logo
indice alfabetico - site map  I  immagini  I  articoli  I  elton in italy  I  testi in italiano  I  musicians & co.  I  concerti  I  discografia
 
forum  I  news   I  biografia  I  early days  I  friends I links  I  aggiornamenti  I  newsletter  I  contatti  I  varie  I  rarità  I  home

ELTON JOHN + band
Palatrussardi Milano
27 aprile 1989
 
 

Davey Johnstone - chitarre
Jonathan Moffett - batteria
Romeo Williams - basso
Guy Babylon - tastiere
Fred Mandel - tastiere e chitarre
Marlena Jeter, Natalie Jackson e Alex Brown - cori

supporter: Nik Kershaw


Sixty years on
I need you to turn to
The King must die
Burn down the mission
Sorry seems to be the hardest word
Have mercy on the criminal
Funeral for a friend - Love lies bleeding
I guess that's why they call it
Philadelphia freedom
Sad songs
Kiss the bride
A word in Spanish
Mona Lisas and mad hatters 1 & 2
Nikita
Daniel
I don't wanna go on with you like that
Candle in the wind

Saturday night's alright
Rocket man

Your song
I'm still standing



 

Il tour del 1989 era molto atteso perchè Elton John non era più ritornato in Italia dopo i due concerti al palatenda di Milano del 1984.  Inizialmente era prevista una sola data a Roma ma, viste le grandi richieste, furono aggiunto altre date all'Arena di Verona e al Palatrussardi di Milano, e parecchi biglietti già acquistati per Roma furono convertiti automaticamente secondo la località di residenza.  Il concerto del Palatrussardi seguiva quello del giorno precedente all'Arena di Verona.  Personalmente considero la band che accompagnava Elton allora quella meno adatta per la sua musica e in particolare il concerto di Verona meno riuscito rispetto a quello successivo di Milano.  In ogni caso l'accoglienza sia da parte del pubblico, sia da parte della stampa, fu molto buona e il tour si rivelò un grande successo.  In Italia poi, grazie all'enorme notorietà (tardiva) che aveva riscosso l'album Reg Strikes Back, Elton era sulla cresta dell'onda e si era guadagnato molti nuovi fans nelle nuove generazioni.
Da ricordare l'esperimento del biglietto elettronico, voluto dal promoter David Zard, fallito miseramente a causa del mal funzionamento dei lettori ottici e da allora abbandonato.

Beppe



The World 1989-90

Tra i protagonisti del Festival di Sanremo del 1989 un ruolo di primo piano lo ha sicuramente ricoperto Elton John. Il cantante inglese veniva da anni bui sia nel campo personale (vedi il divorzio e lo scandalo sui giornali) che in quello discografico (vedi il non felice Leather Jackets). Reg Strikes Back segnava dunque il “ritorno” alla ribalta del cantante inglese: uscito nel Luglio 1988, l’album in Italia è però letteralmente esploso solo dopo la trionfale apparizione al Festival del cantante inglese.
A Word in Spanish, uno dei brani presentati per l’occasione da Elton, è piombato in classifica arrivando ad essere addirittura il 4°/5° singolo dell’anno nelle nostre classifiche. Incredibilmente meglio l’album Reg Strikes Back! Sull’onda del successo sanremese, David Zard, il promoter italiano, ha proposto al nostro paese ben quattro concerti del genio di Pinner e del suo spettacolo The World 1989-90: a Verona, nella magnifica Arena, con addirittura la diretta televisiva mondiale (in Italia VideoMusic che produsse l’evento), a Milano, al Palatrussardi, e ben due al Palaeur di Roma.
Un tour importante, dunque, quello che lo vedeva finalmente protagonista anche in Italia dopo i mancati concerti del 1986 e che Elton ha onorato con grande professionalità. Forse non all’apice della sua carriera ha però dimostrato, dopo i problemi alle corde vocali e la successiva operazione, che Elton era ancora lì presente e pronto a colpire.

