Il mago Elton John classicamente rock
Un trionfo a Verona per il primo concerto del tour italiano dell’inglese
Un
po’ di freddo, qualche goccia di pioggia pomeridiana, ma poi il tempo
si è piegato, addolcito da questo concerto che ha inaugurato in pompa
magna la stagione estiva dei concerti rock, nel clima più trionfale e
festoso possibile, tra balli collettivi, sventoli di bandiere e luci
colorate. Un clima del resto prevedibilissimo se consideriamo la
brillante, esplosiva verve del maturo artista inglese, che ha compiuto
da poco quarantadue anni, ma è decisissimo a non mollare il suo
indiscusso primato di grande intrattenitore pop. Complice di questa
festa la gioia del pubblico, e soprattutto l’Arena, il miglior scenario a
disposizione del rock in Italia, forse in Europa.
Per la verità, è
stata una data in un primo tempo osteggiata da Elton John, che non
conosceva il luogo, poi accettata di buon grado, fino all’esaltazione
del concerto, al punto che alla fine del concerto ha salutato il
pubblico con un : “Grazie a tutti, non dimenticherò mai questa serata”.
Probabilmente una dolce menzogna da amabile bugiardo, ma sicuramente non
del tutto falsa se è vero, come ci è capitato di verificare in più
occasioni, che i musicisti stranieri all’Arena si esaltano, avvolti dal
pubblico che sembra quasi cadere sul palco, tanto è vicino alla scena,
protetti da mura che hanno una storia da raccontare di sicuro più
suggestiva di quelle delle moderne strutture in cemento armato nelle
quali il rock viene abitualmente inserito. E per una festa all’insegna
del divertimento e dell’allegria pop, non ci può essere un cerimoniere
più adatto di Elton John, simpaticone istrione dai toni rassicuranti e
cordiali, un signore-bambino che non nasconde la sua sfrenata voglia di
gioco, e che ha interpretato i sentieri del pop nel modo più lineare che
si possa immaginare.
Dopo circa trentacinque anni il rock’n’roll ha
ormai una sua veste classica, un mainstream ufficiale, perfettamente
codificato nelle sue regole essenziali. E se dovessimo scegliere un
rappresentante tipico della sua classicità, non potrebbe essere che
Elton John, abilissimo giocoliere del palcoscenico, intrattenitore
amabile, suadente, musicalmente morbido e limpidissimo, ma allo stesso
tempo capace di graffiare con improvvise sferzate di purissima energia
rock.
Nella sua musica non c’è la vocazione innovativa di un Peter
Gabriel, non c’è la drammaticità sofferta e visionaria di Elvis
Costello, non c’è il fascino perverso di David Bowie, né tantomeno il
genio compositivo di Paul MccCartney, per rimanere nell’ambito delle più
importanti voci della musica inglese. Piuttosto c’è la malìa avvolgente
e calorosa del buon artigianato musicale, l’onesta contagiosa di un
musicista che ha saputo giocare con le canzoni, con lo spettacolo
musicale, commettendo follie ai confini del kitsch, ma senza mai perdere
di credibilità.
Ma se dobbiamo immaginare un protagonista centrale,
equidistante da estreme spigolosità espressive, classico e abbastanza
esemplare da poter incarnare una bonaria istituzione, un monumento
vivente della musica pop, allora dobbiamo pensare ad Elton John.
Per
capire questa posizione così centrale basta soffermarsi su uno dei pezzi
in programma, ovvero lo scatenato Saturday Night’s Alright, uno dei
numeri più eccitanti dello spettacolo. L’attacco rassomiglia a Gloria di
Umberto Tozzi, mentre la parte centrale ricorda uno dei pezzi più
cattivi dei Rolling Stones, ovvero Sugar Brown. Ma chi altri nel mondo
potrebbe gettare un ponte così improponibile, almeno sulla carta, tra
Tozzi e gli Stones, se non il beffardo e funambolico Elton John, un mago
dei travestimenti, delle clownerie, del grottesco.
Nella sua lunga
carriera ha pensato soprattutto a divertire, tra effetti circensi e
sorprese d’effetto. Si è distinto per questa immagine di rock’n’roll
teatrale e colorito, ma anche per un eccezionale gusto nella
composizione di canzoni pop. Oggi, in piena rinascita dopo un periodo
difficile, punta quasi tutto sulla musica. Incredibilmente, se pensiamo
ai cambi di vestito, alle parrucche irreali, ai pazzeschi cappellini di
un tempo, se ne sta per tutte le due ore del concerto seduto al
pianoforte elettrico, a snocciolare uno dopo l’altro tutti i mattoni
principali del suo sterminato canzoniere: le vecchie, sentimentali
melodie di Sixty Years On o di Your Song, ovvero capolavori
dell’esordio, i rock’n’roll travolgenti di I’m Still Standing, Mona
Lisas and Mad Hatters, Have A Mercy On the Criminal, le ballate un po’
melense tipo Daniel o quella di grande suggestione drammatica tipo
Candle In The Wind, dedicata come noto alla memoria di Marylin Monroe.
