Elton
John solo piano
Genova
8 giugno 2004
Spazio
Espositivo della Fiera
da LA REPUBBLICA GENOVA
Cartier e Mercedes, pazzie da Elton
di Lucia Marchio
GENOVA - Un puntino. Proprio
come Venere, che l´altro giorno, dopo secoli, tornava a «baciare»
il Sole. Si, Elton John sembrava davvero un puntino, martedi sera, su quel
mastodontico palco a ridosso del mare, in Fiera. Ma brillava di luce propria.
Una stella - non un pianeta, va da sé - che si è illuminata
di immenso per ben due ore e mezza, con la complicità di un roseo
tramonto e l´abbraccio caloroso degli astanti, quasi seimila, «baciati»
a loro volta da una toccante esibizione per sola voce e pianoforte, supportata
in qualche occasione (come in «Nikita») da una leggera base
sinfonica e spesso (con «Philadelphia Freedom» tra tutte) da
una batteria «umana», quella dettata dai battiti di mano scanditi
a tempo dal pubblico.
Ma è stata soprattutto
la melodia struggente ed evocativa delle sue celebri canzoni a farla da
padrona e a stanare, nel recondito animo dei presenti, tutta l´emozione
possibile. Un happening da innamorati, quello del Baronetto, e non solo.
Perché se è vero che con brani anthem quali Blue Eyes, Sacrifice,
Sorry seems to be the hardest word e la celeberrima Candle in the wind
(accolta con la consueta accensione degli accendini) la lacrimuccia era
inevitabile quanto la rimembranza di un amore in corso o che fu, è
innegabile che il bardo di Pinner abbia altresì proposto negli anni
testi dalle scottanti tematiche.
E´ il caso di «Ticking»,
che narra dello sconsiderato utilizzo delle armi negli Usa: - »L´ho
scritta nel '73, dice lui ai presenti, e mi rendo conto che oggi è
anche peggio.» Parla poco ma sorride e ringrazia molto, Elton John.
La gente ricambia con diverse standing ovation, una scena che fa effetto,
se combaciata a una performance perfettina e senza sbavature, la cui energia
derivava esclusivamente da un artista che malgrado i quasi sessant´anni
ha retto la scena senza interruzioni (e da solo) per oltre due ore. Insomma,
qualcuno s´è detto deluso e un po´ annoiato (e in un
paio di occasioni sonore ha ipotizzato addirittura un dubbioso playback),
ma a torto. La caratura e la padronanza del mestiere di Sir Elton s´è
vista e udita in tutta la sua grandezza, ed ha fatto la differenza. Come
la professionalità: inizio alle 21 spaccate con «Your song»,
suo cavallo di battaglia.
Elton si presenta sul palco
con una sorta di redingote-frac nera a inserti rossi, camicia color rubino,
occhiali rettangolari in tinta, vistosa catena-ciondolo al petto, l´immancabile
orecchino diamantato «a bottone» sul lobo destro, scarpe bianche.
Più biondo che mai e leggermente appesantito, attacca a suonare
e infila in scaletta un successo dietro l´altro (oltre ai già
citati, pure Rocket man, Daniel, I´m still standing, Border song,
Carla/Etude, Crocodile Rock e vari altri), e l´entusiasmo del pubblico
va di pari passo sino a spingerlo, quasi a fine concerto, ad alzarsi dalle
sedie per raggiungere il palco costringendo chi voleva restare seduto ad
alzarsi suo malgrado, pena la mancata visione dello sprint finale. Per
l´unico bis, Elton John torna sul palco in tuta da ginnastica azzurra-blu
(l´eleganza sonora del soggetto è inopinabile, quella dei
suoi abiti un po´ meno, ahìnoi) ringrazia «Genova, superb»,
giocando sulla nomea del capoluogo ligure e sull´accoglienza ricevuta,
intona «Don´t let the sun», e via, se ne va via subito,
scortato faraonicamente verso l´aeroporto, destinazione Reggio Calabria.
Pettegolezzi da cronaca
rosa, ben pochi. Arrivato nel tardo pomeriggio, blindatissimo, l´artista
ha demandato alla sua «sarta-manager» Philip (?) l´incombenza
di rendere più gradevole il camerino, facendolo andare di persona
ad ordinare piante alte esattamente due metri, addobbi floreali (ma non
crisantemi e margherite, che non tollera, scaramanticamente), cuscini e
tappeti. Poi ha richiesto un gioielliere di Portofino che venisse in Fiera,
onde acquistare due orologi d´oro Cartier per lui e il suo fidanzato
e futuro sposo David Furnish.
