logo
indice alfabetico - site map  I  immagini  I  articoli  I  elton in italy  I  testi in italiano  I  musicians & co.  I  concerti  I  discografia
 
forum  I  news   I  biografia  I  early days  I  friends I links  I  aggiornamenti  I  newsletter  I  contatti  I  varie  I  rarità  I  home
l'album I le altre recensioni

The Captain And The kid

tell me what the papers say .....



corriere

da www.kwmusica.kataweb.it

Elton John e Bernie Taupin
una storia infinita
Esce The Captain And The Kid, un'opera rock che riporta la popstar e il fido paroliere ai fasti degli anni 70. Video

 

di Paolo Gallori

Esce oggi il nuovo album di Elton John, The Captain And The Kid, quarantaquattresimo titolo di una carriera infinita. Ebbene, la sorpresa è grande e l'ascolto è un tuffo al cuore, tanto questo lavoro è magicamente vicino all'estetica, alla forza, all'ispirazione che baciava la popstar nei primi anni Settanta. Recuperato negli anni Novanta il feeling con Bernie Taupin, Sir Elton celebra oggi il sodalizio con il paroliere, un'amicizia lunga praticamente una vita, consegnando alla storia il seguito della vicenda raccontata nel 1975 in Captain Fantastic And The Brown Dirt Cowboy.
In quel suo primo album "concettuale" Elton John raccontava al mondo i tre anni, 1967-1970, che cambiarono la vita di due "pallidi ragazzini" inglesi, partiti come autori su commissione al soldo dell'editore Dick James e giunti infine a coronare il loro sogno americano. "Se c'è un momento in cui l'ascesa di Elton John ebbe inizio - ricorda Taupin in un'intervista diffusa assieme all'album dalla Universal - è certamente l'arrivo a Los Angeles nel 1970".
Captain Fantastic And The Brown Dirt Cowboy si concludeva proprio alla vigilia dello sbarco di Elton John negli Usa, dove il favore riservato ad album come Tumbleweed Connection e soprattutto Goodbye Yellow Brick Road, il suo album più venduto in America, avrebbero garantito alla popstar grandi platee nei giorni a venire. "Il nuovo disco parte esattamente da lì", spiega ancora Taupin.
The Captain And The Kid prova dunque a spiegare cosa accadde dopo quel primo, stordente successo. Impresa non facile: come infilare in un album i 35 anni che seguirono? "L'album punta sugli elementi fondamentali della vita - spiega ancora Taupin -. Parla delle conquiste e dei fallimenti, parla di amore, morte e di tutte le nostre esperienze. Esperienze che, in realtà, toccano la vita di tutti".