Più quella dell’ultimo disco, ovviamente, come A Word In Spanish. Ma
come ben sanno i suoi seguaci, di canzoni così Elton John ne avrebbe a
disposizione molte di più di quante non riesca a proporne in concerto.
Se
un tempo il suo concerto sembrava il sogno di chi avrebbe voluto forse
nascere tra i costumi lussureggiati e fantasiosi del musical anni ’30,
la ironica rappresentazione nostalgica di una diva nata fuori tempo,
oggi siamo di fronte a un maturo cantautore che ha deciso di spazzare
via molti degli effetti su cui aveva costruito la fama di
intrattenitore, per privilegiare interamente la musica, per ricostruire
la sua strada partendo dal repertorio che ha accumulato strada facendo,
che canta come un ossesso, che scatena ritmi e fantasmagorie pianistiche
più da musicista che da istrione, come invece avveniva in passato.
Anche se l’operazione subita alle corde vocali, e forse anche l’umidità
della serata, gli hanno visibilmente tolto qualche guizzo vocale,
soprattutto sul falsetto, e gli hanno anche lievemente sgranato la voce,
altrimenti robustissima, così che il preludio a Sad Songs concepito
come gioco di destrezze vocali tra lui e le tre coriste di colore, ne è
risultato un poco indebolito.
Ma per il resto Elton John,
apparso perfino sobrio, relativamente al suo passato, ha travolto
l’Arena con la sua musica effervescente, piacevole, adatta a tutti i
gusti e a tutte le stagioni, esempio raro di una musica pop da manuale,
innocua e coloratissima. A modo suo un protagonista, che da vent’anni a
questa parte dimostra al monda come si possa diventare una rockstar con
la faccia meno adatta possibile: miope, grassottello, calvo.
di Gino Castaldo
da Repubblica del 27/04/1989
C’è anche un treno rock per Elton John
Esauriti tutti i posti al Palatrussardi, in arrivo fans su vagoni speciali
I
cancelli del Palatrussardi stasera si apriranno alle 18.30 e un fiume
di gente occuperà tutti i posti disponibili del teatrotenda, in attesa
di Elton John e delle sue canzoni. I biglietti (peraltro salati: 38.500
lire, e mille lire in più se acquistati presso gli sportelli della BNL)
sono esauriti da tempo. Ma non dovrebbero esserci problemi: l’impresario
David Zard (organizzatore nazionale) e la Kono Music (a livello
cittadino) hanno predisposto un imponente servizio d’ordine e metteranno
in funzione, per la prima volta, nove macchine magnetiche che
annulleranno i biglietti.
E’ stato organizzato anche un treno rock
(da Torino e Bologna), per accontentare i fans d’altre città. Sono
soltanto tre le tappe italiane del tour per quattro concerti: Verona
(all’Arena, ieri), Milano (stasera) e Roma (Palaeur, domani e sabato
sera). Il giro di Elton John proseguirà poi per Vienna.
Elton John si
esibirà stasera accompagnato da una band composta da Davey Johnstone
(chitarra), Guy Babylon e Fred Mendel (tastiere), Romeo Williams
(basso),Jonathan P. “Sugarfoot” Moffett (batteria) e da un coretto
formato da Nathalie Jackson, Mortonette Jenkins e Marlena Jeter.
Tra
le canzoni annunciate in locandina, Elton John promette Sixty Years On e
The King Must Die, Your Song e Candle In the Wind per concludere con
I’m Still Standing e, per soli strumenti, Song For Guy. Il musicista
cantante non rinuncerà alla sua caratteristica che è quella di
altalenare dallo scatenato rock’n’roll alla ballata melodica, spaziando
in un repertorio in grado di accontentare diverse fasce di pubblico.
Supporter
di lusso, la band di Nik Kershaw, che comincerà a suonare alle 20.00
mentre l’esibizione di Elton John è prevista per le 21.00.