Non trovandolo, ha optato
per un rivenditore esclusivo di centro città. Infine ha chiesto
e ottenuto un particolare tipo di birra analcolica, un catering sontuoso
a base di frutta, carne e insalata di pollo, e una Mercedes che lo accompagnasse
dal backstage al palco (50 metri scarsi, nda). Poi ha firmato tranquillamente
alcuni autografi ai barcaioli lì presenti, nel pomeriggio, che lo
avevano riconosciuto, lasciando però in camerino la miriade di mazzi
di fiori e relativi biglietti augurali, dono dei fans.
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dal SECOLO XIX del
9.6.04 www.ilsecoloxix.it/
Giovani fan appassionati
Tra il pubblico persone
note e molti cinquantenni. Ma non esclusivamente
«È un culto».
«Una mania». Parlano ragazzi di tutta Italia
Elton John? Quasi un culto.
Prima di tutto per Alessandro Repetto, presidente della Provincia di Genova:
«Con Elton John realizzo la prima parte del mio sogno: portare i
grandi poersonaggi del mondo del rock a Genova. Perché questa è
una musica che permette di fare cultura e trasmettere valori come pace,
fratellanza e solidarietà». Repetto, però, non era
vestito da rocker in onore di Elton: «Tranquilli, lo farò
mercoledì prossimo per il concerto di Peter Gabriel». A sentire
il cantante inglese anche il sindaco Pericu e Germano Celant, supervisor
di Genova 2004 e grande amico di Elton.
Un Elton da culto. Anche
per le sue eccentricità, come quella di invitare un gioielliere
genovese ieri pomeriggio nel suo camerino per fare shopping.Sir Elton ha
acquistato due orologi di gran marca. Ma il culto è anche amore
sfegatato per l'artista. Per il concerto inaugurale di "Genova Live in
2004", primo show di un progetto lanciato due anni fa dal Secolo XIX e
realizzato dalla Provincia con il promoter Vincenzo Spera, ieri sono arrivati
i giovani. I fans storici della rockstar, che l'hanno scoperto trent'anni
fa, sono rimasti un po' stupiti dal numero di ragazzi arrivati alla Piazza
del Mare da ogni parte d'Italia. Segno che Elton John è universale
anche perché l'età non conta. E il successo del suo duetto
con gli inglesi Blue, adorati dagli adolescenti, in "Sorry Seems To Be
the Hardest Word" ne è la prova.
Anche se la prima dichiarazione
d'amore arriva dal principe Cesare Castelbarco Albani, presidente della
Filse: «Per la mia generazione, Elton John è importante perché
ha creato un momento ineguagliabile di unità musicale». Elton-mania,
dunque. Come per la milanese Eleonora, 21 anni: «Questo è
il mio 31° concerto di Elton. Sono iscritta al fan club e con un gruppo
ristretto di 40 amici lo seguo dappertutto. Domani andremo a Reggio Calabria
per il suo concerto in onore di Gianni Versace». Per la verità,
la passione di Eleonora va oltre la fede musicale: sul fondoschiena si
è fatta tatuare la firma di Sir Elton: «Che adoro perché
trovo bellissimo».
La fede può essere
anche campanilista: avvolta in una bandiera britannica, lo sgargiante Union
Jack, la 17 enne Angelica di Forte dei Marmi, capelli rossi e baschetto
di jeans, rivela: «L'ho scoperto solo nel '97, quando avevo 10 anni,
al funerale della principessa Diana. E da quel giorno non l'ho più
lasciato». Anche Giulia, romana, 21 anni, l'ha scoperto nel concerto
fatto a Westminster per l'amica morta tragicamente: «Sono una musicista,
e lo seguo con una totale devozione. Ma devo riconoscere che già
un po' lo conoscevo perché i miei genitori hanno la stessa passione».
E fa vedere un grande orecchino di plastica con la foto che la ritrae insieme
al suo idolo, a Venezia lo scorso dicembre.