Luca Zerbini




Il mago Elton John classicamente rock
Un trionfo a Verona per il primo concerto del tour italiano dell’inglese


Un po’ di freddo, qualche goccia di pioggia pomeridiana, ma poi il tempo si è piegato, addolcito da questo concerto che ha inaugurato in pompa magna la stagione estiva dei concerti rock, nel clima più trionfale e festoso possibile, tra balli collettivi, sventoli di bandiere e luci colorate. Un clima del resto prevedibilissimo se consideriamo la brillante, esplosiva verve del maturo artista inglese, che ha compiuto da poco quarantadue anni, ma è decisissimo a non mollare il suo indiscusso primato di grande intrattenitore pop. Complice di questa festa la gioia del pubblico, e soprattutto l’Arena, il miglior scenario a disposizione del rock in Italia, forse in Europa.
Per la verità, è stata una data in un primo tempo osteggiata da Elton John, che non conosceva il luogo, poi accettata di buon grado, fino all’esaltazione del concerto, al punto che alla fine del concerto ha salutato il pubblico con un : “Grazie a tutti, non dimenticherò mai questa serata”. Probabilmente una dolce menzogna da amabile bugiardo, ma sicuramente non del tutto falsa se è vero, come ci è capitato di verificare in più occasioni, che i musicisti stranieri all’Arena si esaltano, avvolti dal pubblico che sembra quasi cadere sul palco, tanto è vicino alla scena, protetti da mura che hanno una storia da raccontare di sicuro più suggestiva di quelle delle moderne strutture in cemento armato nelle quali il rock viene abitualmente inserito. E per una festa all’insegna del divertimento e dell’allegria pop, non ci può essere un cerimoniere più adatto di Elton John, simpaticone istrione dai toni rassicuranti e cordiali, un signore-bambino che non nasconde la sua sfrenata voglia di gioco, e che ha interpretato i sentieri del pop nel modo più lineare che si possa immaginare.
Dopo circa trentacinque anni il rock’n’roll ha ormai una sua veste classica, un mainstream ufficiale, perfettamente codificato nelle sue regole essenziali. E se dovessimo scegliere un rappresentante tipico della sua classicità, non potrebbe essere che Elton John, abilissimo giocoliere del palcoscenico, intrattenitore amabile, suadente, musicalmente morbido e limpidissimo, ma allo stesso tempo capace di graffiare con improvvise sferzate di purissima energia rock.
Nella sua musica non c’è la vocazione innovativa di un Peter Gabriel, non c’è la drammaticità sofferta e visionaria di Elvis Costello, non c’è il fascino perverso di David Bowie, né tantomeno il genio compositivo di Paul MccCartney, per rimanere nell’ambito delle più importanti voci della musica inglese. Piuttosto c’è la malìa avvolgente e calorosa del buon artigianato musicale, l’onesta contagiosa di un musicista che ha saputo giocare con le canzoni, con lo spettacolo musicale, commettendo follie ai confini del kitsch, ma senza mai perdere di credibilità.
Ma se dobbiamo immaginare un protagonista centrale, equidistante da estreme spigolosità espressive, classico e abbastanza esemplare da poter incarnare una bonaria istituzione, un monumento vivente della musica pop, allora dobbiamo pensare ad Elton John.
Per capire questa posizione così centrale basta soffermarsi su uno dei pezzi in programma, ovvero lo scatenato Saturday Night’s Alright, uno dei numeri più eccitanti dello spettacolo. L’attacco rassomiglia a Gloria di Umberto Tozzi, mentre la parte centrale ricorda uno dei pezzi più cattivi dei Rolling Stones, ovvero Sugar Brown. Ma chi altri nel mondo potrebbe gettare un ponte così improponibile, almeno sulla carta, tra Tozzi e gli Stones, se non il beffardo e funambolico Elton John, un mago dei travestimenti, delle clownerie, del grottesco.
Nella sua lunga carriera ha pensato soprattutto a divertire, tra effetti circensi e sorprese d’effetto. Si è distinto per questa immagine di rock’n’roll teatrale e colorito, ma anche per un eccezionale gusto nella composizione di canzoni pop. Oggi, in piena rinascita dopo un periodo difficile, punta quasi tutto sulla musica. Incredibilmente, se pensiamo ai cambi di vestito, alle parrucche irreali, ai pazzeschi cappellini di un tempo, se ne sta per tutte le due ore del concerto seduto al pianoforte elettrico, a snocciolare uno dopo l’altro tutti i mattoni principali del suo sterminato canzoniere: le vecchie, sentimentali melodie di Sixty Years On o di Your Song, ovvero capolavori dell’esordio, i rock’n’roll travolgenti di I’m Still Standing, Mona Lisas and Mad Hatters, Have A Mercy On the Criminal, le ballate un po’ melense tipo Daniel o quella di grande suggestione drammatica tipo Candle In The Wind, dedicata come noto alla memoria di Marylin Monroe. Più quella dell’ultimo disco, ovviamente, come A Word In Spanish. Ma come ben sanno i suoi seguaci, di canzoni così Elton John ne avrebbe a disposizione molte di più di quante non riesca a proporne in concerto.
Se un tempo il suo concerto sembrava il sogno di chi avrebbe voluto forse nascere tra i costumi lussureggiati e fantasiosi del musical anni ’30, la ironica rappresentazione nostalgica di una diva nata fuori tempo, oggi siamo di fronte a un maturo cantautore che ha deciso di spazzare via molti degli effetti su cui aveva costruito la fama di intrattenitore, per privilegiare interamente la musica, per ricostruire la sua strada partendo dal repertorio che ha accumulato strada facendo, che canta come un ossesso, che scatena ritmi e fantasmagorie pianistiche più da musicista che da istrione, come invece avveniva in passato. Anche se l’operazione subita alle corde vocali, e forse anche l’umidità della serata, gli hanno visibilmente tolto qualche guizzo vocale, soprattutto sul falsetto, e gli hanno anche lievemente sgranato la voce, altrimenti robustissima, così che il preludio a Sad Songs concepito come gioco di destrezze vocali tra lui e le tre coriste di colore, ne è risultato un poco indebolito.
Ma per il resto Elton John, apparso perfino sobrio, relativamente al suo passato, ha travolto l’Arena con la sua musica effervescente, piacevole, adatta a tutti i gusti e a tutte le stagioni, esempio raro di una musica pop da manuale, innocua e coloratissima. A modo suo un protagonista, che da vent’anni a questa parte dimostra al monda come si possa diventare una rockstar con la faccia meno adatta possibile: miope, grassottello, calvo.