Si diceva
che c’è grande attesa per questo concerto: il disco più recente di Elton
John Reg Strikes Back, è finito nelle classifiche di vendita di tutto
il mondo. Reginald, come è noto, è il vero nome di Elton John, nato il
25 Marzo 1947 a Pinner.
La sua ultima apparizione, al Festival di
Sanremo, fu un autentico successo, che l’artista conta ora di bissare in
questa quattro giorni italiana.
dal Corriere della Sera del 27/04/1989
Elton John, trionfo annunciato
Migliaia
di fans hanno accolto la rockstar che ha aperto a Verona e a Milano la
grande stagione dei concerti all’aperto: oggi e domani è a Roma.
Oltre
novemila spettatori festanti hanno assistito ieri sera al Palatrussardi
di Milano al secondo concerto italiano di Elton John. E’ stato il
classico trionfo annunciato: basti pensare che i novemila biglietti
disponibili sono andati esauriti in poche ora, prima ancora che
iniziasse l’affissione dei manifesti. Ieri sera comunque il divario
esistente fra domanda e offerta di posti non ha dato luogo a
inconvenienti, mentre l’organizzatore David Zard ha ventilato la
possibilità di effettuare due repliche straordinarie dello show a metà
Maggio sempre al Palatrussardi.
Gran bella festa il concerto di Elton
John, ottimo inizio di una stagione che, con l’imminente arrivo (in
maggio) dei Pink Floyd e dei Bee Gees, vedrà probabilmente la riscossa
della vecchia pop music e del rock melodico.
Ieri sera gli spettatori
del Palatrussardi hanno ballato cantato e applaudito per oltre due ore i
classici di questo intramontabile campione (come del resto era accaduto
l’altra sera all’Arena di Verona - miracolosamente risparmiata dalla
pioggia - davanti a 16 mila spettatori). Elton è apparso più in forma
rispetto al debutto parigino: grintoso, preciso ma anche molto
spettacolare pur senza eccessi.
Elton John, al centro di un vistoso
allestimento costituiti da una fantasmagoria di luci nel contesto di una
scena articolata in geometrie essenziali, ha iniziato il concerto poco
prima delle 21.00 con passione ed enfasi col brano Sixty Years On,
proponendo subito dopo motivi sempreverdi della sua carriera come I Need
You To Turn To e The King Must Die. Al completo verdino adottato a
Verona aveva sostituito una più sobria tenuta nera, non rinunciando
peraltro a sfoggiare i suoi caratteristici cappelli a bustina adornati
di diamanti, gli immancabili occhiali neri e l’armamentario di
orecchini.
Elton John si è scatenato alle tastiere generando, con
l’aiuto della band di cinque elementi e di tre sorridenti vocalist,
quell’affascinante impasto sonoro che è il pop inglese della vecchia
scuola, alternando momenti ballabili quasi funky ad atmosfere di soave
romanticismo (come in Sorry Seems To Be The Hardest Word) con parentesi
melodrammatiche (Have a Mercy On a Criminal).
Fra le canzoni più
applaudite Sad Songs (partita in clima gospel con efficaci controcanti
fra Elton John e le coriste e chiusa a ritmo di rock and roll) Kiss The
Bride, A Word in Spanish.
Elton John, che il mese di Marzo ha
compiuto 42 anni, sembra aver superato ogni imbarazzo legato
all’abbandono del tradizionale pianoforte a coda bianco in favore delle
tastiere elettronicheed anche il trauma del matrimonio (naufragato) con
Renate, degli assalti della stampa scandalistica inglese, nonché quel
ben più grave intervento vocale subito due anni fa in Australia. E’
apparso in rotta con l’immagine trasgressiva del passato e anche con
quella dell’eterno giullare che si trastulla con le note. Non è salito
in piedi sul pianoforte (elettrico), ma (almeno a Verona) non ha
rinunciato a scivolare sotto il medesimo tenendo solo le mani sulla
tastiera e nemmeno a salire sulla sua poltroncina per dirigere, come un
maestro dal podio, il coro della folla in una delle sue ultime canzoni.
L’entusiasmo
è andato alle stelle con la dolce Nikita, con Candle In the Wind e
soprattutto con Saturday Night’s Alright. Lo show durante il quale Elton
John si è rivolto al pubblico con un discreto italiano, si è concluso
con I’m Still Standing.
Quindi alcuni bis tra cui Too Low For Zero.
Successo trionfale di un grande artista che si è concesso senza
risparmio e che riesce sempre ad evocare nei meno giovani le emozioni
della musica degli anni Settanta: Elton John resta dunque un mito
secondo solo ai Beatles. Ottima la band composta da Davey Johnstone
(chitarra), Guy Babylon e Fred Mendel (tastiere), Romeo Williams
(basso),Jonathan P. “Sugarfoot” Moffett (batteria). Si replica stasera e
domani al Palaeur.
Mario Luzzato Fegiz
dal Corriere della Sera del 28/04/1989
|