splendidamente jazzata o la stravagante ed
effervescente Crazy Water.
La voce di Elton vibrante, duttile, calda è
uno strumento raffinatissimo al servizio dei pezzi contenuti
nell'album, svetta sinuosa e suadente tra i magnifici intrecci di
chitarre dell'intramontabile Cage The Songbird o più scanzonata e
graffiante in Shoulder Holster.
Molti hanno anche sostenuto che
BM sarebbe stato perfetto se fosse stato un album singolo, ma io no! A
parte i brani già citati, per i quali non ho certo lesinato la mia
ammirazione, di quali mai mi potrei sbarazzare? Della malinconica
Between 17 and 20 alla quale Elton dona una melodia tutt'altro che
triste? O forse dell'onirica The Wide-Eyed And Laughing? Oppure dovrei
privare le mie orecchie del piacere di farsi cullare da Where's The
Shoorah? E meno che mai farei a meno di quel tripudio infernale dalla
incessante e martellante coda che va sotto il nome di Bite Your Lip (Get
Up And Dance!)
Potrei continuare nell'elenco fino a citarle
tutte, perchè le voglio proprio tutte le canzoni dentro questo doppio
album, compreso lo strumentale più assurdo (Theme From A Non-Existent TV
Series) e sapete perchè?? Perchè è fondamentale nel catapultarmi in
quella baldoria finale scatenata (col gran piano di Elton), magari la
facesse ancora a fine concerto come nel mitico tour 80!! Bite Your Lip (
Get Up And Dance!)!!!!!!
|
di Giorgia Turnone (2009)
"Blue Moves"
40 (+1) anni d’ispirazione -
1976: addio, bernie
Diciamolo
chiaramente: ripetere la stagione 74/75 e bissarne le vendite sarebbe
stato umanamente impossibile, anche per il duo che in poco più di 6
anni rivoluzionò la storia del rock,
Triste come una foglia
morta. L’ultimo album John/Taupin anni 70s è la fotografia del loro
autunno. Il successo non aveva fatto altro che mascherare le debolezze
di entrambi, posticipando un declino fisiologicamente normale, ma
psicologicamente davvero drastico. Troppo, per chi era abituato a
incassare il doppio dei soldi che spendeva.
L’album alterna
colpi geniali a pezzi poco memorabili, come a voler dire: “basta, non
ce la faccio più”. Elton John era ormai schiavo delle proprie
dipendenze, per anni aveva sfornato dischi come e meglio di una
fabbrica, anche per lui arrivò il momento di tirare il fiato. La
lucidità e la freschezza erano andate. L’atmosfera era cupa, un alone
di oscurità fece da culla al disco che stava nascendo. Nigel Olsson era
già stato rimpiazzato alla batteria da Roger Pope, e Kenny Passarelli
aveva preso il posto di Dee Murray al basso. Il solo Johnstone risultò
essere il superstite della vecchia band. Il lancio dell’album non potè
che sancire la fine di un ciclo.
E’ stata una semplice “B” a
complicare tutto. Il pianista compromise irrimediabilmente il bilancio
delle vendite quando rilasciò la famosa intervista in cui dichiarava la
propria bisessualità.
Anche Bernie Taupin, l’alter-ego di Elton,
non era esente da problemi: in piena crisi coniugale, iniziava a
condurre uno stile di vita non proprio salutare. Questo turbolento
stato d’animo, inevitabilmente, si rispecchiava nei testi. Tristi,
malinconici, rassegnati. Il paroliere non riusciva ad accettare la fine
del suo matrimonio, e da lì a poco sarebbe arrivata anche quella della
sua collaborazione con John. Forse ciò fu opera del destino, certo è
che sarebbe stato più probabile l’allineamento della Terra con Giove
che una separazione tra il Capitano Fantastico e il Cowboy Impolverato.
E invece, Blue Moves sancì la (presunta) fine della collaborazione..
Qualcosa di impensabile fino a pochi mesi prima, quando Captain
Fantastic & The Brown Dirt Cowboy sbancò le classifiche americane.