di Gino Castaldo
da Repubblica del 27/04/1989





C’è anche un treno rock per Elton John
Esauriti tutti i posti al Palatrussardi, in arrivo fans su vagoni speciali


I cancelli del Palatrussardi stasera si apriranno alle 18.30 e un fiume di gente occuperà tutti i posti disponibili del teatrotenda, in attesa di Elton John e delle sue canzoni. I biglietti (peraltro salati: 38.500 lire, e mille lire in più se acquistati presso gli sportelli della BNL) sono esauriti da tempo. Ma non dovrebbero esserci problemi: l’impresario David Zard (organizzatore nazionale) e la Kono Music (a livello cittadino) hanno predisposto un imponente servizio d’ordine e metteranno in funzione, per la prima volta, nove macchine magnetiche che annulleranno i biglietti.
E’ stato organizzato anche un treno rock (da Torino e Bologna), per accontentare i fans d’altre città. Sono soltanto tre le tappe italiane del tour per quattro concerti: Verona (all’Arena, ieri), Milano (stasera) e Roma (Palaeur, domani e sabato sera). Il giro di Elton John proseguirà poi per Vienna.
Elton John si esibirà stasera accompagnato da una band composta da Davey Johnstone (chitarra), Guy Babylon e Fred Mendel (tastiere), Romeo Williams (basso),Jonathan P. “Sugarfoot” Moffett (batteria) e da un coretto formato da Nathalie Jackson, Mortonette Jenkins e Marlena Jeter.
Tra le canzoni annunciate in locandina, Elton John promette Sixty Years On e The King Must Die, Your Song e Candle In the Wind per concludere con I’m Still Standing e, per soli strumenti, Song For Guy. Il musicista cantante non rinuncerà alla sua caratteristica che è quella di altalenare dallo scatenato rock’n’roll alla ballata melodica, spaziando in un repertorio in grado di accontentare diverse fasce di pubblico.
Supporter di lusso, la band di Nik Kershaw, che comincerà a suonare alle 20.00 mentre l’esibizione di Elton John è prevista per le 21.00.
Si diceva che c’è grande attesa per questo concerto: il disco più recente di Elton John Reg Strikes Back, è finito nelle classifiche di vendita di tutto il mondo. Reginald, come è noto, è il vero nome di Elton John, nato il 25 Marzo 1947 a Pinner.
La sua ultima apparizione, al Festival di Sanremo, fu un autentico successo, che l’artista conta ora di bissare in questa quattro giorni italiana.

dal Corriere della Sera del 27/04/1989





Elton John, trionfo annunciato
Migliaia di fans hanno accolto la rockstar che ha aperto a Verona e a Milano la grande stagione dei concerti all’aperto: oggi e domani è a Roma.


