RECENSIONI DEI VISITATORI
Caribou
inviate la vostra recensione di un disco
di Elton e sarà pubblicata in questa sezione.
non preoccupatevi, non cerchiamo critici
professionisti, ma le impressioni, positive o negative, dei fans!
di Stefano Orsenigo (2011)
Se nella discografia di Elton John non mancano episodi da riscoprire e/o rivalutare, Caribou
è un raro caso (l'unico?) di album sopravvalutato. Gran successo di
pubblico negli anni in cui Elton era un Re Mida, guadagnò pure una
nomina ai Grammy e se si considera che nessuno dei cinque dischi
precedenti ebbe tale onore si intuisce che molti di questi premi vanno
presi con le molle.
Al disco manca quel tocco magico che in Goodbye Yellow Brick Road
unificava tanti stili diversi e il risultato, piuttosto altalenante, va
apprezzato non nel suo insieme ma nelle singole canzoni. Alcune
peraltro ottime, come quel travolgente glam-rock che è l'introduttiva The bitch is back, cui fa da contraltare la dolce (ma non sdolcinata) ballad acustica Pinky; persoanlmente poi ho un debole per due brani allegri e scattanti come l'elettrica Grimsby e il country sudista Dixie Lily, una delle poche concessioni ai gusti del pubblico USA (l'altra è la partecipazione dei Beach Boys ai cori in Don't let the sun go down on me) nel primo di tre album "americani" registrati ai Caribou Studios in Colorado.
Altri brani non vanno al di là del riempitivo, per quanto bizzarri come Solar prestige a gammon col suo testo demenziale e la voce impostata, You're so static chiassosa e quasi ska (un genere che mi garba poco) o l'allucinata I've seen the saucers; anche il rock-blues Stinker sembra solo una discreta imitazione dei Rolling Stones, soprattutto nel tono di voce un po' alla Jagger.
Il
suono è decisamente più rock ed energico, col pianoforte spesso messo
in ombra dai fiati corposi (se ne occupano i Tower of Power) e dalla
band, dove fanno capolino le svariate percussioni del buon Ray Cooper.
In questo contesto c'entra poco un brano come Ticking, amara
ballata per piano e voce il cui testo gronda disagio sociale e
psicologico; il suo andamento aspro e nervoso la rende comunque
straordinaria, e assieme alla hit Don't let the sun go down on me
(che malgrado sia inflazionata dalle troppe esecuzioni live, nella
versione in studio conserva ancora la sua teatrale, grandiosa efficacia)
risolleva la media di un disco che, arrivando dopo una sfilza di
capolavori, rappresenta un inevitabile calo fisiologico.
Voto 7-
PS la versione remastered del 1995 è imperdibile grazie alle
bonus tracks: due B-sides che avrebbero meritato l'LP ai tempi (Sick city e Cold highway), un delizioso singolo natalizio agli antipodi della melassa (Step into Christmas) e la mitica versione eltoniana di Pinball Wizard eseguita dall'alto di due metri di stivali da Re del flipper nel film Tommy, la rock-opera dei Who
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di Angelo (gennaio 2012)
Continuando il mio personale studio attraverso la carriera di Elton John
mi imbatto in questo disco del 1974, "Caribou", da molti considerato un
album minore di quel periodo chiamato "Golden Age" che va dal 1970 al
1978: indubbiamente accostando l'ascolto di questo album con il
precedente e il successivo è inevitabile pensare ad una caduta del
nostro pianista di Pinner; sia "Goodbye yellow brick road" che "Captain
Fantastic and the Brown Dirt Cowboy" hanno uno spessore maggiore sotto
tutti i punti di vista.
Eppure se per un attimo togliamo l'album
"Caribou" dal suo naturale contesto e lo ascoltiamo semplicemente per
quello che è, non possiamo notare che ci troviamo di fronte ad un
esempio di grande musica. Un album davvero ben confezionato, mi piace il
modo in cui sono state disposte le canzoni, quasi in modo simmetrico,
con una cornice di "pezzi-capolavori" a circondare gli altri pezzi non
necessariamente deboli, anzi alcuni dotati di grande ispirazione.
