RECENSIONI DEI VISITATORI
Too Low For Zero
inviate la vostra recensione di un disco
di Elton e sarà pubblicata in questa sezione.
non preoccupatevi, non cerchiamo critici
professionisti, ma le impressioni, positive o negative, dei fans!
di Stefano Orsenigo (2012)
Pochi
anni fa, Too Low For Zero era il mio preferito tra i dischi anni 80 di
Elton John, perché ancora non conoscevo 21 at 33 e avevo stupidamente
riposto The Fox dopo i primi, inerti ascolti; comunque anche oggi lo
ascolto volentieri e lo reputo il miglior risultato dell’era Chris
Thomas.
A lui si
deve probabilmente il ritorno della band storica
Johnstone-Murray-Olsson e di Taupin, che dopo collaborazioni sporadiche
torna a scrivere tutti i testi, ma anche la decisione di sostituire il
pianoforte con la tastiera. Una scelta nefasta che qui eccezionalmente
funziona perché le canzoni sono tutte di livello medio-buono e sono
divise in modo equilibrato tra brani tradizionali-pianistici e altri
moderni ed elettronici.
Tra i primi
spicca la hit I guess that’s why they call it the blues, un mid-tempo
orecchiabilissimo ma mai banale arricchito dall'armonica di Stevie
Wonder, quindi la ballad Cold as Christmas e l’orchestrale One more
arrow, che cita il mio attore preferito (Robert Mitchum) e si fa
perdonare un falsetto ormai anacronistico. I suoni sintetici invece
fanno la fortuna di Crystal ma affossano Saint, una bella melodia
parzialmente rovinata; molto interessante il brano che sposa le due
sonorità, l’amarognola title-track dove alla base di synth e
percussioni si unisce un ottimo bridge pianistico.
Tra i brani
rock, le tastiere rendono il suono inutilmente piatto e edulcorato
nell’altra hit I’m still standing e in Religion, mentre non fanno danni
al muro di chitarre del terzo singolo Kiss the bride e alla tirata
Whipping boy. Eseguita live, con un vero pianoforte, I’m still standing
è ben altra cosa ma ci possiamo consolare: i singoli estratti con cura
e gli azzeccati videoclip su MTV ridanno fiato alle vendite, gli anni
magri sono terminati. Elton è ancora in piedi e può baciare la sposa.
Voto 6/7
|
di Angelo (aprile 2007)
La fine degli anni ’70 ha segnato molto Elton John; lo ha segnato profondamente, come uomo e come artista.
Dopo
il “divorzio” professionale dal paroliere Bernie Taupin nel 1976, Elton
è come se abbia perso la sua bussola; semba incapace di reagire a
questo nuovo decennio anni ’80, fatto di nuovi mercati, nuovi concetti
di musica, nuove scelte commerciali; arriva la disco music, si impone
prepotentemente il videoclip musicale, il mercato dei 45 giri e delle
radio viene lentamente assorbito nel mercato televisivo; la musica non
si ascolta più, la si guarda.
Elton non sembra essere in grado di
seguire il passo: tra 1979 e il 1982 pubblica album tra il nostalgico e
lo sperimentale, alcuni ben riusciti, altri un po’ meno; si affida a
nuovi parolieri tra i quali anche Tim Rice, ma qualcosa è cambiato;
manca Bernie, manca la Elton John Band, manca quell’organicità che
caratterizzava i lavori precedenti.
E’ solo nel 1983 che avviene il
cambiamento; nei primi mesi dell’anno, infatti, Elton ritrova il
sodalizio con Bernie e la sua band e al posto di Clive Franks, si
affida totalmente alla produzione di Chris Thomas, dopo il buon lavoro
per l’album Jump up.
In pochi mesi nasce Too low for zero,
10 brani, calati perfettamente nel nuovo scenario anni ’80, con una
produzione dai suoni elettronici leggeri, ma al passo coi tempi.
E’
l’album della rinascita, sia al livello artistico che commerciale; Too
low for zero ottiene un ottimo successo nei mercati UK e USA, grazie
anche a notevoli hits e a nuovi videoclip musicali.
Too low for zero
ci presenta canzoni di alto livello, tra le quali spiccano
indubbiamente il rock ‘n’ roll e singolo principale, I’m still standing, la dolcissima Cold as Christmas e la ballata I guess that’s why thay call it the blues, nella quale troviamo un’interessante collaborazione con Stevie Wonder.
Bellissime anche Saint e One more arrow, le due ballate che chiudono l’album in maniera sublime ed edulcorata.