Oltre novemila spettatori festanti hanno assistito ieri sera al Palatrussardi di Milano al secondo concerto italiano di Elton John. E’ stato il classico trionfo annunciato: basti pensare che i novemila biglietti disponibili sono andati esauriti in poche ora, prima ancora che iniziasse l’affissione dei manifesti. Ieri sera comunque il divario esistente fra domanda e offerta di posti non ha dato luogo a inconvenienti, mentre l’organizzatore David Zard ha ventilato la possibilità di effettuare due repliche straordinarie dello show a metà Maggio sempre al Palatrussardi.
Gran bella festa il concerto di Elton John, ottimo inizio di una stagione che, con l’imminente arrivo (in maggio) dei Pink Floyd e dei Bee Gees, vedrà probabilmente la riscossa della vecchia pop music e del rock melodico.
Ieri sera gli spettatori del Palatrussardi hanno ballato cantato e applaudito per oltre due ore i classici di questo intramontabile campione (come del resto era accaduto l’altra sera all’Arena di Verona - miracolosamente risparmiata dalla pioggia - davanti a 16 mila spettatori). Elton è apparso più in forma rispetto al debutto parigino: grintoso, preciso ma anche molto spettacolare pur senza eccessi.
Elton John, al centro di un vistoso allestimento costituiti da una fantasmagoria di luci nel contesto di una scena articolata in geometrie essenziali, ha iniziato il concerto poco prima delle 21.00 con passione ed enfasi col brano Sixty Years On, proponendo subito dopo motivi sempreverdi della sua carriera come I Need You To Turn To e The King Must Die. Al completo verdino adottato a Verona aveva sostituito una più sobria tenuta nera, non rinunciando peraltro a sfoggiare i suoi caratteristici cappelli a bustina adornati di diamanti, gli immancabili occhiali neri e l’armamentario di orecchini.
Elton John si è scatenato alle tastiere generando, con l’aiuto della band di cinque elementi e di tre sorridenti vocalist, quell’affascinante impasto sonoro che è il pop inglese della vecchia scuola, alternando momenti ballabili quasi funky ad atmosfere di soave romanticismo (come in Sorry Seems To Be The Hardest Word) con parentesi melodrammatiche (Have a Mercy On a Criminal).
Fra le canzoni più applaudite Sad Songs (partita in clima gospel con efficaci controcanti fra Elton John e le coriste e chiusa a ritmo di rock and roll) Kiss The Bride, A Word in Spanish.
Elton John, che il mese di Marzo ha compiuto 42 anni, sembra aver superato ogni imbarazzo legato all’abbandono del tradizionale pianoforte a coda bianco in favore delle tastiere elettronicheed anche il trauma del matrimonio (naufragato) con Renate, degli assalti della stampa scandalistica inglese, nonché quel ben più grave intervento vocale subito due anni fa in Australia. E’ apparso in rotta con l’immagine trasgressiva del passato e anche con quella dell’eterno giullare che si trastulla con le note. Non è salito in piedi sul pianoforte (elettrico), ma (almeno a Verona) non ha rinunciato a scivolare sotto il medesimo tenendo solo le mani sulla tastiera e nemmeno a salire sulla sua poltroncina per dirigere, come un maestro dal podio, il coro della folla in una delle sue ultime canzoni.
L’entusiasmo è andato alle stelle con la dolce Nikita, con Candle In the Wind e soprattutto con Saturday Night’s Alright. Lo show durante il quale Elton John si è rivolto al pubblico con un discreto italiano, si è concluso con I’m Still Standing.
Quindi alcuni bis tra cui Too Low For Zero. Successo trionfale di un grande artista che si è concesso senza risparmio e che riesce sempre ad evocare nei meno giovani le emozioni della musica degli anni Settanta: Elton John resta dunque un mito secondo solo ai Beatles. Ottima la band composta da Davey Johnstone (chitarra), Guy Babylon e Fred Mendel (tastiere), Romeo Williams (basso),Jonathan P. “Sugarfoot” Moffett (batteria). Si replica stasera e domani al Palaeur.

Mario Luzzato Fegiz
dal Corriere della Sera del 28/04/1989