Vado a stilare una pagella per ognuno dei brani dell'album, così da rendere più completo il mio giudizio:
THE
BITCH IS BACK - voto 7 - primo "pezzo capolavoro" di questo album,
grande rock'n'roll, divertente il testo e grande cavallo di battaglia
nei live!
PINKY - voto 6,5 - è forse uno dei pezzi meno ispirati
secondo me, anche se posta a questo punto dell'album può forse risultare
più leggera; il testo è il vero punto di forza di questo pezzo.
GRIMSBY
- voto 7- - non è un 7 pieno perchè la melodia mi sembra un po'
scontata, ma cmq un pezzo molto gradevole, con molta carica; carino il
testo, l'amore verso una città, un posto caro a noi stessi, mi piace
molto come viene articolato e descritto questo vero e proprio sentimento
nostalgico.
DIXIE LILY - voto 7- - pezzo country, mi rimanda
alla mente il Mississippi, la Louisiana, i luoghi del sud americano, con
le sue paludi e i suoi colori; molto carino il ritmo, anche se forse un
po' semplice.
SOLAR PRESTIGE A GAMMON - voto 4,5 - il pezzo
peggiore dell'album; se da un lato la melodia può risultare gradevole,
la mancanza di un testo mi irrita molto, proprio una scelta
disprezzabile. Ammazza di molto la media di questo album.
YOU'RE
SO STATIC - voto 7- - grande pezzo rock, la musica è davvero
travolgente, e a questo punto dell'album è davvero perfetto; il testo lo
trovo un po' scontato e ne abbassa di sicuro il prestigio. Musicalmente
parlando è tuttavia il pezzo più valido dopo i "pezzi capolavori" di
questo album.
I'VE SEEN THE SAUCERS - voto 7 - al contrario della
precedente qui è invece il testo che colpisce moltissimo: gli UFO!
davvero un bel tema, molto particolare e sicuramente insolito, che da
quel qualcosa in più rispetto agli altri pezzi dell'album. La canzone
nel complesso risulta molto piacevole e spezza un po' la lunga parte
rock posta al centro dell'album.
STINKER - voto 6- - altra caduta
dell'album, peccato; il testo è davvero brutto e la musica non è capace
di risollevare il tutto.
DON'T LET THE SUN GO DOWN ON ME - voto
9+ - altro "pezzo capolavoro" di questo album: bellissima la musica,
testo toccante; il crescendo finale non può lasciare indifferenti.
TICKING
- voto 9+ - ultimo brano e ultimo "pezzo capolavoro", davvero
bellissimo: il pianoforte è il vero protagonista di questo vero e
proprio racconto di cronaca nera. Bellissimo il testo, trasuda violenza e
psicologia in maniera perfetta.
Insomma, seppur con qualche
caduta, devo dire che sono rimasto piacevolmente colpito da questo
album; i 3 capolavori in esso contenuto non possono lasciare
indifferenti e ne alzano notevolmente il livello. Sicuramente un Elton
ispirato e un Bernie capace di scrivere testi davvero molto emozionanti.
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di Max Pollavini 2012
Il contratto discografico record sottoscritto da Elton John nel giugno
1974 gli garantisce il soprannome di “The $8 Million Man” ma
contemporaneamente lo investe di una insostenibile pressione durante le
fasi di realizzazione del successivo lavoro. D’altronde dopo il successo
travolgente di Goodbye Yellow Brick Road, le aspettative di
pubblico e critica sono massime. Sarà la pressione, l’ansia, la fretta
imposta dal contratto, o semplicemente il fatto che quando si è al top a
un certo punto non si può che iniziare la discesa, sta di fatto che
purtroppo Caribou si rivela in fine piuttosto deludente.
L’idea
è probabilmente quella di realizzare un disco di impatto, privo di
eccessivi orpelli e ridondanti orchestrazioni, un po’ nella scia di Honky Chateau.
