Roma
- Fori Imperiali
03.09.2005
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VIA DA LAS VEGAS
di
Beppe Donadio
la vita è
strana. passi dieci anni a fare il giro dell'europa perchè
pensi
che elton john sia l'unica forma di canzone che si possa ritenere degna
di tale nome (il nome è "canzone", inteso come musica e
testi insieme).
poi
ti accorgi che
stai ascoltando solo elton john, e allora compri altri dischi,
perchè
qualcuno ti dice che il pianoforte non si suona così, e
perchè
qualcuno ti dice che "non puoi ascoltare solo elton john". vero. in
parte.
poi
torni alle origini,
e ti convinci che a quella musica devi tutto, o molto della tua vita, e
in una notte d'estate romana ti accorgi che "don't let the sun go down
on me" c'entra in quella piazza come "roma nun fa la stupida stasera",
e non sfigura affatto.
c'è bill evans,
che ha fatto la storia del jazz. quello sì che è
un genio
dell'armonia.
c'è
chick
corea, quello sì che è un pianista.
tutto
vero. ma in
parte.
il
mondo è
pieno di pianisti validi, raffinatissimi, preparatissimi e a volte
incomprensibili
(cosa che agli occhi di qualcuno ne accresce la grandezza), o dannati e
consumati dal tempo e dalla vita dissipata (cosa che solitamente ne
accresce
la portata artistica e rende insonni le notti di giovani donne in cerca
di eroi).
il
dramma odierno
è che non c'è più la figura di mezzo,
quella che le
enciclopedie chiamano “pianista rock“ o
“pianista pop“, quello che scrive
le canzoni al pianoforte, e quelle canzoni si reggono su quello
strumento
e non sulle chitarre dei belli e dannati con la chitarra. oggi il rock
non è più sinonimo di pianoforte. oggi non
c'è il
nuovo elton john, come non c'è il nuovo billy joel. forse
non se
ne fanno più. o forse ci sono e non sappiamo dove sono.
i pianisti di oggi
si dividono in pianisti jazz e pianisti di pianobar. il pianista di
pianobar
una volta era preparatissimo, e doveva sapere di jazz, almeno un
pò.
poi il pianobar è diventato sinonimo di "balera", o qualcosa
di
simile, comunque denigratorio. i pianisti di pianobar oggi si dividono
in due sottocategorie: quelli che suonano davvero e quelli che fanno
finta
di suonare. e cioè quasi tutti.
se
nei prossimi
giorni andrete agli ultimi matrimoni del mese di settembre, fate caso
ai
pianisti che appoggiano le mani sulle tastiere. vi accorgerete che non
suonano un bel nulla. ma schiacciano pulsanti digitali e come le
donnine
dei filmini a luci rosse, fingono in modo molto palese.
non
è colpa
loro. siamo noi che non ci facciamo più caso, noi ai quali
sta bene
così, tanto siamo lì per divertirci. e chi lo
ascolta più
il pianista...
bello il telecomcerto,
ricco di acqua calda ma anche di graziosi cappellini rossi che faranno
la gioia degli acquirenti oltreoceano di ebay. così come
sono contento
che si possa avere dello spazio per scrivere cose senz'altro
più
intelligenti di quelle che normalmente scrive luzzatto-fegiz su elton
john,
dai tempi del bidone di sanremo ad oggi.
non
aggiungerò
altro al fatto che è stata una notte da mondiali di calcio,
indimenticabile
e così ben vissuta. come non posso che unirmi al coro che
grida
“quanta classe su quel palco“, con nigel olsson che
si mangia in un solo
boccone charlie morgan e tutti gli altri suonatori di tamburi e piatti
delle ere precedenti, facendo la metà delle cose, ma
soltanto là
dove serve. e dunque meglio. splendido olsson.
ci
sono un paio
di cose che mi sono passate per la testa in quelle, purtroppo, due ore
di concerto, e non tre come si diceva (confesso che ho detto un certo
numero
di parolacce, subito dopo your song. ma sarà stato il
colosseo,
o la compagnia, le parolacce sono tornate in fondo al sacco al primo
aroma
di carbonara a Roma, città eterna, ma anche città
che chiude
tutti gli esercizi di notte, mc donalds compresi. credevo succedesse
solo
a brescia).