Per riuscire nell'impresa il paroliere scrive 12 splendidi testi intrisi di storie, ricordi, sensazioni e citazioni estratte dai cassetti della memoria. Li consegna quindi a Elton John, che resta alla larga dagli studi e si chiude in un teatro di Atlanta ("Una volta si chiamava Centre Stage - racconta Elton - ora è l'Earthlink") con una band di amici di vecchia data come il chitarrista Davey Johnstone e il batterista Nigel Olsson, oltre a Guy Babylon all'organo hammond e al piano elettrico. Nessun sintetizzatore. "Volevo che il disco fosse registrato in modo organico - spiega la popstar -, senza tempi prestabiliti e le luci rosse dalla sala controllo. Non volevo sezioni d'archi e articifici del genere, solo la band. Ci siamo accomodati sul palco, l'attrezzatura di fronte ai musicisti. Io scrivevo le musiche, la band si impossessava delle canzoni, le registravamo...".
La registrazione "organica" dona al nuovo album sonorità permeate di una sincerità antica, al punto che lo stesso Elton John sente il dovere di sottolineare come persino le voci eteree che risuonano nei cori siano quelle dei suoi musicisti e che l'effetto "angelico" sia stato ottenuto giocando con la velocità del nastro. Insomma, nel momento in cui anche gli anni Settanta tornano in auge attraverso il recupero di stilemi hard rock e disco music da parte di nuove band (last but not least, le Scissor Sisters che hanno scritto il nuovo singolo con Elton John e lo hanno voluto al pianoforte), la popstar si riappropria delle sue vecchie armi vincenti, il rock'n'roll, un pianoforte suonato in modo torrido, una band capace di cesellare arrangiamenti perfetti per melodie finalmente convincenti.
Come quella sviluppata da Elton John al pianoforte in Postcards From Richard Nixon, quasi un'introduzione in cui si ricorda il primo impatto con Los Angeles dei due "pallidi ragazzi inglesi". Se i Beatles portarono in America il sorriso pochi mesi dopo l'assassinio di John Kennedy, Elton John e Bernie Taupin furono testimoni delle difficoltà di Nixon, dalla brutta piega presa dalla guerra del Vietnam fino all'uscita di scena in seguito allo scandalo Watergate. "Io devo andare, voi potete restare" la divertente cartolina di commiato del presidente.
Già, Elton e Bernie erano lì per restare, gallina dalle uova d'oro per i manager americani (il boogie Noah's Ark) e innamorati della New York trasgressiva che di notte si metteva in coda fuori allo Studio 54 (ancora una grande melodia nella romantica ballad Wouldn't Have You Any Other Way). Ma la crisi è dietro l'angolo. Dopo aver raggiunto l'eldorado, la coppia entra in crisi e si separa prima che la casa bruci (la crepuscolare Tinderbox).
Elton John è preda della droga e il suo dramma è tutto nei tre giorni di isolamento casalingo, stretto tra cocaina e vino, descritto in And The House Fell Down, in cui è geniale il contrasto tra il divertente, frizzante, veloce swing che sostiene il brano e la drammatica paranoia descritta nel testo. L'indifferenza, la cecità, l'insofferenza verso chi in quei momenti vuole darti dei consigli è il tema che Elton John affronta in I Must Have Lost It On The Wind, brano vagamente country, e non a caso: il titolo è un modo di dire dei cowboys che Bernie Taupin aveva annotato dopo la visione di un film western.
Sono gli anni in cui Elton John stringe un profondo legame con John Lennon, a sua volta in crisi con Yoko Ono, e che fece la sua ultima apparizione dal vivo proprio durante un concerto di Elton al Madison Square Garden di New York. E arriva il tempo della morte, del dolore e dell'ingiustizia della vita. John Lennon è l'unico amico scomparso ad essere ricordato con nome e cognome in Blues Never Fade Away, dove Bernie Taupin ed Elton John utilizzano a turno una strofa per ricordare le persone a loro care che non ci sono più: un ristoratore morto di Aids quando il morbo non aveva ancora neanche un nome, una ragazza giovanissima per un aneurisma cerebrale, inconfondibile il ritratto di Gianni Versace, il Re Sole che marchiava con la sua passione mura e vestiti. "La vita sa essere molto ingiusta - dice oggi Elton John - ed è questa la ragione per cui io cerco di viverla appieno. Perché non sai quanto tempo ti resta. E non puoi sceglierlo".