Senza
Taupin, dunque. Dopo una vita. Dopo album memorabili. La stima,
l’amicizia non vennero mai a mancare, ma Elton John voleva rifare il
pieno a quella macchina, la sua musica, che doveva ripartire, anzi
riprendere a camminare, per usare parole più appropriate al caso. Il
cambio di paroliere non sembrava così imminente, e nemmeno così
necessario, si è trattato di un puntello in corsa, un ennesimo rimedio
perché qualcosa davvero non andava, perché ormai anche lo zoccolo duro
dei fans si era accorto di cantare qualcosa che non c'è più.
E
così, inevitabilmente, il nome di Bernie si slegò da quello di Elton
per anni. Il paroliere, notoriamente la parte più debole, cadde nel
trauma del divorzio e della dipendenza. Il genio di Pinner si
auto-convinse che Gary Osborne, il nuovo compagno di scrittura, fosse
la persona giusta con cui ritornare grande. Ci riuscì, in parte.
D’altronde, un posto nella Storia del rock l’aveva. Ma per entrare
nella Leggenda ed essere il numero 1 indiscusso, occorreva quella
credibilità, quella sicurezza che solo un nome amato poteva dare,
quella solida base che Elton John aveva costruito solo e unicamente con
Taupin, quando i due erano solo ragazzini.
Un anno, il 1976, all’insegna della “B”.
B come bisessualità. B come Blue Moves.
B come “Bye bye, Bernie Taupin”.
|
di Stefano Orsenigo 2011
La bisessualità di Elton John era un segreto di Pulcinella ma nel '76
bastò metterla nero su bianco per scandalizzare molti fans americani e
far crollare le vendite: oggi forse provocherebbe l'effetto opposto ...
Dato che i media già privilegiavano il gossip al musicista, è bene andare a riascoltare Blue Moves,
il disco della discordia uscito a ridosso del fattaccio: è il primo
realizzato dal cantante per la sua Rocket Records, inciso in vari studi
inglesi e americani, pieno di collaborazioni eccellenti, dalla
produzione ricca e variegata. E’ un doppio LP ma è inutile tentare un
paragone con la solida classicità di Goodbye Yellow Brick Road:
qui sembra mancare un baricentro, tra ritornelli lunghi e dilatati,
brani strumentali, orchestrazioni, fiati, cori imponenti e su tutto
domina un forte senso di tristezza, spezzato talvolta da euforici scoppi
di energia; se Elton non se la passava bene, Bernie viveva i suoi
dolori sentimentali e riversava l’amarezza nei testi, dai titoli
eloquenti.
Il capolavoro è la sinfonica Tonight, che richiama (e supera) le cose migliori dell’album Elton John; le altre ballate tristi, in ordine di gradimento, sono: Chameleon e Someone’s final song con i cori dei Beach Boys, il primo singolo Sorry seems to be the hardest word e il lamento gospel Where’s the Shoorah?, che invece non si avvicina ai livelli di una Border song. Diverse, ma molto belle, Cage the songbird dedicata a Edith Piaf e la lenta, ipnotica The wide eyed laughing:
senza piano, con chitarra acustica e un Elton che si mimetizza nei cori
di Crosby & Nash come se fossimo in un disco dei CSN.
E poi Idol,
la mia preferita (e nella mia top 10): con quel piano, quel sax e
quegli accordi sofferti sembra uscita da un fumoso locale jazz: visto
che il suo autore non la esegue live da anni, la vedrei bene cantata dal
vocione di un Tom Waits e invece talvolta finisce nelle scalette
di … George Michael!
La stessa rinomata sezione fiati (David Sanborn,
Randy e Walter Brecker) rafforza due brani comunque già godibili, uno
più ruvido (Boogie pilgrim) e l’altro più patinato (Shoulder holster); senza fiati, ma sempre jazzata, è invece la strumentale Out of the blue che sembra improvvisata ma con stile. Altri due brevi jingle strumentali poteva benissimo cestinarli, così come Between 17 and 20 che per quanto mi sforzi di ascoltarla continua a sembrarmi una canzone monotona, lamentosa, né carne né pesce.
