RECENSIONI
DEI VISITATORI
Breaking Hearts
inviate la vostra
recensione di un disco
di Elton e sarà pubblicata in questa sezione.
non preoccupatevi, non
cerchiamo critici
professionisti, ma le impressioni, positive o negative, dei fans!
di Beppe 2012
Breaking Hearts, pubblicato nel 1984, è la diretta prosecuzione di Too Low For Zero,
uscito con buon sucesso giusto un anno prima. Visto
l'esperimento riuscito di rimettere insieme la vecchia band con Johnstone, Olsson e Murray, perchè non riprovare sempre sotto la guida del solito Chris Thomas?
Il risultato non si differenzia troppo dal suo predecessore, un album
discreto, ben prodotto (!) da Thomas, un buon successo e canzoni non
particolarmente memorabili per rimanere impresse nella memoria
collettiva. Di famoso è rimasto il singolo Sad Songs,
che all'epoca girava parecchio sia sulle radio (anche in Italia) e sui
primi canali di clip musicali, visto il video abbastanza riuscito e per
l'epoca innovativo, che Elton ha riproposto in vari tour nel corso
degli anni. I pezzi migliori, a mio giudizio, rimangono la title
track e Burning Buildings,
che si staccano un po' dalla media non proprio trascendentale degli
altri brani, tra i quali, in senso negativo non posso non segnalare
Passengers, Slow Down Georgie e Li'l Frigerator. Per una
volta che Thomas riesce a dare un bel suono abbastanza pulito,
semplice, alla musica di Elton purtroppo le canzoni non sono
all'altezza, diciamo senza infamia e senza lode. Sotto l'aspetto
tecnico invece l'album si differenzia nettamente da Too Low For Zero:
infatti tanto il suono era confuso e con pochissima dinamica nel disco
precedente (mi chiedo ancora che razza di impianto avessero usato per
ottenero un risultato così modesto), Breaking Hearts suona invece in maniera eccellente dando lustro alla versione CD che si stava affermando proprio in quegli anni.
In definitiva è un album di livello discreto che ci mostra un Elton non
particolarmente ispirato sotto l'aspetto compositivo, ma il risultato è
ben curato e all'epoca non sfigurava troppo in mezzo alle produzioni
internazionali di quegli anni.
Curioso il fatto che Elton abbia dato un momentaneo benservito a Chris Thomas
proprio dopo un lavoro come questo dove aveva dato il meglio di sè per
quanto riguarda la produzione. Nessuno si sarebbe mai aspettato
(ed augurato!) quello che sarebbe venuto dopo con il ritorno di Gus Dudgeon in cabina di regia ...
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di Stefano Orsenigo 2012
Il rapporto sentimentale tra Elton e sua moglie Renate durò pochi anni e
non lasciò eredi, quello professionale vide la presenza di lei come
tecnico del suono in un pugno di dischi di lui, baciati da discreto
successo commerciale, più europeo che americano.
Leggerino, spensierato e fin troppo orecchiabile, Breaking Hearts
è il disco “nuziale” della coppia e come tale, teoricamente, avrebbe
meritato un taglio d’eccezione, degno delle grandi occasioni; purtroppo,
al contrario, ad ascoltarlo oggi lo trovo decisamente ordinario.
A parte Chris Thomas il team è lo stesso di Goodbye Yellow Brick Road, ma di quel grande album restano solo gli inconfondibili coretti di Davey, Dee e Nigel; siamo piuttosto in zona Too Low For Zero,
rispetto al quale presenta canzoni globalmente più modeste e il
medesimo difetto: il suono finto e industriale della tastiera Yamaha nei
brani rock.
Le schitarrate in canzoni mosse come Restless, Slow down Georgie e Li’l frigerator
sembrano disseminate per coprire l‘assenza di un pianoforte che si
rispetti: per questo motivo preferisco nettamente il ritmo funky di Who wears these shoes?
Tra i lenti vecchio stile, la bella Burning buildings sovrasta le più scontate Breaking hearts e In neon. Non ci sono quindi grandi sorprese ed è meglio così, perché quando arriva Passengers, che tenta sonorità africane con un risultato da Zecchino d’Oro, rimpiango quasi Victim of Love.
Si prosegue con Did he shoot her?, che mi sembra la brutta copia di Radio GaGa dei Queen, infine la non travolgente hit Sad songs (say so much)
chiude un album che sicuramente non è il lavoro peggiore di Elton, ma
per il mio orecchio è forse quello meno interessante, tanto che a
livello compositivo gli preferisco il successivo Ice on Fire, in genere più bistrattato.
Voto 5,5
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di The Bridge 2012
L'album eltoniano del 1984, "Breaking Hearts", è un buon esercizio di
stile: se per "organico" non può non essere considerato il seguito
ideale del precedente TL40, questo prodotto fallisce il confronto con
l'album del 1983 sotto tutti i punti di vista. A dire il vero, però,
forse presenta un'elettronica meno esuberante e un suono più chiaro e
deciso: ma sono gli unici punti a favore, perché dal punto di vista
della qualità delle canzoni e della personalità dell'interpretazione
"Breaking Hearts" perde il confronto su tutta la linea. L'album è meno
compatto del precedente, più sfilacciato, ma soprattutto gli mancano
quelle particolari atmosfere, quelle correnti sotterranee che
l'ascoltatore poteva percepire nettamente nel disco precedente e che
denunciavano la prepotente personalità (e il grande affiatamento della
band) di quello che rimarrà il prodotto migliore dell'Elton "tastiere
ed elettronica". Insomma: "Breaking Hearts" rimane un prodotto di
ottimo mestiere, nel quale però il manierismo comincia già a fare
capolino; pochi brani svettano rispettano alla media (comunque più che
discreta), come l'ottima "Burning buildings", col suo pathos a tutto
tondo ed un "non so che" di vagamente latineggiante che emerge dal
breve passo strumentale prima del ritornello finale, sorta di
embrionale anticipazione della splendida ballad "A Word in Spanish";
più lenta, quest'ultima, più calda e ponderata, contenuta in un album
(il successivo "Reg strikes back") che presenterà a mio parere numerose
analogie con questo "Breaking Hearts". L'hit single "Sad Songs" è un
buon brano, che però non aggiunge né toglie nulla alla carriera di
Elton; lo stesso dicasi per l'altro singolo di successo, il vivace
calypso "Passengers", che da sempre divide gli estimatori del
cantautore britannico. Tra i lenti, la title-track proprio non riesce a
convincermi: troppo lamentosa e languida, e forse anche un po'
noiosetta (la ballad sentimentale "Nikita", dell'anno dopo, nonostante
i quintali di elettronica che la sovrastano, è a mio parere di un altro
pianeta); "In Neon" è un brano ottimo al primo ascolto, poi scade
inesorabilmente. Il terzo singolo, l'allegra "Who wears these shoes?",
non mi dispiace, ma neanche mi fa strappare i capelli. In tutto
l'album, a livello interpretativo, Elton mette la solita, notevole
grinta; ma sotto questo punto di vista il più banale e leggero "Jump
Up!" gli è forse superiore (nonostante, o viceversa proprio in virtù
della qualità compositiva ben più debole). Se dovessi dare un voto a
questo prodotto, (e considerando il 10 come voto massimo), oscillerei
tra il 6,5 e il 7 (quest'ultimo sulla fiducia).
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