Sir Elton John
di Simone Porrovecchio
L'infanzia da
povero. Il mito di John Lennon. Le mille trasgressioni. La svolta e
l'impegno. L'ottimismo. Alla vigilia del tour italiano, il divo del rock
racconta i suoi segreti
C'è una pagina molto speciale nel
diario segreto di un adolescente londinese di nome Reginald Kenneth
Dwight. Alla data del 28 maggio 1967, un mercoledì, quel giovanotto non
ancora ventenne dal volto pulito e romantico, un filo di barba e i
capelli biondo cenere, scrive: "Finalmente ho un contratto con Holiday
Inn qui a Pinner! (sobborgo allora proletario, ndr). Venti sterline a
sera, suonerò nelle hall, pianoforte incluso. Per festeggiare mi sono
regalato due pesci rossi: John e Yoko. Oggi il primo ministro ha fatto
pubblicamente gli auguri a John (Lennon)". Esattamente sei mesi dopo il
timidissimo Reginald Dwight mette insieme una band, The Bluesology, che
fa una musica mai sentita prima impastata di blus e virtuosismi barocchi
al piano e cambia nome in Elton Hercules John. Il primo ministro
britannico, nel 1967, era il laburista Lord Wilson of Rievaulx.
Quarant'anni dopo quel nome è sconosciuto ai più, Reginald alias Elton,
invece, è ancora qui tra noi, sempre col suo piano, a ipnotizzare il
mondo.
Lui stesso è sinceramente stupito della sua longevità. "Sono
stato tossicodipendente, alcolista e bulimico per sedici anni. E tutto
per annientare paure e sofferenze che risalivano all'infanzia", dice in
una conversazione con "L'espresso". Segue l'ammissione delle proprie
debolezze e il coraggio di ammettere la fragilità: "Così sono rinato a
cinquant'anni". Infatti, oggi senza più piume e paillettes c'è solo
Elton John e la sua musica. "Che mi accompagnerà finché vivrò. È lei la
mia unica, l'unica e l'irrinunciabile droga", dice. È un Elton John più
ispirato e indomabile di sempre, quello che si prepara ad accendere le
notti italiane di settembre in una serie di concerti raddoppiati e già
esauriti, all'Auditorium di Roma, al Teatro degli Arcimboldi di Milano e
poi a Catanzaro e Taormina. Ma a sessantatré anni (è nato il 25 marzo
1947), di cui 40 passati a fare musica, Sir Elton (nel 1998 è stato
nominato baronetto di sua Maestà Elisabetta II) non ha tempo per
nostalgie o sentimentalismi. "Il mio sguardo è rivolto a ciò che deve
succedere e non a ciò che è già stato. Ogni istante progetto il mio
futuro, penso alle nuove canzoni e a come sarò da settantenne,
ottantenne".
È una "filosofia del fare, dell'agire, dell'ottimismo,
nonostante tutto", che lo ha guidato tutta la vita, confida. E con
successo. Chi cerca di riassumere la sua biografia in numeri resta
sbalordito: 50 album realizzati dal 1969, il numero più alto di tutti i
campioni delle classifiche americane della storia del rock; 350 milioni
di dischi venduti (è la stima più recente); oltre 700 brani scritti e
pubblicati; un'attività concertistica tra le più intense della musica
moderna con oltre 3.600 esibizioni dal vivo ufficiali (Elton John è
l'unico artista a essersi esibito in tutti i 50 Stati degli Usa). E
ancora: sono cinque i musical con la sua firma in giro per il mondo
("Aida", "Il re Leone", "Lestat", "Billy Elliot" e ora il nuovo "Next
Fall" ); ha vinto un Oscar ("Il re Leone") e un Golden Globe
("Eldorado") per le colonne sonore. Inoltre Elton John gestisce una
Fondazione, la Elton John Aids Foundation, che ha battuto molti record
di raccolta fondi di un ente privato in America ed è seconda solo a
quella di Bill Gates e consorte con 300 milioni di dollari investiti in
progetti di ricerca su Hiv-Aids dal 1993 a oggi. E poi i riconoscimenti
ufficiali: quello di Ufficiale dell'Ordine delle Arti e delle Lettere in
Francia (1993), di Cavaliere Comandante dell'Eccellentissimo Ordine
dell'Impero Britannico in patria (1996), e appunto il titolo di
baronetto "per i servigi resi alla musica , alla beneficenza e alla
cultura inglese". Insieme al paroliere di sempre Bernie Taupin, i due
sono la coppia più prolifica nella storia della musica.