Crazy water flirta moderatamente con arrangiamenti disco-funky sulla scia redditizia di Don‘t go breaking my heart ma il gioiellino If there’s a God in heaven (what’s he waiting for?) lo fa meglio e offre gli archi più sfavillanti di tutto il repertorio.
Quanto agli scoppi di energia, Elton raggiunge l’apice del barocchismo con One Horse Town (grandioso il lungo intro strumentale: nel lontano sottofondo di synth irrompono le chitarre e quindi l’orchestra) e con Bite your lip (get up and dance!):
questa dopo un inizio rock sfocia in un delirio di cori gospel, archi
ed evoluzioni pianistiche, che chiudono l’album e l’età d’oro di una
creatività che non raggiungerà più questi livelli.
Troppo disomogeneo
ed eccessivo per piacere alla critica, che non lo considera mai tra i
migliori di Elton, per il mio gusto questo capolavoro mancato (lo
sarebbe togliendo quei quattro brani di troppo) è forse il suo album più
affascinante.
Voto 7,5
|
di Angelo 2011
Questo doppio album, datato 1976, è senza dubbio uno dei miei preferiti
tra quelli di Elton John; ho imparato ad amarlo con il tempo, i primi
anni non riuscivo a capirlo e ad apprezzarlo in pieno: molte canzoni mi
sembravano eccessive nei suoni, ripetitive; col passare del tempo
invece, ho interpretato questo album come un’opera espressionista,
irregolare, dalle tinte forti nonostante i suoni apertamente pacati,
sicuramente un’opera che ti lascia un messaggio, introspettivo.
Sicuramente l’Elton che preferisco.
Notevoli i pezzi strumentali, non
so, è come se in quest’album ci sia più l’Elton musicista, e la cosa mi
piace davvero moltissimo. Adoro l’idea di trovarmi davanti ad una vera
opera, dove i brani strumentali sono più presenti, e adoro anche il
fatto che molti pezzi siano impostati su lunghe introduzioni prettamente
stumentali.
Ecco i miei voti per le singole canzoni:
01. YOUR STATER FOR…. – voto 7 – ottima introduzione, un bel crescendo musicale che aiuta a presentarci tutta l’opera.
02.
TONIGHT – voto 10 e lode – oltre il voto cosa posso aggiungere? Il mio
brano “eltoniano” preferito, da sempre! La musica e il testo si dividono
la scena da protagonista: nella prima parte il solo pianoforte di Elton
accompagnato dall’orchestra non possono che lasciar a bocca aperta;
nella seconda parte, il testo e una struggente interpretazione la fanno
da padrona, fino alle note finali quando la musica, come in un cerchio,
torna a chiudere il tutto con un’intensità che ne segna la dolcezza e
l’amarezza contemporaneamente. Capolavoro.
03. ONE HORSE TOWN – voto 8
– un intro musicale perfetto per uno dei pezzi rock migliori di Elton!
Deboluccio il testo, ma il pezzo resta memorabile!
04. CHAMELEON –
voto 7- - pezzo gradevole, sofisticato il testo, ma il finale in
falsetto è qualcosa di irritante; come per molti altri pezzi, Elton
aveva un limite: non sapeva quando farla finita; un minuto in meno molte
volte era più che sufficiente, e questa canzone non fa eccezione.
05. BOOGIE PILGRIM – voto 5+ - il pezzo peggiore dell’album; ripetitivo fino alla nausea; bocciato sotto tutti i punti di vista.
06.
CAGE THE SONGBIRD – voto 7+ - testo delicatissimo sicuramente migliore
della musica, che cmq resta su buoni livelli; vorrei tanto riascoltarla
dal vivo con la voce di oggi, sarei molto curioso.
07. CRAZY WATER –
voto 7 – bel ritmo, il pianoforte mi piace moltissimo e il pezzo ti
prende inevitabilmente; testo affascinante.