sabato 3 settembre
è uno di quei giorni che chiudono i cicli.
in
dieci anni mi
sono riempito la casa di ogni genere musicale, dal country al liscio,
dal
jazz a claudio baglioni, da jackson browne ai collage.
ma
sabato ero sotto
quel palco ad ascoltare il solo di bennie & the jets, lo stesso
da
sempre, e sorry seems to be the hardest word, la stessa da sempre. mi
sono
chiesto cosa mi avesse spinto a fare 1138 km, 7 ore di attesa sotto il
sole e una semi-disidratazione per ritrovarmi a cantare a voce alta le
parole di taupin, una volta di più, una in più di
quelle
mille, duemila volte che me le ero cantante in auto, per strada, nel
bagno,
nel dormiveglia, da sveglio, ovunque, in giro per l'europa in quei
dieci
anni di cui sopra e in tutti i giorni della mia vita, da sad songs fino
ad electricity (quanto ad electricity, sotto la doccia si potrebbe
cantare
di meglio...)
ho
cercato una risposta
a questa domanda, e la risposta non me l'hanno data nè i
collage,
nè il country, tanto meno claudio baglioni. e nemmeno il
liscio
(anche lì, alle feste di piazza, i suonatori di liscio fanno
tutti
finta di suonare).
la risposta l'ho
trovata nel jazz.
se andate ad un concerto
di jazz in piazza, dove tutti fingono di capire tutto e intanto parlano
di vacanze e storie d'amore, qualcuno vi suonerà sempre, a
rotazione,
o "summertime", o "autumn leaves", oppure "the girl from Ipanema",
perchè
il jazz popolare è "summertime", o "autumn leaves", oppure
"the
girl from Ipanema".
è
arrivato
il tempo in cui sorry seems to be the hardest word è
divenuto standard.
standard di musica leggera, pop, o rock, chiamatela come volete.
perchè
l'uomo sul palco di roma ha scritto standards della canzone. e quegli
standards
se vuoi te li prendi, li porti a casa, li analizzi e impari a scrivere
canzoni, perchè lì dentro c'è una
specie di dna. non
a caso nelle scuole di musica moderna "song for guy" è
diventato
quello che "per elisa" è nelle scuole di musica classica.
c'è
tutto
il necessario del buon compositore, in elton john. è l'ikea
della
musica. l'abecedario del pop. direi anche "la bibbia", se non fosse una
parola troppo grossa. e invece lo dico: "la bibbia".
al telecomcerto ho
speso due lacrime (si fa per dire. piango soltanto alla fine di e.t. e
"nuovo cinema paradiso").
la
prima per dee
murray, perchè la elton john band sarebbe stata perfetta,
così
come i rolling stones al completo, o i pink floyd a live8, o i genesis
con peter gabriel, o i police in tre, o come se un regalo del Divino ci
riportasse sulla terra john e george per quella reunion con il
sempreverde
paul e lo sfigato ringo (che nome da biscotto...) che non
potrà
mai tenersi.
dee
murray era eclettico,
creativo, efficace. come tutti i musicisti discreti e misurati, come
tutti
i non-divi, dee murray è un sottovalutato, ma nello stesso
tempo
il più grande talento di quella band, secondo soltanto al
pianista.
l'altra lacrima mi
riga la faccia da alcuni anni.
quando
facevo il
giro dell'europa perchè pensavo che elton john fosse l'unica
forma
di canzone degna di esistere, arraffavo qualsiasi cosa. dai vinili ai
cd,
dalle magliette agli articoli di giornale. sono sicuro che molti di noi
ancora lo fanno. io cerco di starci attento e col tempo riesco a
salvare
un paio di stipendi all'anno.
dentro
ad una grossa
scatola, ad una fiera che non ricordo, stava il n. 121 di
"rock&folk",
mensile francese di musica varia.il numero 121 del febbraio 1977.
inserti
su chicago, status quo, santana e in copertina, coi vestiti a strisce
orizzontali
di blue moves dall'accostamento cromatico quanto meno imbarazzante,
c'era
il mio dio del pop in una delle sue proverbiali smorfie da tiraculo.
era
il periodo di riflessione, del possibile ritiro. elton parlava di
sè,
in quelle pagine, in modo schietto e rilassato.
ce
l'ho davanti
ora, quel giornale, un pò sgualcito. i collezionisti oggi
non mi
darebbero che una decina di euro. c'è una frase,
virgolettata, in
quella intervista, una frase che mi ronza per la testa da un
pò
di anni.