La
promozione dell’album è incentrata tutta su singoli, videoclip musicali
e interviste in programmi tv; tutto questo fino alla primavera dell’84,
quando Elton parte per un lungo tour in Australia.
|
di Giorgia Turnone (gennaio 2010)
40 (+1) anni d’ispirazione -
1983: il passato riaffiora
L’ascensore
Elton John davvero non sa a che piano fermarsi: alterna grandi
pennellate da artista a motivetti creati solo per far cantare il
pubblico. Live, certo, è sempre carico come una molla. Stiamo parlando
di un artista al di sopra delle righe, una star così mostruosa il
genere umano non l’aveva mai conosciuta. Ma a rendere grande il
pianista occhialuto non è stato solo il proprio talento, così puro e
genuino che se fosse disceso dal cielo Amedeus Mozart avrebbe
esclamato: “ecco come sarei diventato con qualche anno in più”.
No,
c’era dell’altro. Una band fantastica, un gruppo unito, gente che
disegnava e insegnava l’arte della musica. E poi… in mezzo a tanti
profittatori, un amico vero da cui provengono le parole più belle della
produzione di Elton John.
“Dobbiamo parlare”. Bastò una
telefonata. Il successivo incontro, a Nizza, con l’altra metà di se
stesso. Non più un ragazzo, adesso era un uomo con alle spalle una
straziante separazione (anzi, due) e sulle spalle il peso di un secondo
matrimonio, i capelli un po’ più lunghi del solito e delle mani che
potevano scrivere solo per un artista.
Elton John e Bernie
Taupin sono tornati, come sanno, come possono, come dovevano. Con
l’antica band. Il gruppo era di nuovo unito. Il nuovo album rispecchia
le mode anni 80s, periodo in cui la musica stava subendo una
metamorfosi. Armonia e melodia stavano diradandosi a favore del “suono”
orecchiabile e commerciale.
Ne consegue che per le tendenze
dell’epoca, i contenuti del disco risultano essere roba fine del
repertorio John/Taupin, 10 brani che fanno musica, numero, cronaca e
anche storia. Perché quello che fa il duo non è mai un asterisco, mai
nota a margine. Che si tratti di album, di concerti, di un matrimonio,
di un tour, di un divorzio, di due mogli bellissime, di avventure
omosessuali, di una serie di irresistibili interviste, di una genialità
che ormai appartiene loro più ogni altro artista.
Too Low For
Zero, dunque, è un vero e proprio segnale perchè chi sa sa e chi non sa
non saprà mai. John e Taupin sapevano, sanno e sapranno. D’altronde, si
parla di due figure che sono da anni il “best” musicale, la loro
visibilità continentale e mondiale non è mai stata limitata dalla
sempre più scialba concorrenza.
Se Elton avesse continuato la
collaborazione con l’anonimo Osborne, sarebbe celebrato da tutti i
giornali e le televisioni come “big”, ma non come “biggest”, la sua
carriera non sarebbe stata ricompensata da riconoscimenti personali e
adulazioni. Fino all’anno prima, Elton John era alla ricerca di se
stesso e Taupin solo una sbiadita incognita, nemmeno ipotesi. Era
fondamentale ritrovare la collaborazione, con un passo indietro. Il
pianista è un genio, ma un altro fenomeno accanto cambia la vita a
chiunque, figuratevi a una produzione piena di guai come quella di
John. Monumentale è l’aggettivo giusto per questi due talenti.
Prendete
una foto che li ritrae insieme: sembrano una coppia di eroi sul
piedistallo, lungo i Fori Imperiali. Eppure, 7 anni fa sembrava la fine
di un amore eterno: Elton che lancia sul mercato Blue Moves, poi un
album forse superiore, A Single Man, scritto con Gary Osborne: sembrava
l’inizio della fine. Epilogo impossibile.
Elton è Bernie e
Bernie è Elton. Loro sono quello che vediamo ma non sappiamo
completamente. L’impegno di scrivere testi e musica, la felicità di uno
sguardo al pubblico, ai fans, mille modi di comporre, per commercio,
per gioia, per svago, per le classifiche, di stile, di eleganza, un
filo di seta, una frusta di cuoio.
Insieme sono una miscela
micidiale, incredibile, un concentrato assurdo di genialità. Dice uno
che l’altro fa da sempre parte della sua vita, e viceversa. Forse
dovremmo credere a queste parole. Anche se non ci sarà più gusto a
seguire nuovi esordienti.
Saranno, per forza di cose, “Too Low For Zero”, no?
|
di Maria Cristina 2012
L'attesa della pubblicazione di TL40 fu a dir poco spasmodica; non che
allora le notizie volassero come oggi su internet, ma i giornali
c'erano anche nel 1983...
In trepidazione c'eravamo io, io e poi, se non ricordo male, ancora
io... Non era un gran momento per Elton, sebbene Blue Eyes da Jump Up
avesse avuto un certo riscontro, non era di moda, surclassato dagli
odiati Duran Duran/Spandau Ballet, dagli esplosivi Police (questi sì
amati), triturato da ondate di musica elettronica...