Ed ecco la canzone che racchiude la metafora intorno alla quale ruota l'intero album: The Bridge, splendida ballad che Elton John interpreta da solo al pianoforte. "Nel 1975 - racconta ancora Taupin - Captain Fantastic arrivò direttamente al numero uno in America, destino che toccò anche ai due dischi che seguirono. Un giorno eravamo allo stadio dei Dodgers, dove Elton John avrebbe suonato per due giorni. Ci dicemmo: e adesso dove andiamo? Situazione terrificante: non potevamo fare di meglio, l'alternativa era mantenersi su quei livelli o precipitare. The Bridge parte da quel momento...".
Il ponte è il futuro, l'ignoto, il lungo cammino che attende Elton John e il suo amico Bernie, nell'arte e nella vita. "Cominciammo nel 1970 - spiega Elton John -, siamo sopravvissuti alle mode e alle tendenze senza mai smettere di credere nel potere della canzone. Il ponte è lungo, noi lo abbiamo attraversato. Altri non ce l'hanno fatta, perché non avevano talento o perché hanno smesso di provare a migliorarsi. Mai smettere di credere che puoi scrivere una canzone migliore... In un certo senso è anche una canzone religiosa, come una parabola: se vivi cercando sempre di dare del tuo meglio, ci provi e ci credi, la tua vita sarà bella".
Dopo il dolore, la riconciliazione. In Old '67 Bernie Taupin dipinge il rilassato faccia a faccia con Elton John che portò alla rinascita del loro sodalizio. Un appuntamento nella casa della popstar nel Sud della Francia, uno sguardo al passato, ai meravigliosi giorni vissuti all'epoca del primo Captain Fantastic, il rinnovato impegno a continuare a creare senza cedere a compromessi mercantilistici. Elton John è splendido al pianoforte e al canto, la melodia decolla sulle armonie vocali e sui glissati della chitarra di Davey Johnstone, Bernie Taupin infila nel testo la celebre linea di Your Song

: "It's a little bit funny..."
L'epilogo è una divertente e divertita digressione folk per rivivere la vicenda del Capitano e del Ragazzino tutta di un fiato, tra trionfi e cadute, le paure, le corse con il diavolo, le speranze, "aspettando un piano per trasformare te in Brown Dirt Cowboy e me in Rocket Man...". Davvero toccanti le ultime parole del testo: "Guardando avanti vedo un chiodo arruginito, vi è appeso un cartello che dice 'Truth For sale (Qui si vende la verità)', esattamente quanto abbiamo sempre fatto, nessuna bugia, solo un'altra storia sul Capitano e il Ragazzino"...
Album splendido, canzoni da ascoltare in sequenza, un corpo narrativo unico privo di punti deboli. Ideale per farne una vera opera rock. La prossima storia del Capitano e del Ragazzino?






BUSCADERO


ELTON JOHN - THE CAPTAIN AND THE KID - 3,5 STELLE
Elton riprende l'idea del concept album Captain Fantastic e confeziona un disco come non ne faceva da anni. Un disco di ballate pianistiche, bello e godibile, che mischia grandi canzoni ad un suono decisamente asciutto. Piano in evidenza, come ai bei tempi, ed una manciata di canzoni di spessore. Bentornato.

ELTON JOHN - THE CAPTAIN AND THE KID - 3,5 STELLE 
Elton John ha deciso di tornare a fare la persona seria, definitivamente. Se Songs from the West Coast, 2001, era una solida avvisaglia in questo senso, Peachtree Road , 2004, pur essendo inferiore al suo predecessore, aveva confermato la nuova via dell'occhialuto inglese. da superstar, cioè una volta raggiunta la fama, Elton non si è peritato di curare molto la qualità dei suoi dischi e, più o meno, dalla metà dei 70 al 2001, ha registrato una quantità di dischi inutili, che però lo hanno reso stra famoso. Songs from the West coast, seguendo la regola che la musica di qualità non rende, ha venduto poco. Peachtree Road un po' di più (era anche meno bello). 
The Captain and the Kid che è meglio di entrambi, che risultato commerciale avrà? Non ci interessa e nemmeno a lui. Elton torna a fare canzoni vere, non siamo ai livelli di Honky Chateau o Tumbleweed Connection, ma poco ci manca. Il piano è in gran spolvero, la voce c'è sempre, le canzoni sono di qualità. Elton John e il suo alter ego Bernie Taupin hanno ricominciato a produrre assieme, ed il risultato si... sente. Forse non ci sono canzoni memorabili, ma brani come Postcards from Richard Nixon, Just Like Noah's Ark, Tinderbox, la curiosa And the House Fell down, le belle I Must Have Lost in on the Wind, Old '67, Blues Never fade Away, The Bridge, stanno a dimostrare che Elton è di nuovo tra noi. Il suono è poco arrangiato, in alcuni casi addirittura scarno, le melodie centrate, l'esecuzione da manuale.
Postcards from Richard Nixon si apre con un assolo di piano creaivo e molto gradevole: un inizio che dà subito la misura di quello che sarà il disco. Just Noah's Ark contiene persino elementi blues, mentre Wouldn't Have You Any Other Way è una composizione costruita in modo classico, pianistica e decisamente melodica. And The House Fell down mischia arte e mestiere, melodia classica e sonorità tipiche dei musical di Broadway, mentre Blues Never Fade Away è una costruzione pianistica di grande spessore dotata di forte apertura melodica. La lenta The Bridge ci riporta ai primi anni 70, quando il pianoforte era lo strumento guida (e anche qui domina la canzone come da tempo non succedeva). I Must Have Lost It on the Wind è forse la gemma del lavoro: mischia rock e radici roots, ha una base melodica intensa, si beve dalla prima all'ultima nota e conferma questo ideale ponte col passato. Anche il finale The Captain and the Kid rende onore al musicista, più volte vituperato, che ha ritrovato finalmente la strada di casa.
Un disco caldo e decisamente godibile che ci riconsegna il migliore Elton John, sentire per credere.