Ma quale canzone preferiscono
i giovani fans di Elton? «Cambia in base all'umore - spiegano due
amiche ventenni - perché Elton spazia in tutti i generi e atmosfere.
Certo sono più coinvolgenti quelle che parlano di amori incompresi.
Succede anche a noi, di sentirci poco capite dalla gente per questa passione
sfrenata. Dobbiamo ascoltarlo almeno una volta al giorno, perché
ci fa vivere più tranquille».
Elton-mania anche per Beppe
di Crema, 30 anni: «Ho una collezione di 4 mila dischi, non dico
che Elton sia una droga, ma insomma è molto importante. L'ho scoperto
tanti anni fa, da bambino, ai tempi di "Rocket Man".
(ha collaborato Raffaella
Grassi)
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Sir Elton incanta Genova
Capitale della cultura
Il primo dei grandi concerti live proposti dal Secolo XIX e sostenuti dalla
Provincia fa il tutto esaurito
Più di cinquemila
sotto le vele dell'Arena del mare
Con una lunga standing ovation,
mentre alle sue spalle il sole tramonta sul porto di Genova e le gru sembrano
tralicci senza tempo, Elton John appare sul palco. Redingote nera e rossa,
un leggero inchino. L'ovazione è calda come l'aria e si ripeterà
più volte nella serata. Perché il suo mix di sentimento e
tragedia, di ballate pop e virtuosismo pianistico da fan della black music
seduce e travolge.
E ieri sera nella Piazza
del Mare, alla Fiera di Genova, l'entusiasmo è andato alle stelle
per canzoni struggenti che ci mettono sotto assedio, incatenati a storie
disperate, ad amori finiti male, ma salvati a una nuova resurrezione, che
la musica rende solenne. Quasi epica.
Più di cinquemila
persone, che più volte scattano in piedi per applaudire. Ed Elton
intuisce subito che le sue canzoni troveranno ossigeno per raggiungere
questo strano pellegrinaggio di uomini maturi, signore in debito d'affetto
e cavalleria, ragazze che non hanno mai sentito parole come "spero che
non ti dispiaccia se l'ho messo in versi, com'è meravigliosa la
vita finché tu sei al mondo" da "Your Song" che apre lo show in
un'euforia da occhi lucidi.
E tutti quelli che hanno
sempre immaginato di vederlo su un palco, ora sono lì, incantati
come soldatini o bambole porcellana. E Sir Elton comincia quel rituale
di brevi saluti con la mano, il sorriso a fil di labbra, lo scatto improvviso
per raccogliere l'applauso, regale nell'accendere emozioni, nel far ripercorrere
al pubblico tracce del proprio passato. Illuminato da triangoli di luce,
mentre due schermi lo inquadrano in tutte le sue sfumature, Elton John
scandisce il tempo di una ricerca di sé: in "Border Song"«
scritta trent'anni fa...», canta tutte le frontiere di inganno e
disillusione che deve attraversare un uomo, in "Someone Saved My Life Tonight",
accusa i governanti americani di aver «abbandonato negli anni '70
i primi malati di Aids» e canta "The Boy With the Red Shoes", magistrale
nel congedo del protagonista: "Mettile da qualche parte in una scatola,
mettile in un cassetto, prendi le mie scarpe rosse, non posso più
indossarle".
Ecco la grandezza di Elton
John: raccontare storie sul bordo della follia e della disperazione, ma
con una strepitosa fantasia musicale, con l'aristocratica bellezza dell'uomo
solo che marcia nel cuore degli altri. E il pubblico si strugge per "Daniel"
e "Rocket Man" quando canta: "La terra mi manca tanto, mi manca mia moglie,
che senso di solitudine essere fuori dallo spazio, in questo volo senza
tempo». E' notte, il cielo è venato di grigio ed Elton canta
trasfigurato da luci blu e diamante: bellissimo.
C'è un omaggio «a
New York, la città che più amo» con "Mona Lisa's and
Mad Hatters", gioconde e cappellai matti: la New York della ricchezza culturale
che in platea l'amico Germano Celant, massima autorità di arte contemporanea,
conosce benissimo.
Poi Sir Elton cambia la
scena: siamo in un bar, il ragazzo è barricato, ha ucciso degli
innocenti, la polizia lo aspetta e uccide lui. E' la sontuosa e disperata
cronaca di un pomeriggio da cani di "Ticking", un capolavoro che Elton
annuncia così«L'ho scritta nel '73, è sul problema
della armi in America, purtroppo trent'anni dopo è anche peggio».