Quando sente
snocciolare tutto questo elenco, reagisce ironico: "Non si dimentichi
che il principe Carlo in persona, mi ha detto che io faccio ormai parte
del Dna di ogni inglese". Poi si fa serio: "Non so come prenderla. Oggi
non sono più il successo o le copertine a interessarmi. Ma solo la
musica, la vera musica che farò finché vivrò. E il mio compagno". Il
compagno è David Furnish, cui è legato da 15 anni e con cui da cinque è
sposato. Ma a guardar bene, l'erede al trono britannico non ha esagerato
nei suoi complimenti. Secondo un sondaggio condotto il mese scorso
dalla Bbc, sono due le persone che gli inglesi in tutto il mondo
collegano all'idea di "home", casa: la regina Elisabetta e Elton John.
Qualcuno ha detto che "per un inglese un pezzo di Elton alla radio ha il
profumo dell'Earl Grey alle cinque del pomeriggio".
Il suo segreto?
Quando suona su un palco, non è soltanto il suo repertorio che si
disvela, ma la vita. Elton, nato nella proletaria Pinner, era un
brillantissimo studente alla Royal Academy of Music. E quella per la
musica, si sa, era la passione che ha definito l'intera generazione dei
baby boomers, cui appartiene. "Ma nel mio caso c'era di più", riflette,
"c'era il mio profondo bisogno di rifugiarmi nella musica". Una musica
specialissima, a metà tra Liszt e Jerry Lee Lewis, che ha offerto una
dimensione protetta, oltre che all'autore, a due generazioni di
adolescenti altrimenti inquieti a cavallo tra i Sessanta e i Settanta.
La musica di Elton John degli anni d'oro, ma anche dopo, da quando si è
rimesso a creare cose belle e intelligenti negli anni '90, era ed è una
chiave di accesso a un universo parallelo. Basti pensare a "Yellow Brick
Road" popolato di creature immaginarie, villaggi western, dive di
Hollywood e amori dolcissimi, reinventato a getto continuo nei dieci
storici album pubblicati tra il 1969 e il 1976. Tutti, almeno una volta
nella vita, sono fuggiti nella "Wonderland" di Elton; che fosse il cedro
di una notte d'estate nel giardino di "Your Song", o a far l'amore
sulla spiaggia nel tramonto insieme alla ballerina (o ballerino) di
"Tiny Dancer". "Però, bisogna stare attenti", interrompe il sogno Elton:
"La fuga dalla realtà di un artista può portare molto più lontano di
quanto si vorrebbe, verso lidi pericolosi, verso un'evasione senza
ritorno". E infatti, istintivo e veloce, esibizionista e introverso,
goffo e datato, kitsch e elegante, tra paperino e Oliver Hardy, Elton
John è stato di tutto. "Ma ho imparato la lunga strada del ritorno, al
mio essere artista e musicista. Non mi sono mai perso", spiega.
Comunque
per trent'anni ha fatto acquisti folli, da macchine di lusso ad attici
di dimensioni imperiali dove non ha mai dormito. Precisa: "Comunque
potrei rinunciare a tutto, tranne che a un quadro di Bacon; quel volto
deformato, allegoria del male di vivere, è il mio volto di vent'anni fa.
Ho bisogno di quell dipinto per ricordare". Forse non è solo la memoria
ad averlo portato ad acquistare opere d'arte, tanto che la sua raccolta
di fotografie si dice sia tra le più belle al mondo. "Per ora le tengo
nelle mie cinque residenze sparse tra due continenti da Atlanta a
Venezia. Ma un giorno ci sarà una Elton John Collection da qualche parte
che riunirà le foto e la collezione complementare di arte contemporanea
che io e David stiamo acquistando o commissionando", rivela.
