RECENSIONI
DEI VISITATORI
The One
inviate la vostra
recensione di un disco
di Elton e sarà pubblicata in questa sezione.
non preoccupatevi, non
cerchiamo critici
professionisti, ma le impressioni, positive o negative, dei fans!
di Angelo (aprile 2007)
Chiuso l’altalenante decennio degli anni ’80, Elton John si prende un
periodo di pausa, durante il quale riesce a disintossicarsi dall’alcool
e da quell’immagine estrema e notevolmente kitch che lo aveva
caratterizzato principalmente tra il 1982 e il 1986; deciso a rinnovare
la sua vita umana e professionale, Elton ritorna in studio di
registrazione, insieme all’immancabile paroliere Bernie Taupin, per
preparare un nuovo album.
La totale produzione dei pezzi viene
affidata a Chris Thomas, il quale decide di far evolvere completamente
la musica di Elton compiendo quel processo di modernizzazione già
avviato con l’album Sleeping with the past, utilizzando al massimo
tastiere e sintetizzatori.
Nei primi mesi del ’92, nasce così The One, 11 brani, dai suoni freschi e moderni, ma che non fa rimpiangere (almeno per il sottoscritto) gli album del passato.
Oltre all’omonima The One, dal suono melodico e d’atmosfera, l’album presenta un bellissimo duetto con il grande Eric Clapton, Runaway train,
nel quale l’abile tastiera di Elton si alterna alla rockeggiante
chitarra di Eric; da ricordare inoltre, quello che a mio giudizio è il
più bell’esempio di come musica e parole possano creare insieme dei
capolavori: The last song, toccante pezzo che affronta il rapporto padre-figlio velato dalla tragedia dell’AIDS.
Altro pezzo memorabile è Sweat it out,
brano dai suoni metallici, forse un po’ pesanti, ma con un assolo
di pianoforte nei minuti finali a dir poco eccezionale.
La
pubblicazione dell’album viene anticipata dal singolo omonimo e da un
tour estivo in giro per l’Europa; il singolo The One raggiunge ottime
posizioni sia in UK che in USA, facendo scalare l’omonimo album fino al
#2° posto in UK alla prima settimana di vendita.
Ad agosto, esce il
secondo singolo, Runaway train, il bellissimo duetto con Eric Clapton,
che non ottiene però lo stesso successo del singolo precedente;
terminato il tour europeo, Elton sbarca negli USA con una lunga serie
di concerti tra agosto e novembre, toccando anche Canada e Messico.
E’
in questo periodo che esce il terzo singolo, The last song, il pezzo
più bello dell’intero album, che ottiene giustamente il successo che si
merita, piazzandosi nelle Top30 dei mercati UK e USA.
Con l’arrivo
del nuovo anno, Elton si imbarca in un nuovo tour, riprendendo a girare
per gli USA e il Canada tra aprile e maggio ’93; in questo periodo si
chiude anche la promozione dell’album, con l’uscita del quarto singolo,
Simple life,
una delle canzoni meno riuscite di Elton, con un testo elogiativo della
vita, ma monotono e incredibilmente ripetitivo; il successo ottenuto è
molto limitato, specialmente in UK.
Elton termina definitivamente il
tour in Sud Africa, con 4 sensazionali concerti nel dicembre ‘93,
accompagnato dal percussionista Ray Cooper.
Si chiude così il
capitolo The One, uno dei più belli di Elton John, il quale ha
ritrovato se stesso e la sua vena artistica, e ci ha regalato un album
bellissimo, ricco di poesia e suoni freschi.
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di Beppe Bonaventura (aprile 2007)
Questo album del
1992 è stato senza dubbio un grosso successo mondiale e
soprattutto in Europa per Elton, un ritorno a grandi vendite e a una
buona accoglienza
da parte della critica, erano gli anni di Versace e della (purtroppo)
tastiera Roland al posto del classico pianoforte a coda lunga..
In realtà, secondo me, si tratta di un album con delle discrete canzoni ma
una non adeguata produzione di Chris Thomas che, dopo alcuni buoni lavori negli
anni 80, stava costantemente peggiorando la qualità delle proprie
collaborazioni con Elton.
L’elettronica di bassa qualità regna abbastanza sovrana
rovinando molti dei brani contenuti nell’album, ma al pubblico dell’epoca questo
fatto non sembrò essere così evidente visti i riscontri che si ebbero.
In una discografia fondamentale di Elton non vi sono canzoni
meritevoli di essere particolarmente ricordate: il livello è più che discreto, non ci sono
particolari cadute qualitative, ma non ci sono neanche brani che mi emozionano più di tanto..
La canzone che da il titolo all’album, primo singolo di buon
successo, poteva avere maggior considerazione con un arrangiamento meno mieloso,
ma non è niente più che discreta e il confronto con gran parte della produzione
di Elton è abbastanza impietoso.
I brani che hanno qualche merito in più sono Emily, Sweat It
Out, che riproposta con una strumentazione meno elettronica farebbe sicuramente
una buona figura, e Simple Life che pure ha una certa carica. (non si poteva
almeno qui utilizzare una vera armonica al posto del synt?).