Paolo Bonfanti


XL
di Gianni Santoro

Elton John
THE CAPTAIN AND THE KID
Mercury

voto:3 (sufficiente)

CAPITANO, MIO CAPITANO PERCHE' TRENT'ANNI DOPO ?

Il capitano è lo stesso di Captain Fantastic and the Brown Dirt Cowboy, 1975. Elton John e il fido paroliere Bernie Taupin firmano il sequel 30 anni dopo facendo finta di niente. Intanto però Elton forse ha scritto tutti i brani che aveva dentro. The Bridge l’aveva scritta. Old ’67 più volte. Carino, ma frustante The Captain And The Kid, perché tanta la beffa impossibile quella contro il tempo. Meglio avrebbe fatto Elton a dire di averlo composto nel ’76 e di averlo perso nei cassetti tra gli occhiali. Così invece ha un sapore amaro, come vedere la Loren che ripete lo spogliarello per Mastroianni in Pret-A-Porter di Robert Altman dopo averlo consegnato alla storia in Ieri, oggi e domani.


ROCKSTAR

Elton John - The Captain and the Kid - 4 stelle

Il Ritorno del Capitano.

A New York City nevica, e Captain fantastic conta gli amanti andati via, qualcuno lasciando qualcosa altri niente. Riguarda l'inferno della cocaina, le stanze e chi è caduto troppo giovane. Bilancio di mezza età per captain Elton John che dentro, nonostante l'amarezza, è rimasto quello che con il suo compagno di versi, Il Brown Dirt Cowboy (Bernie Taupin) scriveva nel 1975 la storia del proprio rock'n'roll che si arrampicava sui tacchi alti fino al cielo delle classifiche USA. Songs from the West Coast aveva annunciato che i due sarebbero tornati ai giorni degli occhiali che coloravano il mondo glam. basta mettersi lì e suonare il poprio cuore. Ed eccolo, un cuore che si gonfia con le prime note di pianoforte nei ricordi degli USA di Richard Nixon, Disney e Steve McQueen di Postcards from Richrad Nixon ed esplode in una pioggia di coriandoli di emozione con Tinderbox, Blues Never Fade Away, The Bridge e Old '67. Ed è un sussulto sentire il Capitano ritmarsi nella tossica And the House Fell Down e il suono d'armonica perduta neol vento di I Must Have Lost It On The Wind. Capisci così che è arrivato il momento di raccontare, a chi all'epoca non era nato, la meravigliosa storia del Capitano Fantastico e dello Sporco Cowboy Marrone.
Sergio G. Lacavalla.


