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album I album secondari

Elton John - The Fox  (1981)
 


 

1) Breaking Down Barriers
2) Heart In The Right Place
3) Just Like Belgium
4) Nobody Wins
5) Fascist Faces
6) Carla-Etude*
7) Fanfare*
8) Chloe
9) Heels Of The Wind
10) Elton's Song
11) The Fox
 

* strumentali
 
 
   
 

classifiche:
Stati Uniti:    21 posto
Inghilterra:    12 posto
Italia:    --
 
 

Manuel Insolera da CIAO 2001 del 1981

da www.debaser.it

Elton John: The Fox

Recensione di: DBalavoine, (30/03/2006)
Voto: * * * * *

Conosco molta gente che ostenta la propria non-cultura dal salotto del proprio monolocale comprato su catalogo Ikea, che vanta molti amici gay “perché nei locali gay c’è sempre la musica migliore e poi non cercano di rimorchiare la tua ragazza”, che comprano i libri al kilo nei supermercati e che nella loro vita hanno ascoltato solamente i greatest hits degli U2, dei Pink Floyd e dei Queen. Conosco fascistoidi che agitano hot-dog come manganelli deliranti al suono dei Manowar ignorando che il loro mondo di cuoio, borchie e Harley Davidson sia stato copiato dal mondo dei marchettari omo americani più di 35 anni fa. E fa pensare il fatto che tifosi irriducibili di calcio con rigurgiti neonazisti così attenti alla (loro) sacrosanta storia non sappiano che, quando la loro squadra vince, cantano a squarciagola un epico inno gay partorito dalla mente perversa di un certo Freddie Mercury.

E poi c’è quel gran volpone di David Bowie. Rappresenta per il rock quello che Madonna è da sempre nel mondo pop. Una micidiale azienda di marketing precisa come un bisturi. Un camaleonte travestito da grande artista. Falso come Giuda, basa il suo successo su intuizioni studiate a tavolino: un giorno i Ragni da Marte, in principio bisex, poi etero, i Tin Machine…E la sua schizofrenia intesa come genialità non è altro che uno stato mentale dell’esercito vanaglorioso dei suoi ingenui fans. Ma la maestria di Bowie nel costruirsi una credibilità di ferro circondata da un alone di vago misticismo non è stata la stessa dell’autore dell’album in questione: Elton John.

Ormai diventato una checca sessantenne affettata e “fashion-victim”, è stato in realtà un compositore ed interprete di assoluta grandezza sfornando, specialmente nei primi anni settanta, album sensazionali, ricchi di pathos e geniali intuizioni melodiche. Perle come “Tumbleweed Connection" o “Madman Across The Water” valgono da sole l’intera discografia di Bowie. Ma Elton John è anche andato a “Buona Domenica” nel 1993, per esempio, deprimendo i suoi attoniti fans con un indecente teatrino tra Jerry Scotti e Umberto Smaila. Bowie, figuriamoci, non l’avrebbe mai fatto.