E mette il pianoforte dove un film metterebbe spari, sangue e colori. E'
così la vita? E' solo questo? No, qualche volta è un amore
così grande che puoi chiamarlo tristezza. E poi vengono l'omaggio
alla black music, "Philadelphia Freedom", e le grandi canzoni d'amore dolente:
"Sacrifice", "Nikita", "Candle in the Wind" e "Sorry Seems To Be the Hardest
Word". E ciascuno ha il suo passato da proteggere, ed Elton John lo accarezza
per tutti. Anche con la marcetta comica di "Crocodile Rock", anche con
la fiduciosa "Don't Let the Sun". Ma quella braccia aperte, da gladiatore
orgoglioso, sono il vero congedo. Vi ho raccontato quello che siamo, non
dimenticatelo mai.
RENATO TORTAROLO
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Elton da solo con il
suo piano mi mancava da un po’, visto che avevo dovuto rinunciare anche
al concerto di Lucca dell’anno scorso e a Milano in dicembre era con la
band. Ieri sera mi sembrava in gran forma e di ottimo umore, nonostante
non ci sia stata la consueta distribuzione di autografi verso il finale,
dipesa forse dal palco molto alto e da un servizio d’ordine veramente scocciante,
che ha tenuto tutti a distanza. Acustica molto buona, perlomeno per
quelli che erano davanti e circa 5000 spettatori per il ritorno a Genova
dopo un trentennio dal primo tour del 1973. Solito repertorio con
molti alti e alcuni, almeno per me, bassi. Grandiose canzoni come
The Greatest Discovery, Someone Saved My Life Tonight, Ticking (anche se
dal vivo non rende come potrebbe, all’altro capo la sempre soporifera Sacrifice,
Nikita, I Guess (non brutta ma ormai fuori dalle orecchie) e The One.
Ci sono dei salti qualitativi abissali nelle scalette di Elton, è
come se stessimo ascoltando Springsteen e subito dopo passiamo ad Al Bano!
Ma purtroppo il pubblico vuole i suoi hit ed Elton immancabilmente è
costretto a riproporli, non si può avere tutto! Comunque un
bellissimo concerto, più corto rispetto ai suoi soliti standard
(2 ore e 25), con un pubblico abbastanza attento e partecipe, forse merito
anche dello spazio spettacoli della Fiera di Genova che è abbastanza
raccolto. Due piccole critiche, qualche effetto sintetizzato di troppo,
quando invece ci stava benissimo il suono del piano acustico, e alcune
variazioni fuori luogo che snaturano Rocket Man, ma fossero tutti così
i concerti in circolazione!
Beppe
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Elton è giunto
alla Fiera alle 17.20.
Dopo due ore di attesa sotto
il sole, lo abbiamo visto arrivare in una Mercedes blu, scortato da due
auto a sirene spiegate.
Siamo entrate nella piazza
alle 19.00 con ben tre mazzi di fiori: uno per il camerino, che gli è
stato recapitato dalla sicurezza e due che io e Laura volevamo donargli
durante il concerto e che invece la sua guardia del corpo ci ha sottratto
praticamente con la forza.
L'attesa è volata
tra foto, saluti, nuove e vecchie conoscenze...finchè è arrivato
LUI...
Mancavano un paio di minuti
alle nove: è entrato pacioso, sorridente, bellissimo.
Ha iniziato a cantare Your
song, con una voce potente e calda...non sarà piu' quella di una
volta, ma è sempre la piu' bella.
Ogni canzone ha donato emozioni
a tutto il pubblico che è stato molto caloroso e partecipe.
I'm still standing nella
versione solo piano mi piace troppo, così come Philadelphia Freedom
e Rocket man.
Quanti ricordi mi ha fatto
affiorare I need you to turn to! Potrei definirla la "nostra canzone".
A parte le solite due/tre
canzoni un pò noiosine e il finale deludente per la mancanza di
autografi e per l'impossibilità di avvicinarsi al palco,è
stato un concerto GRANDIOSO.
Alla fine, quando con la
sua tutina azzurra si è girato per andarsene, mi ha preso il solito
magone.
Come faccio a resistere
fino alla prossima volta?
Camilla
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