LA STAMPA


L’ALBUM CHE ESCE DOMANI, «THE CAPTAIN AND THE KID», E’ IL SEGUITO IDEALE DI «CAPTAIN FANTASTIC»: SUCCESSI, INSUCCESSI E LA FATICA DI MANTENERSI AL TOP

Elton John festeggia i sessant’anni e lotta per sopravvivere al successo
14/9/2006

di Marinella Venegoni

inviata a NEW YORK
Il 25 marzo dell'anno prossimo Elton John compirà 60 anni. Come per ogni babyboomer, è arrivato per lui il tempo (ostico) della riflessione, della consapevolezza di aver vissuto al massimo, e in più di esser stato assai fortunato di suo; ma nel pop ogni anniversario è destinato a trasformarsi in una celebrazione fantasmagorica, e in attesa di chissà quali fuochi d'artificio nel 2007, il vecchio Reginald ha deciso di ringraziare la sorte con un disco che in Italia esce domani, The Captain and the Kid, séguito ideale del primo album che gli guadagnò nel 1975 la fama negli Stati Uniti, Captain Fantastic and the Brown Dirty Cowboy. Presentandolo l'altra sera al Rose Theatre di New York, ne ha così riassunto il senso: «Captain Fantastic parlava della lotta per arrivare, fino al '70; The Captain and the Kid" è sui 36 anni successivi, e sulla lotta per sopravvivere al successo».
Rispetto ad altri colleghi illustri della sua generazione, Elton John ha incassato non scarsi insuccessi, con lunghi e controversi periodi (seguiti a una produzione di irresistibili canzoni pop) di cui ben poco vale la pena di esser ricordato; ma qui, in The Captain and the Kid, l'ispirazione torna intenzionalmente al suo periodo migliore, appunto fra i Sessanta e i Settanta.
Il rischio, certo, è che si ascolti Elton John mentre fa il verso al grande Elton John d'epoca: ma nei dieci brani registrati nell'atmosfera complice di un teatrino affittato per ottenere un disco autenticamente caldo e immediato, si respira un'aria da «demo», una forte volontà di piacere, un'energia che pensavamo scomparsa, risucchiata per sempre dagli innumerevoli concerti e marchette (si pensi solo al contratto miliardario in corso con il Caesar Palace di Las Vegas) che negli ultimi anni gli hanno sottratto parte dell'originario carisma.
Per quanto bravo sia il paroliere di sempre Bernie Taupin, era ovviamente impraticabile l'idea di raccontare davvero 36 anni in 10 canzoni. E così la Regina Madre del pop non solo britannico apre pestando su un pianoforte quasi honky-tonk, per raccontare l'arrivo suo e di Bernie negli Stati Uniti in piena crisi Vietnam o Watergate, in «Postcards from Richard Nixon».
E' l'innamoramento reciproco con l'America, che annusa l'affare: e infatti Just Like Noah's Ark, evoca in un rock-blues terribilmente datato (e che usa moltissimo) l'immagine dell'arca di Noè per raccontare delle folle di aspiranti agenti che lo circondano a Los Angeles per strappargli un contratto.
Più oltre l'ispirazione si fa intimista: Tinderbox è una ballad molto «eltonesca» che racconta la pressione della fama, The Bridge parla dell'invecchiamento, And the House Fell Down è sugli stravizi drogati; uno dei brani più convincenti è Blues Never Fade Away, inevitabilmente sulle vittime dell'Aids.
L'album è una sorta di rivincita del personaggio di Bernie Taupin, sempre un po' in disparte come inevitabilmente capita agli autori del testo. Ha spiegato Elton John: «Le sue liriche non sono mai sulla mia vita, così canto sempre in un territorio neutro. Questa volta, in Wouldn't Have You Any Other Way, c'è un verso sullo Studio 54, che dice: "Le auto nere aspettano perché metto in fila i ragazzi nella notte". E potrei essere io che torno al mio albergo con una pletora di ragazzi carini, oppure potrebbe essere Bernie che va in centro a qualche strip club con i suoi amici».
Nel finale, in Captain and the Kid, tracciando una sorta di bilancio virtuoso, Bernie ed Elton finiscono per assolversi in toto: il ragazzino pazzo è diventato un «better man», e il diavolo avrà pure partecipato alla festa, «ma non ha mai infilato le nostre scarpe». Il riassunto è di orgogliosa energia: «Allora indossavo tacchi di 12 centimetri/ora tu corri verso il tramonto/ma io vado ancora ai cento all'ora». E mica solo lui, che infatti non sta mai fermo, come in preda all'orror vacui. Con la crisi del pop, il giovanilismo è diventato un esercizio vacuo.
Il sessantacinquenne Dylan ha debuttato al primo posto nelle classifiche Usa con il nuovo album, in Italia è primo Freddy Mercury che è morto da quel dì. Pure Elton John potrebbe finire per rimettersi sulla pista della credibilità alla vigilia dei sessanta, uscendo dal tunnel del troppo-ricco, troppo-felice, troppo-ingordo nel quale si è infilato.


