le recensioni di
Beppe Donadio (3)
Songs From The West Coast
Piccoli brividi.
Vuoti d'aria.
'Già sentito, ma
dove?'. Chi
se ne importa. E' bellissimo.
Non l'ho mai scoperto
davvero, quel
'già sentito'.
Il fatto è che
almeno sino a
Breaking Hearts in Elton John convivono
soluzioni armoniche e
melodiche
talmente 'pure' da spingerti a credere di
averle già
ascoltate.
Se proprio devo definire la
sensazione,
direi si tratti di qualcosa di
simile a quella stupida frase
da cascamorto
'...mi sembra di conoscerti da
sempre...', che è
sì
un'espressione da cinquantenni al night club, ma che,
se si è
innamorati, un fondo
di verità ce l'ha.
Arte.
Arte minore, ma pur sempre
arte.
'Songs from the West
Coast', ovvero
la storia di quell'uomo che aspetta per
anni davanti al negozio di
dischi,
con la certezza che nulla potrà più
accadere.
Provate a tingere
Julia Roberts di grigio. vMettetele
un paio di occhiali
spessi due dita, un vestitino
insignificante
da perpetua e un neo peloso
sotto il labbro inferiore. E
cercate
di convincere il suo pubblico che è
soltanto una svolta nella
carriera.
E poi chiedete alla critica di parlarne
bene: stupitevi, se volete,
se nessuno
parla più dei suoi occhi da
cerbiatta, il sorriso dolce,
e tutto
il resto.
Da Sotheby's Elton
John si è
venduto molto più dei vestiti.
Se avevi soldi, in quei
giorni, si
battevano all'asta qualche metro della
sua ispirazione, qualche etto
di poesia,
e scatole intere di dignità
musicale, persa mortificando
il suono
del proprio strumento, attorniandosi
di perfetti sconosciuti e
giocandosi
la credibilità del proprio lavoro nelle
mani di un
produttore/hooligan.
Quell'uomo davanti
alla vetrina, che
aspetta l'album che non verrà, ci è
rimasto male davvero. E si
è
sentito tradito, come ascoltatore, e come
musicista.
Eppure era lì ogni
anno, davanti
a quel negozio. E non si è perso nemmeno un
cd. Anche se si
è chiesto
spesso il perchè.
Nella sua mente le immagini
di Elvis
Obeso Presley che si asciuga il sudore
e consegna salviette bagnate
nelle
mani di deliranti teenagers in lacrime,
nel suo ultimo show.
Frank Sinatra che canta
l'ennesima
'My Way' al MSG, alticcio e malfermo.
Per un attimo a quest'uomo
è
sembrato che 'One Night Only' fosse il triste,
patetico addio di qualcuno
che era
stato il più grande, e non sapeva salvare
la pelle e la faccia.
E invece.
Piccoli brividi. Vuoti d'aria.
Non grido al
capolavoro.
Sento di essere in credito di
buona
musica da molto tempo.
Voglio pensare che 'Songs
from the
West Coast' sia un piccolo risarcimento.
Orchestra e
strumentisti. E ballads,
e pulizia del suono. Ed un pianoforte
acustico.
Quanto è complessa
la semplicità.
I piccoli brividi di 'The
Emperor'
e 'American Triangle'; il lungo,
splendido vuoto d'aria di
'Boy in the
Red Shoes'.
A volte ritornano.
|
Peachtree Road
IL PESO DEL MONDO
Nel finale di "Manhattan", vecchio cult
del 1977, Woody Allen si siede sul divano, per fare una rapida e disperata
lista delle cose per le quali vale la pena di vivere.
E dentro ci finiscono movimenti di
sinfonie, luoghi, gli occhi di Mariel Hemingway e qualt'altro.
E' un lavoro da rispolverare ogni tanto,
per ricordarsi dell'esistenza di punti fermi, nello scorrere balordo dei
giorni e l'alternanza dei picchi di entusiasmo e quelli
di vili rinunce a capire il significato
delle cose. Che non esiste.
