da La Stampa del 20.06.1992
Parigi: 35 mila entusiasti sotto la pioggia per il primo concerto in
coppia delle due star inglesi, trionfale ma non allegro Elton John & Eric
Clapton la tristezza e' come un rock Il re del pop punta sui classici e celebra
la resa alla maturita' La sofferenza diventa viscerale nella chitarra del
bluesman
Piu' che in Francia,
sembrava d' essere in Siberia, l' altra sera 18 giugno, Santa Marina,
all'
ippodromo di Vincennes. Un vento gelato e ripetuti temporali hanno
turbato il
primo dei pochi concerti in comune di Eric Clapton ed ELTON JOHN; i 35
mila
presenti hanno resistito eroicamente per sei ore, anche alla pioggia.
Ad aprire,
c' era stata la bluesmama Bonnie Raitt, gagliarda americana che non
riesce a
sfondare in Europa, accompagnata perfino, in "In The Mood", dal gran
maestro JOHN Lee Hooker. Tocca ai maestri fare da supporter, e cosi' va
il
mondo non solo fra le note. L' ordine di uscita prevedeva Eric Clapton
per
primo, ELTON JOHN poi. Arduo stabilire chi dei due sia meglio, sarebbe
come
paragonare una torta con una pastasciutta: il piu' grande bluesman e il
piu'
grande re del pop hanno in comune soltanto la nazionalita' inglese e la
generazione: il primo ha 47 anni, il secondo 45. Ma c' e', ad unirli,
anche una
passione straordinaria per la moda italiana: se il primo veste Armani,
tutto in
sobrio blu il secondo e' firmato vistosamente, sonoramente Versace,
dalla testa
ai membri della band, fino alla copertina dell' ultimo disco, "The
One".
Le loro differenze sono sembrate ancor piu' marcate, l' altra sera, per
la
rinuncia (forse dovuta al maltempo) ad eseguire almeno un pezzo
insieme: era
prevista una "Candle in the Wind" finale, ma l' ha cantata ELTON da
solo,
ormai afono per il freddo. Perfino le decorazioni lame' della sua
giacca nera
battevano i denti. Che vitaccia, le tournee. Magari si saranno salutati
appena,
a Vincennes, Eric e Reginald Dwigt detto ELTON JOHN: e per sentirli
suonare
qualcosina insieme bisognera' aspettare che si ritrovino il 26 giugno a
Londra
oppure, forse, le date italiane all' inizio di luglio. Nel frattempo,
ognuno
canta per la propria strada: come del resto hanno fatto a Vincennes,
seppure
sullo stesso palco. Privo dei cento fondali disegnati sempre da
Versace, che
appariranno prima o poi in qualche data, con alle spalle una gabbia
spoglia di
tubature metalliche, ELTON JOHN e' sembrato in grande forma artistica.
Reduce
da due anni di celebrazioni discografiche, con i suoi hit cantati (in
"Two
Rooms" ) da tutti i piu' grandi interpreti, si avvia a diventare un
classico. Ed esalta in concerto questa prospettiva: il recente "The
One", che ne celebra la definitiva resa alla
maturita', viene appena accennato; fra le lunghe ballate di taglio
sempreverde,
talora monocordi e di argomenti non allegrissimi, ne ha scelte soltanto
tre: "Simple Life " dedicata all' eta' che avanza, "The One" che lo
magnifica come l' unico e "Last Song", la piu' tosta, che comincia con
le
identiche note di "Yesterday". Storia del rapporto riscoperto fra un
padre e un figlio che sta morendo: s' immagina di Aids. Ma il resto del
concerto e' centrato sulle canzoni piu' famose e ascoltate, che sono in
verita'
moltissime. E sara' stata forse la contiguita' con Clapton a fargli
esibire, a
muso duro, le virtu' pianistiche davvero notevoli: in "Mona Lisa 1
&
2" ha sfoggiato arrangiamenti jazzati raffinatissimi; in "Sad Song" un
prezioso lavorio blues e' stato enfatizzato dalla voce delle coriste;
"Rocket Man" ha un andamento sinfonico, "The Show Must Go On", si
sa, e' il "Ridi Pagliaccio" del pop. Pochi possono annoverare tanti
successi, che dal tragico trascolorano verso il tenero di "Daniel" o
"Sorry Seems to Be" fino alla recente "Sacrifice". Seppur
trionfale, non e' comunque un concerto allegro. Fiero della nuova
capigliatura
trapiantata, ELTON non ha piu' voglia di ballare sul pianoforte: il
glamour si
e' concentrato sugli abiti eccentrici e luminescenti. Da vera rockstar
Certo, questo
e' un concerto dove nessuno ha voglia di ridere. Meno di tutti, Eric
Clapton,
ancora provato dalla tragica morte del figlioletto Conor e da una serie
di
premature dipartite di amici carissimi. Stranamente, il dolore non ha
intaccato
il viso dello straordinario chitarrista, che pare piu' giovane di ELTON
JOHN;
lui e' un vero uomo blues, la sofferenza esce dalle inconfondibili
corde della
sua chitarra regalando suoni lancinanti e cristallini, che producono
emozioni
viscerali: nella sua band, c' e' gente come Nathan East, Steve Ferrone
o Chuck
Leavell, ma il cuore e' lui. Ballano lievi, i 35 mila, quando attacca
"I
Shot the Sherif" di Marley, nella sua versione ormai classica: e fra
"Pretending" e "She' s Waiting2, fra "Badge" e "Wonderful
Tonight", quando arriva "Tears in Heaven", dedicato a Conor dopo la
sua scomparsa, lo accompagna un silenzio affettuoso e partecipe.
Trionfo. Sotto
la pioggia.
Marinella Venegoni
|
|