IL GAZZETTINO

Il nuovo cd "The captain & the kid", scritto con Bernie Taupin, chiude un racconto iniziato 35 anni fa

Elton John, il ritorno del Capitano
«Abbiamo ripreso la storia di Captain Fantastic raccontando il seguito fino a oggi»

di Giò Alajmo

Copertina seppiata con cowboy e pianoforte, elegante confezione del cd con la custodia in platica dagli angoli smussati, esce ora il nuovo album di Elton John. Un piccolo evento, perchè "The Captain & the Kid" chiude dopo oltre 30 anni il discorso che il cantante britannico e il ritrovato paroliere Bernie Taupin aprirono con "Captain Fantastic & The brown dirty cowboy". «Il mio manager Merk Mercouriadis - spiega Elton - mi ha chiesto un giorno perchè, visto che continuavo a raccontargli come io ero diventato "Captain Fantastic" e Bernie il "Brown dirty cowboy" (lo sporco cowboy marrone) non finivamo quella storia, cominciata nel 1967, raccontando cos'era successo dal 1970 a oggi».
L'album, uscito cinque anni dopo la sua scrittura terminava con la partenza dei due per l'America. Taupin, che ha riallacciato dopo decenni un rapporto di amicizia e colaborazione con Elton John, si è lasciato entusiasmare dall'idea e ha scritto dodici testi nuovi, dieci dei quali sono diventati il nuovo disco, con la musica di Elton John, come ai tempi migliori.
«Questo disco - racconta Taupin - tocca alcuni elementi basilari della vita: parla di successo, di fallimento, della morte, dell'amore e di tutte quelle cose che colpiscono tutti. Parliamno di noi, ma alla fine è come se parlassimo di tutti».
L'album scritto con lo spirito e il suono dei tempi migliori, comincia con "Postcards from Richard Nixon", cioè l'arrivo in America dove Elton "esplose" nel 1970: «L'America era dove avremme sempre voluto andare e dov'è davvero iniziata la nostra carriera - spiega Elton -. È stata il nostro più importante mercato e tutte le canzoni scritte da "I Wouldn't Have You Any Other Way" che parla di New York, the drug taking song, "And the House Fell Down", che parla di droga, la riguardano direttamente. C'è anche una canzone "Old '67" sul sud della Francia dove io e Bernie andammo insieme e dove decidemmo che non avremmo mai fatto album se non fossimo stati davvero innamorati di quello che stavano facendo, senza la pressione di dover scrivere a tutti i costi un singolo di successo».
Per registrare il disco, Elton John ha radunato la sua band in un teatro di Atlanta rinunciando ad archi e studi di registrazione, per dare al risultato un senso più immediato e vivo. Ci sono immagini curiose come in "Postcards" nato dal disappunto di essere sbarcati a Los Angeles per vedere subito un tipico bus a due piani londinese: «Fu come arrivare a Londra dall'Arabia e trovare un cammello», spiega Taupin. Ma la seconda impressione fu totalmente diversa. Passeggiare per Sunset Strip li fece sentire piccoli e provinciali «come se avessimo sempre vissuto come due pesciolini in un acquario».
Il rock blues "Just like Noah's ark" (come l'arca di Noè) racconta poi del viavai di affaristi, dal promoter italiano col sigaro ai vari discografici, che cercavano di accaparrarsi la coppia, mentre "Wouldn't have you in another way" racconta delle avventure sull'altra costa, nella New York delle luci e delle discoteche come lo Studio 54, o del Madison Square Garden, città dove «ho fatto un sacco di grandi spettacoli, con John Lennon o Divine che salivano con me sul palco. È un atto d'amore per New York», dice Elton John.
"Tinder Box" racconta la sensazione di essere sempre sulla strada, come presi in vortice, "And the house fell down" è l'impatto con la droga (già raccontato ai tempi di "Honky Chateau" in "I Think I'm Going to Kill Myself"), "Blues never fade away" scivola poi nella malinconica perdita del rapporto di amicizia e nelle ingiustizie della vita, con un persiero alla morte di Gianni Versace, di Lennon e di altri amici.
L'album arriva alla fine con "The bridge" e "I must have lost it on the wind" (devo averlo perso nel vento) brano vagamente influenzato dal primo Bob Dylan, con un titolo che sarebbe stato perfettamente in bocca a un vecchio cowboy. "Old '67" precede poi l'ultimo brano "The Captain and the Kid" che racconta tutta la storia in una canzone country «un po' alla Simon & Garfunkel in "The boxer"», dice Elton e che riprende l'idea musicale dell'album di 30 anni prima. Un modo per chiudere il cerchio e ritrovare lo spirito perduto, con il suo sapore di jazz e di blues.