"je ne chanterai
jamais a Las Vegas pour des gens en train de manger leurs cocktails de
crevettes", che se i miei studi non mi tradiscono dovrebbe suonare come
"non suonerò mai a Las Vegas davanti a della gente intenta a
mangiare
gamberetti".
se il rimpianto per
l'assenza di dee murray da una serata così unica non ha
spiegazione
se non nel bizzarro destino che si porta via spesso i migliori per
motivi
che forse un giorno sapremo, o forse no, la storia dei gamberetti di
Las
Vegas mi torna su ogni volta che ne vedo uno. siano essi freddi come
antipasto
con le patate, nella majonese, oppure cotti, in mezzo al risotto.
potremmo
spendere ore a discutere del perchè a sessant'anni e un tot
di bypass,
un artista del livello di elton john debba rischiare le coronarie
davanti
a gente che tira maniglie, sputtana ricchezza, sgranocchia gamberetti e
patatine e magari disprezza pure i neri. i fans lo sanno. sanno della
sindrome
compulsiva da acquisto, sanno tante cose.
il
fatto che sir
elton john non appaia in modo dosato come sir eric clapton, che non
ricarichi
le pile per presentarsi in occasioni che fanno la storia integro ed
ispirato,
e che invece lavori con orari da bancario triste, come un qualsiasi
dipendente
del casinò, resterà per sempre il limite
invalicabile di
un musicista unico nella sua follia autodistruttiva, unico come chat
baker,
john coltrane, jimi hendrix, che alla musica hanno dato la vita. e che
dobbiamo accettare così come sono.
tra
l'usura della
voce e l'onnipresenza, tra gruppi di boybands e starlettes dai futuri
incerti
coi quali accetta di duettare, la mia paura è ancora quella
di vedere
sir elton john sovrapposto alle ultime immagini di elvis cantante,
quell'elvis
presley grasso come john candy che si asciuga il viso con salviette di
cotone lanciate in pasto a orde di donne urlanti, l'elvis che chiude i
battenti da cardiopatico sull'orlo del baratro, finito e rantolante in
una "are you lonesome tonight" da spezzare il cuore o rivoltare lo
stomaco,
fate voi.
e allora verrebbe
da dire "via da las vegas". costa poco sperarlo.
non vedo grande differenza
tra la musica e la religione. forse è un vuoto della mia
anima.
sono certo almeno che in nome della musica non si dichiarano guerre,
nè
si armano i bambini, nemmeno si perseguitano gli uni o gli altri,
qualunque
sia il credo.
nemmeno
credo che
un pianista bugiardello che promette tre ore e tanti ospiti, e il palco
è lo stesso di bergamo, come pure la scaletta, sia
più degno
di rispetto di un capo di una qualsiasi chiesa, di un presidente della
repubblica, di un patriota, o più credibile di un presidente
del
consiglio, o di quello di una società di calcio.
forse
sarà
stato il fascino di roma, forse l'estate che tira le ultime, forse la
gente
intorno, o lo stato di grazia di un momento, ma per una sera il mio
viaggio
verso la città eterna mi è sembrato qualcosa di
simile ad
un pellegrinaggio, quello di un devoto della musica leggera che si
spinge
fino alla capitale, ad applaudire un uomo musicalmente sincero, goffo e
simpatico, stanco e incazzato, ma grande come la sua musica, quell'uomo
ed il suo pugno di canzoni che, come le preghiere, sono sempre quelle
(I
guess that's why they call it the blues docet), ma grazie alle quali io
oggi ascolto musica, la compro, la suono, la sogno, la grido, e, in
modo
più generale, la vivo.
elton
john. per
sempre.