E poi
torna a insistere quanto adesso sia l'impegno, non l'evasione, a
dominare la sua vita. La battaglia contro l'Aids di lunga data, condotta
insieme a Bill Clinton e quella per un'accettazione dell'omosessualità
che lo ha portato negli angoli più remoti d'America in concerti
improvvisati nelle squallide stazioni di servizio di fronte ad avventori
indifferenti (per esempio a Laramy, nel Wyoming, dove un gay fu trovato
ammazzato), o a scontrarsi con l'ex presidente George W. Bush, alla
Casa Bianca, in occasione del ricevimento del Kennedy Center Award, nel
2005. Di recente si è esibito su un palco di Rabat, in Marocco: "In 40
mila conoscevano i testi delle mie canzoni. Avrei potuto essere a Londra
come a Los Angeles". Potenza della musica, che sfida i pregiudizi del
mondo islamico (un suo tour è stato proibito al Cairo)? "È stato il re
in persona che ha voluto quel concerto e sono fiero di averlo fatto".
Il
segno di un cambiamento in atto? Forse. Un paio d'anni fa John si era
esibito negli Emirati Arabi davanti a 13 mila persone. Anche se lui
ricorda l'attualità delle parole che ha pronunciato a febbraio: "In
Medio Oriente, l'unico modo per farsi accettare socialmente se sei una
donna e sei omosessuale è morire".
Poi c'è l'Elton mentore
infaticabile nell'aiutare i giovani compositori. Solo negli ultimi anni
sono usciti grazie a lui artisti esplosivi come gli Scissor Sisters, The
Killers, Rufus Wainwright, Ryan Adams. E infatti sarà ancora una volta
la sua musica a lasciare il segno nel 2010.
Infatti, dopo aver
riempito l'agenda di esibizioni dal vivo da qui a fine anno,
l'infaticabile Elton è pronto per il grande ritorno a Broadway. E
discografico (vedi box). Intanto "Next Fall", il nuovo bellissimo e
naturalmente romantico musical prodotto insieme a David Furnish, scritto
da Geoffrey Nauffts, da pochi giorni in programmazione all'Helen Hayes
Theatre di Broadwy, già nominato a due Tony Award (script e regia),
l'Oscar di quel genere musicale, e premiato per essere Best New American
Play on Broadway dall'American Theatre Academy. Per Elton "l'affresco
più emozionante dell'America contemporanea". E critica e botteghini
dicono la stessa cosa.
Ecco il nuovo album top
secret
E finalmente un album nuovo di zecca, il primo lavoro
di studio dopo il celebrativo "The Capitain and The Kid" del 2006, di
cui "L'espresso" ha potuto ascoltare alcuni frammenti. "Ma non
aspettatevi niente che assomigli alla produzione Elton-Taupin classica",
avverte il paroliere Bernie Taupin. Elton e il leggendario cantautore
pianista e monumento vivente al blues e country americano Leon Russell,
stanno limando i 15 brani del disco. Titolo ancora top secret ma, fa
sapere Taupin, "non sarà un'autocelebrazione, semplicemente una
dichiarazione d'amore alla musica delle nostre vite, quella delle nostre
origini".
E insieme alla coppia Elton-Russell in studio anche
l'altro mito del country americano Neil Young e poi Marc Ribot e il
batterista leggenda Jim Keltner. Taupin lascia intendere che non si
tratta di un lavoro organico, ma di un album dove i paesaggi del country
si traducono in autentici acquarelli; una coperta patchwork colorata e
calda, inzuppata delle atmosfere che hanno fatto grande il blues e il
country americano. "Leon Russell è il mio eroe musicale. Devo
all'ispirazione che mi ha dato, alcuni brani gioiello della nostra
carriera come "Honky Cat", "Take Me to the Pilot", "Border Song",
l'intero album "Captain Fantastic and the brown dirty Cowboy"", dichiara
il musicista. "You're never too old to love somebody", il brano di
punta, una ballata trascinante e potente sull'amore delle persone
anziane, è il momento più emozionante. Una struggente riflessione
autobiografica sulle note del piano più celebre del rock? "Il momento
più bello nella mia vita è trovare la lettera di David ogni sabato
mattina
insieme alla colazione, qualunque sia la latitudine che ci separa".
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