Se non fosse che quando pianto un chiodo non c'è cristo che mi faccia
cambiare idea, avrei ceduto di fronte a queste "forze maggiori ed
oscure" che, in buona sostanza, mi prendevano per i fondelli perchè ero
fan di quello che cantava alla Frank Sinatra (vedi Blue Eyes, unica
cosa che conoscessero...) e per giunta brutto e pelato (a sentir
loro...).
Forse TL40 non li mise a tacere tutti e, magari, neppure molti, ma
fortificò la mia fede, già ai limiti dell'invasatura visionaria... La
mia visione però affondava le radici in un terreno molto fecondo, in
verità, nutrito di oltre 12 anni di mitica discografia eltoniana, così
quando ascoltai I'm Still Standing mi sentii molto fiera del mio uomo
che sbatteva questa realtà in faccia ai detrattori, ammiccando pimpante
dall'omonimo video... allo stesso modo quando imperversava con un
orribile ciuffo stile anni '50 nel video di I Guess That's Why They
Call It The Blues (sempre più amata nella versione live che di
studio)...
Fu l'album della rinascita "commerciale", della visibilità perchè, in
realtà, Elton era ancora vivo e vegeto nei dischi precedenti dal punto
di vista compositivo, quello che mancava, forse, per stare a galla
nelle vendite era una "veste" più al passo coi tempi per la sua musica
(scelta sulla quale si può a lungo discutere...)
Cold As Christmas l'ho sempre considerata un'ottima ballata, una
melodia piena ancora del fascino che Elton sapeva infondere nelle sue
più riuscite composizioni.
Crystal era ed è un gioiellino nel quale l'uso dell'elettronica mi
convince ora come allora, probabilmente una tra le mie favorite insieme
alla struggente One More Arrow con quel falsetto usato in abbondanza
che, sebbene faccia storcere il naso a molti, a me fa impazzire ,
specialmente per l'incredibile facilità con la quale Elton lo alterna
nell'arco di 3.47 minuti.
Non voglio annoiarvi con una disamina che si soffermi su ogni singola
canzone, poichè ormai avrete compreso che TL40 è un album che apprezzo
con il cuore ma anche con la testa.
Non voglio sottolineare per l'ennesima volta quanto la voce del nostro
amato toccasse a quei tempi vette leggendarie, per non dire il tetto del
mondo... fatto reso più che mai palese in 2 delle accattivanti bonus
tracks (dico 2 perchè la terza è un brano strumentale), degno
coronamento della versione remastered!
Unica nota debole Whipping Boy e , forse, la title track (che negli anni,però, mi ha svelato la sua originalità).
Tanta
bella energia e freschezza sprizzano ancora in quest'album lontano dai
fasti degli anni 70, ma come dice J.Taylor, un altro dei miei "ragazzi",
The Secret O'Life Is Enjoying The Passage Of Time, è questo che in TL40
Elton sta facendo...
|
di The Bridge 2012
Reg colpisce ancora parte 0: ecco cosa rappresenta "Too Low for Zero"
(1983). Di questo album si può scrivere di tutto e obiettare molto: ad
esempio criticare il sound tastieristico ed elettronico scelto da Elton
e dal produttore Chris Thomas... però TL40 funziona; e bene, molto
bene. Nonostante il processo di rivalutazione cui sono sottoposti
ultimamente i dischi eltoniani sfornati durante gli anni magri
(1976-1982), bisogna ammettere che l'album della rinascita commerciale
di Elton, questo, appunto, non sfigura affatto al cospetto di nessuno
di questi titoli. E' più commerciale, certo, più di facile ascolto...
però ha grinta da vendere, ha carattere, e soprattutto ha tante belle
melodie; insomma rappresenta uno degli apici di Elton anche dal punto
di vista compositivo, con brani di ottima fattura e pochi passi falsi.
Forse oggi, dopo che tanta acqua è passata sotto i ponti, è invecchiato
peggio rispetto a un "The Fox", però non sono assolutamente sicuro che
TL40 uscirebbe perdente dal confronto diretto con quest'ultimo disco.
Ritengo superfluo indugiare sui singolo brani, soprattutto per un album
così compatto e ben amalgamato: butto lì solo un accenno sulla
splendida (a mio parere) title-track: musica anni 80, certo, ma anche
interpretata alla grande e con un bellissimo assolo di Elton alla tanto
vituperata tastiera, che qui tutto sommato non stona. Altro breve cenno
per una delle più belle ballate di Elton del decennio (e non solo):
"Cold as Christmas"... Tutto questo per concludere che "Too Low..."
continua a rimanere, a mio parere, il miglior album eltoniano degli
anni 80. E' un peccato che tale vena sia destinata ad esaurirsi nello
spazio di un paio d'anni; poi verrà il dittico del "nulla" (Ice on
Fire, Leather Jackets) all'insegna del sempre peggio, sempre più a
fondo... E infine, ancora una volta, la (parziale) rinascita: Reg
colpisce ancora (1988).
|
|
|