beppe
donadio
|
Pinball Wizard
Bennie and the Jets
Daniel
Turn the Lights Out When You Leave
Take Me To The Pilot
Rocket Man
I Guess That's Why They Call It
The Blues
Sacrifice
Sorry Seems To Be The Hardest Word
Candle In The Wind
Funeral For a Friend
Love Lies Bleeding
Are You Ready For Love
Philadelphia Freedom
They Call Her The Cat
Sad Songs (Say So Much)
Don't Let The Sun Go Down On Me
I'm Still Standing
The Bitch is Back
Saturday Night's Alright
Crocodile Rock
Your Song
Spettacolo : Elton
John terrà a Roma il concerto più lungo della sua
carriera
Il
concerto di Roma
del 3 settembre prossimo sarà "il concerto più
lungo mai
fatto da Elton John, con una durata che si aggirerà tra le
due ore
e mezza e le tre ore"...
Il
concerto di Roma
del 3 settembre prossimo sarà "il concerto più
lungo mai
fatto da Elton John, con una durata che si aggirerà tra le
due ore
e mezza e le tre ore". Lo ha dichiarato Andrea Kerbaker, direttore del
progetto Italia di Telecom, presentato in Telecomcerto 2005 in
Campidoglio
insieme al sindaco di Roma, Walter Veltroni e al presidente di Telecom
Italia, Marco Tronchetti Provera.
Durante
la conferenza
stampa, in un video proiettato per l'occasione, Elton John si
è
detto "eccitato per avere l'opportunità di cantare a Roma di
fronte
al Colosseo" ed ha salutato con un "ciao Italia e ciao Roma" in
perfetto
italiano.
Il
concerto, come
le performance di Paul McCartney nel 2003 e di Simon &
Gartfunkel nel
2004, sarà gratuito. E' stata annunciata la presenza della
band
di Elton John al gran completo (ci saranno il chitarrista Davey
Johnstone
e impreziosito dalla presenza di Nigel Olsson, Bob Birch al basso, Guy
Babylon alle tastiere e John Mahon alle percussioni) nonché
la collaborazione
di molti artisti italiani e internazionali per eseguire duetti al
momento
in in via di definizione. (AnC)
(29 luglio 2005)
|
di Mansfield
ELTON AL COLOSSEO
“Il concerto
della carriera…”
No. Ma ci mancava
poco. E quello che rimane è l’amaro in bocca per
quello che sarebbe
potuto essere e non è stato.
Un
peccato persino
per Elton.
Il
motivo ?
E’
stato un concerto
“Normale” . Standard . Come fosse un live a
Bergamo , Brescia , reggio
Calabria o Canicattì…
Elton
non ha concesso
nulla di piu di quello che ci ha abituati negli ultimi anni. Anzi ha
tolto
pure qualche cosa.
Sarà
che
i 60 anni si avvicinano , sarà che ormai ogni tour
che andiamo
a vedere non ha un nome ben preciso e che mascherandosi
dietro il
titolo dell’ultimo album o raccolta è
sostanzialmente sempre lo
stesso tour…sarà per questo.
Viene
la rabbia
a pensare che l’Elton che ha cantato al Colosseo e che si
è espresso
con una tale grinta , potenza e maestosità degne del luogo m
non
abbia fatto qualcosa di piu.
Una
canzone in piu
….una “perla” dimenticata del suo
infinito repertorio l’avrebbe potuta
ripescare per l’occasione. E invece nulla.
Non
era una data
come le altre…era “LA DATA” degli ultimi
20 anni e forse della sua carriera.
In
un luogo e scenario
unici al mondo (sfido chiunque a trovare di meglio) , “Madman
across the
water” , oppure
“Believe” o tante altre ancora avrebbero potuto
trovare posto….e invece LEI…sempre
LEI… “I guess that’s why they
call it the blues” trova posto.
Sarà
mica
una “raccomandata” ??
Passi
per “Sacrifice”
stavolta eseguita con l’arrangiamento originale (non
può non mancare
visto che è uno dei maggiori successi).
Insomma
rimane l’amaro
in bocca per chi si aspettava un piccolo
“sacrifice” in piu. Una parola
in piu….eh sì…un discorsetto breve in
italiano l’avrebbe potuto
fare…(ricordate il famoso “Inizierà con
canzoni del passato di Verona
1989 ??).
Ma
alla fine la
cornice ha appagato tutti.