C'è un piccolo, morboso, sensuale
piacere che sta in azioni apparentemente scontate, quali quella di scartare
il cellophane dall'oggetto cd, sfiorarne la freschezza di
stampa, forzarne la piegatura delle
pagine, rispettando gli angoli perfettamente rigidi, dannandosi l'anima
per un case danneggiato, o graffi non visti.
Il tutto per il breve momento dell'acquisto,
perchè come per SFTWC l'oggetto cd Peachtree Road diventerà
la cosa più usata e sgualcita dell'anno, che se la superficie
del cd potesse svelarne gli innumerevoli
ascolti, come una volta il vinile, sincero e vulnerabile...
Weight of The World è un ricordo
talmente vecchio e attuale da non poterne fare a meno. E' una vecchia fiamma,
tutto quello per cui tutto è cominciato.
E Peachtree Road è di una eleganza
che stupisce, a partire dalle note a retro, dove compare "produced by Elton
John", come se venti anni di Clive Franks, Chris Thomas,
ed affini fossero il peggiore degli
incubi sonori che il sonno dell'equilibrio potesse produrre.
Un album di tale coerenza stilistica
e privo di eccessi che sul retro del cd sarebbe potuto comparire "arrangiato
da James Newton Howard", o "prodotto da Phil Ramone",
quelli che le cose sanno metterle dove
serve, senza fuochi d'artificio e trombette di carnevale.
Quanta forza e quanta America in Porch
Swing in Tupelo, quanta in They Call Her The Cat, dal piglio Huey Lewis
& The News, e, grazie al cielo, il cielo ci
restituisce ballads semplici e contenute
come Freaks in Love, e My Elusive Drug, noir musicale da palcoscenico.
Non c'è un singolo della forza
di I Want Love, se un limite si deve cogliere, perchè All That I'm
Allowed è un esperimento di gran classe, ma che non sfonderà
le charts.
Come Answer In The Sky, macchinosa
quanto il fallito tentativo di scrivere la più inglese delle canzoni
country, Turn The Lights Out When You Live.
E comunque non importa, perchè
la storia scorre fluida e rispettosa della natura acustica di questo lavoro;
nulla stona, o suona invasivo, in Peachtree Road, nessuna di
queste dodici composizioni ricade nel
misero e disperato tentativo di comporre un numero uno (Original Sin), ma
ogni canzone è un convoglio dello stesso treno,
puntuale e silenzioso come un TGV,
con grandi finestrini sull'anima e aria condizionata che non infastidisce.
SFTWC ha fatto da splendido garante
di un futuro dignitoso e rispettoso dell'Artista. Tutto appare ispirato,
bilanciato e funzionale al risultato finale di un album che è musicalmente
e compositivamente un concept-album, e nelle parole di Taupin un'alternanza
di graffi e carezze da letteratura sudamericana.
Sensualità, sorpresa, passione.
Lo stesso senso di piacevole smarrimento nel rivedere una donna dieci anni
dopo, adulta e bellissima, nuova e pericolosamente
attraente. 12 canzoni che sanno di
cartone, di copertina, di busta con sopra i testi, di ingranaggi e puntina,
di analogico e legno, di lancette e manopole.
Era l'ultima traccia. Ancora Weight
of The World: e chi si stancherà mai...
|
The Captain And The Kid
Il Tropico Del Capitano
Adoro l'autoradio. Soprattutto quando l'attinenza tra il viaggio ed un concept album è così evidente.
A volte in auto ci resto un pò di più, fino a che la
canzone finisce, perchè mi sembra un peccato parcheggiare e
spegnere.
C'è
chi la musica la ascolta mentre cucina, chi nel bagno di prima mattina,
chi isolato da cuffie in plastica che partono da aggeggi bianchi
dall'estetica dannatamente accattivante. Quelli che Forres Gump direbbe
provengano dal suo "Negozio di Mele".
