“One night in Vevey”
Sabato, 8 Settembre. Una notte a Vevey, una
notte da non dimenticare, anzi indimenticabile. Come al solito Elton (e
la band, of course) è stato unico, un grande, e mi ha fatto vivere, di
nuovo, una serata incantevole, piena di emozioni e di divertimento. Per
di più, in una cornice molto pittoresca, con davanti le alpi svizzere
che si rispecchiavano nel lago e un venticello fresco che accarezzava
le nostre ventimila teste. E come al solito (ma in quest’occasione
personalmente festeggiavo qualcosa di particolare) Elton e la musica
che usciva dal suo pianoforte mi hanno proiettato, come fossi a bordo
di un razzo, nello spazio, dove sono rimasto ad ascoltare e ammirare le
sue stelle (ogni suo pezzo) come fosse la prima volta, quasi in estasi
per circa 2 ore e 20 minuti, senza fermate intermedie: decollo con la
splendida “Funeral for a Friend/Love Lies Bleeding” e atterraggio con
“Your Song” (ma con la mente ancora vagante nello spazio fino al
raggiungimento del mio Hotel solo un paio d’ore dopo…).
Tra i
momenti più emozionanti: “Daniel”, “Tiny Dancer”, “The Bridge” (da
brividi, dedicata a Pavarotti) e “Something about the way you look
tonight” (due canzoni in generale non tra le più apprezzate, a parte
che da me), e lo scatenato terzetto di “I’m Still Standing” /
“Crocodile Rock” / “Saturday Night’s…”. Molto bella anche la
partecipazione corale del pubblico agli incipit di “Sacrifice”,
“Sorry…” e, soprattutto, a “Your Song”, oltre ai classici laaa, la-la
la-la la di “Crocodile Rock”.
In perfetta forma vocale, rispetto
alla serata di Lucca Elton mi è parso molto più lanciato, soprattutto
all’inizio della serata (iniziata, lo confermo, con 7 minuti di
anticipo sull’orario ufficiale, le 20,00). Durante i primi pezzi ha
“ricamato” molto di più, con variazioni inconsuete, che non mi era mai
capitato di sentire. Tuttavia, al contrario di Lucca, il pubblico non
mi è parso all’altezza. È vero, eravamo tantissimi (oltre 20.000), ma
il calore di Lucca non si intravedeva proprio, soprattutto nelle prime
file. Non che non ci siano stati applausi entusiastici (soprattutto
dopo “Rocket Man”, “Sorry…”, “Candle in the Wind”, “I’m Still
Standing”, “Crocodile Rock” e “Your Song”), ma nella prima fila non
vedevo tutte quelle mani alzate, non vedevo l’entusiasmo dei fan di
Lucca. Sarà che assistevo al concerto dalla barriera che separava il
Golden Circle (la zona più cara, riservata a quanto pare a chi ha
acquistato i pacchetti con l’Hotel, penso) dai comuni mortali, ma anche
Elton mi è parso accorgersi della cosa; tant’è vero che non
“interagiva” così spesso con le prime file, voltandosi di frequente a
guardare il pubblico come a Lucca, quando tutti ci siamo precipitati
sotto il palco.
Tanto per sottolineare il calore della prima fila:
prima dei bis Elton è uscito con un pennarello per fare qualche
autografo, ed è dovuto arrivare fino alla fine del palco per riuscire a
fare UN SOLO autografo. Poi è tornato indietro, ha percorso tutto il
palco e ha raggiunto il pianoforte senza fare altri autografi (anche se
mi pareva che la volontà ci fosse). Non vedevo benissimo la prima fila,
ma non vedevo nemmeno mani alzate che porgevano oggetti da autografare
o che salutavano Elton o cercavano di stringergli semplicemente la
mano. Sarà stata la lontananza (una decina di metri)? Boh! O forse
quelle persone erano interessate solo al cocktail post-concerto…
A
proposito delle camminate di Elton lungo il palco: mi è parso (a
conferma di come l’ho visto a Venezia, in Giugno) che camminasse con
molta difficoltà. Andava piano, zoppicando, e sembrava trascinare
avanti i piedi, come se le gambe gli facessero male. Spero abbia preso
qualche stiramento giocando a tennis e non abbia nulla di grave.
Tornando
all’atmosfera devo dire che tuttavia, in definitiva, mi è parso che gli
Svizzeri amino molto di più Elton di noi Italiani: è quanto mi è parso
di recepire dagli articoli di giornale, dal comportamento del pubblico
in generale, dalla partecipazione in massa (a Bergamo la scelta dello
Stadio è stato un flop e si è dovuti ripiegare sul meno capiente
Lazzaretto), e da molti altri piccoli dettagli. Non mi sto
contraddicendo: forse gli Svizzeri e i molti francesi presenti (di
Italiani ne ho visti: quattro) non hanno gli slanci di entusiasmo di
noi italiani (almeno quelli che c’erano in prima fila), ma l’affetto
per Elton mi è parso molto più capillarmente diffuso, molto meglio
radicato.
Tornando invece al lato musicale della serata, il
concerto iniziato in modo particolare, con tante “divagazioni” sulle
canzoni rispetto alle versioni standard e con un Elton che si faceva
facilmente trascinare dai pezzi (tanto da arrivare più volte a
“dondolarsi” con lo sgabello del piano), poi, probabilmente di
conseguenza al comportamento delle prime file, è tornato alla normalità
fino alla sua conclusione.
Ma la “normalità” di Elton è sempre un
qualcosa di eccezionale. E chissenefrega se la scaletta è sempre la
stessa. Un po’ sarà anche colpa del pubblico, che non riserva mai ai
nuovi pezzi lo stesso entusiasmo che ha per i classici. Comunque a mio
parere Elton potrebbe anche andare avanti a suonare in eterno sempre le
stesse canzoni (anche se spero di no). Proseguirei in ogni caso a
seguirlo nei suoi concerti, almeno una volta all’anno (nonostante le
critiche di amici e genitori che pensano io sia pazzo e spenda troppi
soldi), sicuro che, pure nell’ordinario dell’ossatura del concerto,
Elton il Grande, l’incommensurabile, saprebbe stupirmi, coinvolgermi,
emozionarmi, offrirmi una serata fuori dal normale, entusiasmante, di
eccellente livello. Una serata da marziano, come quella vissuta nella
piazza del Mercato di Vevey, Svizzera.
Alla prossima… a presto
Daniele Toninelli
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