L’aria
che si respirava
a Roma sin dalla mattina era l’aria
dell’evento…si avvertiva che stava
per succedere qualcosa.
Forse
noi abbiamo
vissuto la giornata piu emozionati di Elton…ma non siamo
nessuno per poterlo
dire.
Nonostante
le sue
eccentricità…e i mega party , lo
sappiamo tutti che Elton
in fondo è molto timido. Forse anche per questo esprime
raramente
i suoi sentimenti profondi , lacrime e quant’altro. Forse
anche per questo
non riesce a parlare di piu di quel che fa.
La
soddisfazione
personale , mia è che stavolta i 500.000 di Roma hanno
potuto constatare
dal vivo che “ELTON JOHN” non è quel
ricco cantante inglese gay
e ciccione che parla sempre…MA un musicista con i contro
cogl…i ! Eh si….sulla
scena è unico….
I
fan di Madonna
chiamano la propria beniamina “Regina”…e
noi allora possiamo tranquillamente
chiamare Elton l’IMPERATORE !
|
di Beppe
Il concerto di Roma
ai Fori Imperiali è stato senza dubbio un avvenimento
particolare
vista la risonanza della manifestazione sponsorizzata dalla Telecom
(Telecomcerto)
per il terzo anno, dopo Paul McCartney nel 2003 e Simon &
Garfunkel
nel 2004. Per giorni i media hanno dato grande spazio a questa
manifestazione
che sta diventando un appuntamento classico per la città di
Roma,
con le centinaia di migliaia di persone che richiama ogni volta ai Fori
Imperiali. Il concerto di Elton è stato di sicuro
all’altezza della
situazione per il pubblico occasionale, mentre ha creato una certa
delusione
nei fans più agguerriti che si sarebbero aspettati un
qualche cosa
di particolare per l’evento.
Il
concerto, che
da quest’anno purtroppo pare assestato sulle due ore dalle
2:30 degli ultimi
tour è di ottimo livello.
Elton
sembra in
forma, la band è quasi perfetta, con un appunto particolare
per
Nigel Olsson che si dimostra ogni volta grandioso ed impeccabile.
Quella
che si presta a critiche è senza dubbio la scaletta che
privilegia
alcuni pezzi che non sono sicuramente memorabili a discapito di gran
parte
della produzione migliore, e adesso che la durata del concerto si
è
ridotta questo problema si è acuito. E’ possibile
che non ci sia
spazio per neanche una canzone da Madman Across The Water e Tumbleweed
Connection, i suoi due album migliori, o da Captain Fantastic, altro
capolavoro
che sarà celebrato tra poco con i concerti commemorativi in
USA?
Mentre una canzone come I Guess That’s Why They Call It The
Blues (bella
per carità, ma di sicuro non una pietra miliare nella sua
produzione)
non può assolutamente essere tolta dalla scaletta? Sono
queste le
cose che lasciano perplessi. E che senso ha portarsi dietro un coro
come
quello di Atlanta (peraltro quasi inudibile sia a Brescia che a Roma) e
non sfruttarlo con brani come, ad esempio, Border Song? Saranno
critiche
poco giustificate ma un artista come Elton, oltre ad inserire gli hit
più
conosciuti che il pubblico dei concerti richiede, non può
tralasciare
completamente i suoi album migliori, mi sembra veramente una cosa
assurda.
Riguardo al concerto di Roma, nello specifico, poteva almeno offrire,
oltre
a qualche parola in più, almeno “una”
canzone particolare per l’avvenimento.
Penso che anche per lui non sia così usuale suonare in uno
scenario
simile di fronte a un pubblico sterminato ha affrontato la cosa
come fosse una qualsiasi tappa del tour, come se si trovasse di fronte
a 5000 persone di un qualsiasi palasport di una qualsiasi cittadina e
questo
fatto ha sicuramento deluso un po’ le aspettative.