Mi dicono veramente poco le troppo sopravvalutate The North
e The Last Song e il resto sembra un riempimento di discreto livello per portare
l’album a una certa durata.
Secondo me The One è un disco che porta male gli anni che ha,
se aveva un senso all’epoca (e le vendite sembrerebbero dire di si), non lo ha
quasi per niente a distanza di oltre un decennio, e può essere portato ad esempio dei demeriti di Chris Thomas.
E’ il disco simbolo dell’avvento della malefica tastiera
Roland nella carriera di Elton e anche per questo motivo si può tralasciare
insieme alle percussioni elettroniche che riescono ad appesantire il tutto.
Come non ricordare la piattaforma che elevava Elton e la sua
tastiera durante il tour omonimo, uno dei punti più tristi che ricordo delle sue
esibizioni live.
In una discografia
essenziale di Elton non merita per me
alcuna considerazione, troppo artificioso, però rimane il fatto
che continua ad avere una certa considerazione da parte dei fans.
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di Stefano Orsenigo 2012
Riconquistato un certo peso nelle classifiche, nei primi anni 90 Elton
John si disintossica finalmente dalla dipendenza da alcool e droghe:
l’album The One, anno 1992, rappresenta una sorta di grande ritorno, a livello personale prima che artistico o commerciale.
Già ai tempi di Reg Strikes Back
Elton aveva detto addio a tutto il kitsch di scena ed ora si presenta
con un look serio ed essenziale, in linea con canzoni meno poppettare,
più sobrie e riflessive. Ma mentre evapora la sbornia elettropop e si
riafferma il rock, in concorso di colpa con Chris Thomas insiste con la
tastiera Roland (tristemente impiegata anche durante i concerti) al
posto del pianoforte e, non contento, elimina la batteria a favore di
una drum machine sintetica.
Emblematico di tali scelte, il primo brano Simple life
sembra una canzone di Bob Dylan suonata dai Pet Shop Boys, con tanto di
armonica finta: nulla contro i PSB, grandi nel loro genere, ma la crisi
di rigetto arriva inevitabile. Oppure Whitewash County, definita testualmente “country-rock”, ma se non l’avessi letto, non l’avrei mai detto. O Emily, che farebbe una discreta figura in un disco come The Union
ma qui mi suona quasi inascoltabile. Una dissennatezza sonora che fa a
pugni con l’esibita eleganza della copertina, firmata Gianni Versace.
Più convincenti, sotto questo aspetto, due pezzi meno canonicamente "alla Elton": Sweat it out,
che offre inoltre una coda piano-jazz da applausi, facendo nascere il
rimpianto per quanto poco l'autore abbia frequentato il genere; e Understanding women, dove tra ossessivi suoni elettronici trova posto la chitarra tirata di David Gilmour.
Un altro ospite rinomato è Eric Clapton, che suona e canta nel bel duetto rock Runaway train, mentre On dark street conserva tutti i difetti pseudo-soul di Sleeping with the Past e delude.
Tra
i lenti, svetta la celeberrima title-track, trionfo di romanticismo
eltoniano, non rovinata dall’arrangiamento (pregevoli, al contrario,
dettagli come il rumore del mare e dei gabbiani in sottofondo); quindi The last song, toccante ma non all’altezza dell’iniziale citazione beatlesiana, la melodicamente valida The North e When a woman doesn’t want you, sdolcinata con moderazione, ma avrebbe meritato l’album anche la bella b-side Suit of wolves inserita nell’edizione remastered.
Se questo disco avesse il vestito di un Made in England o un Songs From the West Coast lo definirei un lavoro molto buono: così com’è, lascia ancora una volta l’amaro in bocca.
Voto 6,5
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di The Bridge 2012
The One, l'album del 1992, arriva in un periodo di piena sbornia
eltoniana: il doppio The very best e il singolo dal vivo con G. Michael
"Don't let the sun..." (inascoltabile al confronto con l'originale)
avevano dominato le classifiche nei due anni precedenti. Elton presenta
il brano omonimo, giustamente il più rappresentativo dell'album, ad una
trasmissione italiana (mi pare di ricordare che fosse i "telegatti" o
roba del genere), e riscuote unanimi consensi. Appena uscito, l'album e
il singolo prendono il volo nelle classifiche di tutta Europa e anche
negli States; questo per sottolineare come The One sia forse l'album
eltoniano di maggior successo da almeno 16 anni (da Blue moves, per
intenderci). Però, personalmente, questo disco non mi ha mai
entusiasmato: lo trovo troppo tronfio e pesante, baroccheggiante e
piuttosto noioso. Gli preferisco i precedenti RSB e SWTP: più ricchi di
brio e con brani più veloci. Il brano omonimo, molto bello, è
penalizzato da effetti sonori risibili che anziché incrementarne il
potenziale, lo appiattiscono. L'altro lento, l'ultima canzone, è buono
ma niente di più. Il duetto con Clapton è insipido, e c'è come la
sensazione di una certa mancanza di ispirazione e di verve, ma
soprattutto di semplicità. Simple life, finta fino all'inverosimile, mi
piace: 6.
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