IL TEMPO

Trent’anni di vita tra successi e droga raccontati assieme a Bernie Taupin


di STEFANO MANNUCCI

QUALCUNO, prima o poi, doveva pensarci. Abbiamo avuto padrini, guerre stellari e missioni impossibili in serie: e innumerevoli inchieste di Kay Scarpetta, Maigret, Montalbano. Ma il rock sembrava essere relativamente immune dalla tentazione dei "sequel": nessuno, finora, aveva ipotizzato un «Sgt. Pepper 2», un «Ritorno di Tommy» o «The dark side of the moon revisited». A colmare la lacuna ha pensato Elton John: e a distanza di più di trent’anni dall’uscita di «Captain Fantastic and the Brown Dirt Cowboy» pubblica «The Captain and The Kid», con una celebrazione anche live, il 19 settembre al Rose Hall di New York. L’evento è in effetti di quelli memorabili: perché l’album del 1975 segnò la svolta nella carriera di Elton. Per la prima volta nella storia della musica moderna un disco esordiva direttamente al primo posto di "Billboard", la Bibbia delle classifiche di vendita americane. Solo nel primo giorno, un milione di copie dell’lp era andato a ruba, e anche questo era un record. Mr. John ne aveva scritto le dieci canzoni in cinque giorni di traversata sulla nave "S.S. France", dall’Inghilterra a New York, in chiara overdose di ispirazione. Di più, quei brani erano il frutto di un sodalizio con il suo paroliere, Bernie Taupin, con il quale aveva incamerato già una serie di portentosi successi, e che una notte gli aveva "quasi" salvato la vita: preso dallo sconforto, Elton aveva infilato la testa nel forno, aperto il gas, ma lasciando comunque aperta la finestra. Un gesto dimostrativo che sarebbe poi finito in "Someone saved my life tonight". Bernie era qualcosa di diverso da un collaboratore, era un amico vero, e tale sarebbe rimasto per quasi quarant’anni, malgrado ripetuti stop nell’incontro artistico. Così, quel primo «Captain» fu concepito come un’autobiografia per due, destinata a raccontare gli esordi (dal ’67 al ’69), fino all’arrivo in America di un cantautore più che promettente. Il "Capitano" dagli abiti improponibili, l’icona paradossale e trasgressiva era Elton; il "Cowboy" era Bernie, che non chiedeva altro se non un ranch e un cavallo in California. Uno "storybook" personale che è rimasta una delle vette assolute tra i 44 album della discografia eltoniana. Il mezzo miracolo è che anche il "sequel" del 2006 è quanto di meglio ci si potesse aspettare da una star che ha avuto tutto quel che chiedeva dalla vita, perfino un matrimonio gay e un contratto da artista stabile a Las Vegas. Ora minaccia di darsi al rap: intanto "The captain and the kid" è un’onda di pop melodico con arrangiamenti che paiono quasi "d’epoca": nel senso che Elton canta con una sincerità per lui rara, di questi tempi, e le sue dita volano sul piano come ai tempi belli, tra R&B, honky-tonk, ballate, rock postribolare. E la band - nella quale compaiono, come tre decenni fa, gli immarcescibili Davey Johnstone e Nigel Olsson - suona con lui in presa diretta: gli strumenti piazzati sul palco di un teatro di Atlanta, venti giorni di registrazione, e spesso "buona la prima". Dieci canzoni, anche qui: e il tentativo di raccontare una vita, quella immediatamente successiva all’approdo a Los Angeles, con la meraviglia - dicono i due - di «sentirsi come due pesci gettati da una piccola vasca in un enorme acquario» già alla prima passeggiata sul Sunset Boulevard, con Steve McQueen che passava in spider e Nixon che augurava "benvenuti qui". Poi il presidente prese commiato per il Watergate, e John-Taupin restarono nello star-system. Fu a quel punto che cominciarono i guai: la cocaina a fiumi, i conflitti interpersonali, il vortice del successo che ti trascina giù per i piedi. Tra produttori discografici «che parevano il Joe Pesci mafioso di "Quei bravi ragazzi"», e le notti bianche allo Studio 54 di New York, tra marchettari, Andy Warhol e la créme dei discotecari vip. Poi ancora, gli anni del dolore per gli amici morti di Aids o per mano di qualche folle (la terza parte di "Blues fade away" è dedicata a Gianni Versace, ma spunta anche l’amico John Lennon, che aveva fatto la sua ultima apparizione in concerto proprio con Elton, nel ’74). E le riconciliazioni, i ricordi, sino al gran finale di "The captain and the kid", che nella sua struttura richiama esplicitamente "The boxer" di Simon & Garfunkel. Passando per la lirica "The Bridge" (il primo singolo) dove Elton e Bernie si dicono che quel simbolico ponte della fortuna è «talmente lungo che qualcuno resta indietro, ma devi attraversarlo per sopravvivere. Senza mai smettere di credere che potrai scrivere un giorno una canzone più bella di quella che hai appena composto». Come è accaduto a loro due, ancora oggi.


IL GIORNALE

Cesare G. Romana.


ELTON JOHN, GRANDE PIANISTA TRA COUNTRY, SOUL E SUONI COLTI

Echi western, qualità medio-alta e grandi prestazioni pianistiche per il "nuovo" Elton John, ancora una volta affiancato nei testi dall'agile penna di Bernie Taupin. The Captain and the Kid rispecchia fedelmente fin dall'iniziale Postcards from Richard Nixon l'americanite tenace del musicista inglese nonchè il suo amore per rhythm and blues, gospel, country corretto da una cultura di base molto europea, non esente da fruttuosi tributi alla musica colta.
Si parla di New York e San Francisco, Ohio e Far West, Nixon e Hollywood in questo album assai poliedrico e tuttavia governato da intima coerenza, mantenuto su regime qualitativo cui da tempo sir Elton ci aveva disabituato. Che emerge soprattutto dal pianismo di questo grande intrattenitore: dalle corpose armonie del primo brano allo scintillio di Noah's Ark con le sue reminiscenze à la Jerry Lee Lewis e le smaglianti interferenze dell'organo Hammond, dagli arpeggi liederistici di Wouldn't Have You Any Other Way alla fastosa coralità di Tiinderbox. E dai colori lunari di And The House Fell Down, in bel contrasto con il piglio vispo del brano, alla grazia sognante di The Bridge. Splendida come sempre la band.