Evidentemente i troppi
concerti di questi ultimi anni lo hanno portato a standardizzare tutto,
è diventato un musicista alla catena di montaggio,
spettacoli di alto
livello sublime ma che non possono assolutamente uscire dagli schemi
prestabiliti. Contro i nostri interessi di fans che vorremmo sempre
vederlo
live, dovrebbe prendersi una bella pausa, invece gli impegni sotto
questo
aspetto sono sempre più fitti e anche Las Vegas è
stata prorogata
per altri due anni. Detto questo, però alla fine rimane
sempre il
più grande performer che io abbia mai visto calcare le scene!
|
RESOCONTO DELLA GIORNATA
PIU’ BELLA DI
TUTTA LA MIA VITA… IL MIO PRIMO CONCERTO DI ELTON JOHN!
di Lady Samantha
E’ proprio vero che le cose
più
belle che ci fanno sognare sembrano volar via, lasciandoci con
l’amaro
presentimento di non averne raccolta tutta
l’essenza… come quelle 2 ore
e 10 minuti di concerto dopo un’intera giornata di attesa.
2/09/05 Quasi ignara di quel
che sarebbe
successo il giorno successivo, o meglio senza troppe aspettative, mi
dedico
alla creazione di uno striscione di benvenuto per l’unica
persona che con
la sua musica sa pilotare le mie emozioni, e che con il suo personaggio
sa suscitare in me gioco, simpatia, comicità ma anche, a
volte,
tenerezza.
Dopo un intero pomeriggio ho
finito il
mio lavoro: “Welcome to Rome and ours best wishes for your
marriage” seguita
dalla caricatura del suo viso. Insomma tutto pronto per il grande
evento,
riesco ancora a controllare la mia euforia, abbastanza da passare la
notte
senza troppo agitarmi tra le lenzuola.
3/09/05 Appuntamento con la
mia amica
alle ore 10.00 al centro. Entrambe su di giri ci muoviamo subito verso
Via dei fori imperiali dove, all’ombra del magnifico Colosseo
si svolgerà
il concerto alle ore 21. Al nostro arrivo le transenne delimitano
ancora
l’ingresso, intanto più in la
c’è un movimento di opuscoli
e berrettini rossi di cui ci appropriamo avidamente!
Ore 12.00 La sicurezza inizia
a farci
entrare 5 alla volta, ma ad un certo punto si blocca quando siamo meno
di un centinaio già tutti sotto il palco a prendere i posti
migliori…alle
nostre apalle la gente che man mano aumenta resterà bloccata
fino
alle 15.00. Almeno la seconda fila era la nostra!
Pomeriggio di delirio totale:
il caldo
era agonizzante, il sole sembrava sempre alto e immobile, ci gettavamo
l’un l’altro zampilli di acqua dalle bottigliette
gentilmente offerte dal
Comune di Roma.
Eravamo stanchi e stremati,
tuttavia sollevati
al pensiero che la nostra attesa sarebbe stata ripagata. Nel frattempo
alcune telecamere iniziano a riprendere per le prime immagini e il mio
cartellone ha modo di essere svelato in anteprima. Più tardi
ci
chiameranno da casa dicendoci di averci visti!
Ore 20.30 Gli occhi si
fissano sul palco
definitivamente. A mezz’ora dal momento topico si espande
un’atmosfera
di piacevole tensione. A meno di 15 minuti i cuori fremono e tutti
iniziamo
a chiamarlo sempre più forte fino allo scoccare delle 21.00,
quando
tutti i nostri pensieri svaniscono altrove e il mondo sembra
arrestarsi.
I riflettori si animano e una musica esaltante ci scatena un panico
interiore.
Delirio, confusione,
smarrimento, i cuori
scalpitano, le voci gridano, gli occhi si sbarrano. Osservano ansiosi,
lo cercano…e all’improvviso con un balzo il leone
esce allo scoperto maestoso,
esaltante, imponente, elegante!
In quell’istante un
brivido ci assale,
le mani si distendono in alto, le grida salgono in cielo,
l’aria vibra,
poi il cuore sale in gola…ho gridato senza limite e i miei
occhi erano
per la prima volta in tutta la mia vita colmi di lacrime di vera gioia!
Le mie mani tremavano. Avevo finalmente davanti a me, e così
vicino
quella persona che per anni ho atteso tanto di vedere dal vivo e alla
quale
volevo anch’io far sentire il mio grido di gioia, soprattutto
per fargli
capire che la sua musica continua a far appassionare nuove persone con
una nuova presenza anche se inosservata quale la mia…anche
se non del tutto.