08. SHOULDER HOLSTER – voto 7 – bel pezzo jazz, avventuroso il testo, si ascolta molto volentieri.
09.
SORRY SEEMS TO BE THE HARDEST WORD – voto 10- - altro grande pezzo;
sono legatissimo a questa canzone, la musica è dolcissima, anche se la
tristezza del testo forse è davvero eccessiva! Cmq capolavoro assoluto.
10. OUT OF THE BLUE – voto 6,5 – affascinante strumentale, sempre gradevole.
11.
BETWEEN 17 & 20 – voto 7 – molto bello il testo, malinconico e
nostalgico, può risultare un pezzo sdolcinato e banale, ma a me piace
molto.
12. THE WIDE-EYED AND LAUGHING – voto 6+ - è un pezzo strano
questo, direi enigmatico, a volte mi disturba ascoltarlo, altre volte mi
strega. La voce di Elton è molto particolare, così come gli
arrangiamenti.
13. SOMEONE’S FINAL SONG – voto 7,5 – bellissimo il testo, di una capacità espressiva notevole; dolcissima la musica.
14.
IF THERE’S A GOD IN HEAVEN – voto 7+ - anche qui il testo supera
sicuramente la musica, forse un po’ banale; cmq un pezzo molto gradevole
da ascoltare e su cui riflettere.
15. WHERE’S THE SHOORAH? – voto 6 –
sufficienza appena per questo pezzo; testo molto debole e musica al
limite del coma diabetico. Un riempitivo che poteva essere relegato a
b-side di qualche singolo.
16. IDOL – voto 8 – altro grandissimo
pezzo; il testo e la musica sono bellissimi, ma è l’interpretazione di
Elton che ruba la scena, insieme al pianoforte e al sax che creano
un’atmosfera jazz di altri tempi. Bellissima.
17. THEME FROM A
NON-EXISTENT TV SERIES – voto 8 – bellissimo strumentale, un crescendo
di suoni che ti martella e ti prepara per il gran finale.
18. BITE
YOUR LIP – voto 7 – bel pezzo, i virtuosismi di pianoforte sono
straordinari nel finale, ma la canzone, che poteva essere un capolavoro,
si perde nel minutaggio eccessivo; anche qui, un buon minuto e mezzo in
meno non avrebbe guastato, ma non so perché ad Elton non glielo hanno
mai detto.
Insomma, a parte due canzoni davvero deboli come
“Boogie pilgrim” e “Where’s the Shoorah?” che non meriterebbero nemmeno
di essere pubblicati su un qualsiasi album, questo “Blue Moves” si
presenta come un grande prodotto; all’epoca non fece il botto,
specialmente negli USA, ma i motivi furono altri, la poca intelligenza
di Elton nel rilasciare una “certa intervista” a ridosso della
pubblicazione dell’album, dimostra la sua totale incapacità di gestirsi
da solo, ora come allora. Grande album cmq, un’opera da ascoltare tutta
d’un fiato.
VOTO FINALE: 8,5
|
di The Bridge 2012
Blue Moves è un prodotto strano, disomogeneo; ma anche tremendamente
affascinante. Sprizza disperazione, noia, anche indulgenza. Perfino, a
tratti, arida accademia. Ma è pieno di genialità, sotto tutti i punti
di vista. Elton non avrebbe mai più realizzato un simile miscuglio di
stili con così tanto stile; in seguito solo con The Fox vi si sarebbe
parzialmente avvicinato (A single man è troppo di maniera e 21 at 33 è
semplicemente privo di mordente e personalità). Poi sarebbero arrivati
gli album "alla moda", con esiti a volte ottimi (Too Low for zero), a
volte buoni (Breaking hearts, Reg strikes back, Sleeping with the
past), a volte appena discreti (Jump Up); gli esiti mediocri sono
quelli soliti... Tornando a Blue Moves: un album dalla grande
personalità, pur intriso com'è da tante correnti musicali diverse,
tanti ammiccamenti. Un Elton John inquieto, spaesato, privo di
orientamento: è da sempre nella mia Top 5 eltoniana.
|
|
|