Già il primo brano è però un’avvisaglia che quella immediatezza non si
riesce a raggiungere, come se mancasse qualcosa, un ultimo colpo
vincente capace di giungere diretto all’ascoltatore: The Bitch is Back, melodia travolgente e futuro cavallo di battaglia live, sapientemente ornata dei fiati della Tower of Power Horn Section, trasmette un certo qual senso di confusione sonora (se paragonata a una Honky Cat, per esempio) e un sottile filo di mancanza di incisività. Gli altri due uptempo, Grimsby e You’re So Static
radicalizzano tale incompiutezza, unendo a eguale confusionario suono
(col pianoforte spesso nascosto nell’indeterminato mix) una evidente
inconsistenza compositiva. Stinker è un blues assai poco attraente in cui si appalesano anche i limiti di Elton quale cantante soul, mentre Solar Prestige A Gammon è un non-sense piuttosto insignificante e fuori contesto. Gioiellino country immerso in atmsofere New Orleans è invece Dixie Lily, dove finalmente tutti gli strumenti paiono suonare all'unisono, perfettamente calibrati.
Tra le ballate il meglio si raggiunge nelle bellissima e melanconiche strofe di Don’t Let The Sun Go Down On Me, mega hit senza tempo che però un po’ si incarta nel ritornello, dove la maestosità travalica a tratti in pomposità. I’ve Seen The Saucers risulta invece piuttosto insipida, mentre rimarchevole è la fusione di delicatezza, eleganza e armonia in Pinky: un peccato questa risulti offesa dall’abuso del sintetizzatore (che se in una Rocket Man è imprescindibile veicolo di atmosfere sognanti, qui si trasforma quasi in suono molesto).
L’album si chiude con Ticking,
acquarello di epica drammaticità, racconto di quella parte di America
in cui la brutale e insensata violenza giovanile sfugge ad ogni
coscienza morale e controllo sociale. Pianoforte e voce risuonano
finalmente liberi e potenti, accompagnati solo da sporadici turbini
psichedelici di sintetizzatore (qui tutto sommato ben centrato) in un
continuo susseguirsi di rabbiosi sussulti in crescendo alternati a
sprazzi di pacata riflessione. Diamante scheggiato da qualche
imperfezione produttiva, il brano, da solo, vale un album.
Voto: 71/100
“Song by song”:
The Bitch Is Back 7,3
Pinky 7,5
Grimsby 6,3
Dixie Lily 8,2
Solar Prestige A Gammon 5,8
Yoy're So Static 6,1
I've Seen The Saucers 6,3
Stinker 6,0
Don't Let The Sun Go Down On Me 7,4
Ticking 9,7
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di The Bridge 2012
Recensire Caribou contemporaneamente a 21 at 33... ecco quello che sto
provando a fare. E' incredibile come l'ascolto contemporaneo di due
prodotti tutto sommato non così distanti cronologicamente dia risultati
così antitetici. Eppure Caribou è uno degli album eltoniani meno
incisivi degli anni '70, quello più volte criticato. Ma paragonato
all'insipido album del 1980, questo prodotto datato 1974 è un vero
capolavoro. Non gli manca niente, né il singolo tormentone (Don't let
the sun...), né il pezzo impegnato (Ticking), né qualche audace
sperimentazione. Tutto funziona, anche se il meccanismo perfetto del
precedente GYBR (il capolavoro di Elton, nel suo genere) non viene
eguagliato. Ma questo Caribou è il primo disco "americano" di Elton,
quindi una cesura, seppur piccola, doveva pur esserci col più blasonato
(e riuscito) lavoro precedente. Elton è al massimo della tensione
psico-fisica, della fatica, quasi al limite dell'esaurimento: eppure
realizza un album controverso ma notevole. Il fatto che subito dopo
avrebbe realizzato un prodotto superiore (Captain Fantastic) non deve
inficiarne il giudizio... un ottimo lavoro.
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