Mai nessuno ha esercitato su
di me influenza
più grande. Ed Elton era li, che suonava e cantava senza mai
fermarsi,
ma il mio striscione continuava ad essere trascurato dalla sua vista
finchè
a metà concerto, mentre cammina lungo il palco per salutarci
da
più da vicino lo nota!
“Welcome to Rome
and ours best wishes
for your marriage!”E pur senza troppa sorpresa, mi ringrazia
allungando
il suo dito verso me e la mia amica. Ancor prima avevamo intravisto in
lui un sorriso molto divertito quando la mia amica ha tirato fuori una
torretta luminosa che emette luci roteanti e che aveva catturato la sua
attenzione!Stando proprio li davanti… In quale altro modo
potrei esprimere
tutte le emozioni che ho provato quella
sera…resterà sempre indelebile
nel mio cuore!! Con Your song purtroppo si era concluso il concerto, e
dopo averci salutati e ringraziati nuovamente lo vediamo svanire
davanti
ai nostri occhi ancora increduli che se ne fosse andato veramente, ma
grati
di quella splendida serata che ci ha regalato.
Adesso come adesso non saprei
proprio
cos’altro desiderare di più dalla
vita…forse di qualcuno che mi
dica che questo non è stato solo un sogno!!!
|
di
petrosijan
Ho 34 anni e questo è
stato il mio
primo Elton Live. Dopo questa affermazione spero di trovare ancora
accoglienza
in questo sito e di non essere deriso
Sabato pomeriggio ero ancora
indeciso
se andarci (vivo a Roma). Quando un mio amico, al telefono, mi
comunicava
la sua intenzione di andare verso le 21-21.15 capivo di essere ormai
solo.
Mio fratello - ne ho due -
discreto eltoniano,
mi raccontava della sua terribile esperienza al concerto di Simon e
Gurfunkel:
lontano dal palco, difficoltà nell’ascolto a causa
del canto dei
vicini, quasi crampi.
Ma lui e l’altro
fratello mi intimano:
tu dovresti andarci, anche da solo!
Ulteriori riflessioni, i
minuti che passano
inesorabili, quando uno dei due, il meno interessato, toccato da
pietà,
mi appoggia.
Saliamo su un bus alle 16
circa, raggiungiamo
Piazza Venezia alle 16.20 circa. Quando scendiamo
c’è subito qualcosa
che non quadra: auto che entrano e che escono da Via dei Fori
Imperiali!
Ma non doveva essere zona pedonale?!
Ci avviamo. Lo stupore
prosegue, perché
entrati in Via dei Fori, non vediamo nessuno, o quasi, se non macchine
e, in lontananza, un gruppo di persone.
Raggiungiamo quel gruppo e
capiamo che
è il primo “blocco”. Perquisizione e si
prosegue. Qualcosa non torna.
Mio fratello mi indica il punto in cui si trovava l’anno
scorso, io esclamo:
“cavolo, ma eravate lontanissimi!”
Continuiamo a camminare
increduli, prendiamo
una bottiglia d’acqua; altro controllo, via e si prosegue.
Arriviamo infine
all’ultimo blocco, a
circa cinquanta metri dal palco.
Guardiamo al di
là, nella zona
antistante il palco, ormai consci e speranzosi di poter assistere al
concerto
con un’ ottima visuale.
I minuti passano. Comincia a
circolare
la voce che forse non faranno entrare più nessuno! Non
possiamo
crederci: sarebbe una beffa clamorosa.
Non è vero
infatti. Passiamo. Mio
fratello suggerisce di stare vicino alla transenna laterale sinistra.
Avanziamo,
ci fermiamo e guardiamo lo scenario che si presenta di fronte. Siamo
così
vicini come mai avremmo potuto sperare.
Tiro fuori dalla borsa un
plaid, lo poggio
a terra e ci mettiamo seduti. Chiamo l’altro mio fratello al
telefono e
gli racconto; immediatamente mi dice: “davanti al palco?! se
arrivo ce
la faccio a raggiungervi?”, gli rispondo: “non sono
sicuro che qui facciano
entrare ancora”.
Non so effettivamente se
abbiano fatto
entrare anche altri, ma credo di sì, visto che lo spazio
c’era.