Ho consegnato il disco ai meccanismi silenziosi di un'autoradio dal display blu, che in pochi istanti segna "traccia 1".
L'ho
fatto con questo pensiero: "The Captain & The Kid" è la fine di un
viaggio? Oppure ci sarà un "Elton John" numero due? Un "Tumbleweed
Connection" reloaded?
L'importante è non aspettarsi che il seguito sia migliore del primo, perchè non succede mai.
In
"Captain & The Kid" non ci sono singoli che fanno la storia del
rock. Di singoli così non ce ne sono da molti anni, nella discografia
di Elton John.
Ma ci interessa davvero avere "singoli di successo"? Sono indispensabili, oggi?
Non
ci sono hits, in "The Captain & The Kid", perchè questo non è un
disco pop, con le regole stantie e retrograde del pop, non è un disco
con l'adesivo "contiene il grande successo...". "The Captain & The
Kid" è un musical, uno spettacolo itinerante. Dieci belle canzoni.
E alla fine un pugno nello stomaco da mettere in discussione quel luogo comune che gli uomini non devono piangere.
In
"Postcards From Richard Nixon" c'è la ritmica di "Captain Fantastic
& The Brown Dirt Cowboy", traccia numero uno di trent'anni fa, una
delle cose più belle mai scritte in epoca di album mangiaclassifiche.
"Just Like Noah's Ark" è una "Tulsa Time" riveduta e corretta, con le
armonie di "Restless" e le soluzioni di "They Call Her The Cat", la
solita canzone-diretto delle dieci e quindici, con la locomotiva tirata
da Nigel Olsson (i soliti pochi colpi, essenziali e decisivi).
"Tinderbox", più inglese di così si muore, apre a "The House Fell
Down", New Orleans nei suoni e tanto pianoforte da mettere sottovuoto e
conservare con cura.
Durante il viaggio la notte mi riporta "The
Bridge" come non l'avevo vista. E cioè all'interno del lungo piano
sequenza di "The Captain & The Kid".
Da sola è come l'unico sopravvissuto ad un disastro aereo. Dispersa.
Dentro
al corso della storia di quest'album, invece, "The Bridge" è un salto
nel vuoto, così vicina alla solitudine di "Breaking Hearts", gioiello
del disco omonimo, in quell'epoca in cui zio Elton scriveva storie di
tre minuti, e dentro c'erano emozioni lunghe un'ora.
Da "The Bridge"
in poi il film "Captain & The Kid" dà il meglio di sè, fino alla
canzone che ti aspetti da vent'anni, quella col rif che resta in testa
due giorni, a chiudere un viaggio di 200 chilometri, il mio di questa
notte, e quello di Captain Fantastic, iniziato 31 anni fa. Un viaggio
che finisce alla tracca dieci, "The Captain & The Kid", con tutti i
mandolini migliori di Johnstone che dà il giusto seguito artistico alla
prima opera. Un seguito che, quanto a qualità sonora, suona
dannatamente bene.
E' su "Captain & The Kid" traccia dieci
che il conducente al chilometro 100 lascia andare una lacrima, per
questo ciclo che in qualche modo si è chiuso, quello del Capitano e del
Cowboy, per questa voglia di hip hop da far cadere le braccia, per
questa storia infinita che al di là di ogni sviluppo ci ha reso e ci
rende ancora tutti uguali, tutti Capitani o Cowboys, tutti insieme, chi
con le cuffie, chi dentro l'auto, chi sprofondato in poltrona, chi nel
mezzo di una corsa a piedi, tutti quanti uniti da 10 nuove storie, che,
è vero, non sono supernove, ma insieme fanno una dignitosa
costellazione, il Tropico del Capitano Fantastico, che adesso è
costellazione di doppia bellezza.
E' vero. You can't go back. Non si può tornare indietro.
Ma thanks God the music's still alive.
|
© badsideofthemoon
|
|