Inizia la lunga attesa. Tiro
fuori le
Stanze di Montanelli che mi occupano buoni quaranta minuti. Spesso
siamo
disturbati da assalti alla transenna per l’acqua e i
cappelletti dello
sponsor con la scritta EJ.
Mio fratello tira fuori un
Kerouac, ma
resiste poco.
Ad un certo punto, saranno
state le 18
- 18.30 tutti si alzano e scattano verso il palco, così
facciamo
noi. Capiamo a quel punto che saremmo dovuti rimanere in piedi fino
alla
fine.
Vicino ai nostri piedi,
numerose bottiglie
di plastica abbandonate, di cui alcune quasi piene! Chiamo una signora
dello Staff e mi faccio passare una busta. Un ragazzo mi aiuta a fare
un
po’ di pulizia.
Telefonata di un mio amico,
guadagno 20
minuti buoni.
Comincia a riempirsi la zona
oltre le
transenne; osservo ciò che accade intorno, cerco di capire
se le
facce dei miei vicini sono eltoniane. Poi un lampo: il terrorismo, un
lampo
che attraverserà la mia mente più volte durante
il concerto,
purtroppo.
Musica in sottofondo, la
splendida Long
and Winding Road; mio fratello mi ricorda: “a me di Elton non
me ne frega
nulla”.
Sta per iniziare il concerto,
la musica
cambia, iniziano gli applausi. Scorgo sulla destra Davey Johnstone con
la chitarra, quando, infine, arriva Lui: sembra umano, anche un
po’ goffo,
ma quando tocca i primi tasti capisco che è stato giusto
esserci.
Un concerto molto rock. EJ in
buona forma
vocale, molto grintoso, non si risparmia. Ci offre numerosi virtuosismi
al pianoforte. Finisce una canzone, poche parole, beve e ne inizia
immediatamente
un’altra.
Divertimento assoluto. Do
spesso un’occhiata
allo schermo che di frequente offre le simpaticissime facce e smorfie
di
Nigel Olsson divenuto ormai complice del cameraman. Sento addirittura
gli
applausi di mio fratello.
Un concerto straordinario.
Ho provato una particolare
emozione durante
Rocket Man e Candle in The Wind, ma tutto il resto è stato,
a mio
avviso, eccezionale.
Straordinario, dicevo, ma
incompleto.
E qui veniamo alla fine. Eravamo “settati” per
assistere a due ore e mezza/tre
di concerto. Dopo circa un’ora e mezzo avviso mio fratello:
“il finale
sarà tutto melodico”.
All’improvviso,
dopo poco più di
due ore, Your Song.
Sono contento e perplesso
insieme. “Forse
ha deciso di anticiparla” penso.
In quel momento canto
anch’io. Finisce
la canzone, ed EJ esce. “Chissà con quale vestito
entrerà
adesso”.
Compaiono improvvisamente
alcune persone;
sono confuso. Uno comincia a coprire il pianoforte. Mormorii dal
pubblico.
Infine incredulità. Io e mio fratello, attoniti, troviamo
conforto
nella staticità degli altri.
Una scena surreale: tutti
fermi, impalati,
speranzosi, credo, che fosse uno scherzo o una pausa.
Quando iniziano a smontare la
batteria
tutti capiscono che è finita.
Andiamo via estremamente
contrariati,
tristi. Mi chiedo cosa sia potuto succedere e lo chiedo anche a voi che
conoscete EJ molto meglio di me.
Non vorrei che la risposta si
debba trovare
in un colpo pubblicitario della Telecom con Elton addirittura
inconsapevole.
Dove sono quei dieci pezzi in
più
che doveva offrirci?
Questa è la mia
sensazione riguardo
all’evento: poteva essere Il Concerto e non lo è
stato. Se EJ avesse
aggiunto alla fine alcuni pezzi melodici, almeno quattro, sarebbe stato
un evento unico.
Ho letto spesso i vostri
messaggi e mi
pare di capire che in generale quest’uomo possa ma non
faccia. Cosa gli
ha impedito di rendere sostanzialmente diverso il suo concerto, di
fronte
al Colosseo, di fronte, pare, a trecentomila persone?
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