Elton non ha mai avuto il sex-appeal di Mick Jagger o la straripante energia di Freddie Mercury. E’ basso, brutto, porta un orrendo parrucchino e nel 1980, nel meraviglioso concerto a Central Park, si è presentato davanti a 500.000 fans vestito da Paperino. Ma è stato un grande lo stesso. Dietro i suoi ridicoli occhiali, le sue innumerevoli maschere, c’è sempre stata tanta, tanta sostanza. E una voce calda, un po’ nasale, versatile e graffiante. Di irriverente dolcezza. Nel 1981 esce questo disco, intitolato “The Fox”, uno dei più sottovalutati dell’artista inglese. Ho sempre amato questo album, così variegato, criptico e diretto allo stesso tempo.
All’epoca Elton John è un uomo che vive un radicale cambiamento nella scena musicale, tristemente conscio che non ripeterà più i successi giganteschi degli anni 70. Personalità evidentemente maniaco-depressiva, tenta il suicidio due volte dopo essersi innamorato prima di una ragazza e poi di un ragazzo. Ma, nonostante questo, non perde mai la voglia di prendersi amaramente in giro, come il brutto anatroccolo che sa che non diventerà mai un cigno. “The Fox” è tutto questo, e suona divinamente alle nostre orecchie. Perché Elton mescola vibranti brani rock intrisi di cori gospel e accenni blues (“Breaking Down Barriers”, "Heels Of The Wind”), creando melodie accattivanti e mai banali, supportato da ottimi musicisti: il sapiente tocco del batterista Nigel Olsson e la “metallica” chitarra del bravissimo Ritchie Zito, per citare i migliori; si inventa un brano sui generis come “Just Like Belgium”, che suona come un bambino che aspetta il suono della campanella l’ultimo giorno di scuola; opprime con una melodia che flirta ambiguamente con la disco, un brano sinistro che sembra non decollare mai  ma che ti cattura dal secondo ascolto in poi (“Nobody Wins”); ti stupisce con un pezzo rock-blues un po’ acerbo (“Heart In The Right Place”) ma dominato da una eccellente chitarra contrapposta, come in quasi tutto l’album, agli arrangiamenti mai invasivi di James Newton Howard. Il pezzo “Carla/Etude/Fanfare” è un episodio isolato, una suite classica che poi sfocia nel brano che preferisco a tutti e uno dei miei preferiti in assoluto di Elton: “Chloe”, che parte in sordina ma che poi si scioglie in un chorus da brividi, con cori contrapposti a magistrali archi. Da ascoltare assolutamente.
La dura ma incompiuta “Fascist Faces”, impreziosita comunque dalla chitarra sempre molto tagliente di Zito si contrappone alla morbosa dolcezza di “Elton’s Song”, con testo firmato Tom Robinson, esponente della corrente new-wave dichiaratamente omosessuale.Un ragazzo in un college che si innamora di un suo compagno. L’impotenza di dichiarare questo sentimento e la scelta di viverlo in solitudine (non era facile come oggi, era pur sempre il 1981…) trasmettono sensazioni decisamente claustrofobiche, complici i sapienti accordi minori che Elton sembra prediligere in questi casi. Elton in passato era divertente quanto straziante, ed è la prova vivente che forse disintossicarsi da alcol e cocaina potrà farti vivere qualche anno in più, ma può renderti così lucido da diventare asettico, se scrivi musica di professione.
E così dolcemente “alcolico” è il brano che chiude l’album. Elton diventa “The Fox”, e come una volpe sa benissimo che in certi casi non può arrivare all’uva.
I bei tempi sono passati da un pezzo. I gloriosi anni 70 non torneranno più, e ci mostra un malefico - ma in fondo triste - ghigno in copertina. Ma sa anche benissimo che rimane sufficientemente famoso da potersi permettere di entrare nello “Studio54” e scolarsi litri di whisky con i suoi amichetti senza preoccuparsi di fare la fila. E magari ci scappa pure qualche bel pischello newyorkese. E’ così umano Elton, tanto quanto Bowie è presuntuoso, arrogante e falso. Ma c’è sempre di peggio, credo. Conosco gente che si ascolta i Placebo.
Elton John
21 at 33/ The Fox/ Jump Up
Phonogram, 1980, 1981, 1982

    Volevo proprio farla questa recensione, anomala perché considera tre dischi consecutivi. L'autore è Elton John. Sì, proprio lui, il piano-man di "Bennie and the Jets" e di "Take me to the Pilot", quello strano miscuglio tra Beatles e Little Richard. Ma non il "sir" Elton John che conosciamo oggi. Allora erano altri tempi. Facciamo un po' di storia: nel 1975 e 1976 due progetti "ambiziosi" di Elton John (gli album "Rock of the westies" e il doppio "Blue Moves") hanno poco successo commerciale, Elton John va in crisi, interrompe il suo sodalizio artistico con l'autore di testi Bernie Taupin e si ferma per un anno. L'anno dopo (1978) Elton John si ripresenta "alle masse" con un album che emblematicamente si chiama "A Single Man", bello, con tutti i testi scritti dal pubblicitario Gary Osborne, il cui successo più grande è "Song for Guy", che però è strumentale (!).  Il clamore non è più quello degli anni d'oro, e Reginald Dwight/Elton sembra aver perso la sua strada. A questo punto succede il fatto strano, di cui parliamo oggi: Elton si fa convincere a delegare la direzione artistica dei suoi lavori. E a chi delegarla, se non a quel James Newton-Howard, già collaboratore negli anni '70 (nonché oggi acclamato autore di musica per cinema e TV, da "Il matrimonio del mio migliore amico" alla pluripremiata serie "ER")? Sotto la direzione artistica di James Newton-Howard, quindi, nascono questi tre CD, dei quali si può parlare collegialmente, tanto sono simili e figli di una stessa "logica", ossia un focus stretto sulla qualità ma anche sulla musicalità di quegli anni, prescindendo da 2 dei principi cardine dell'attività di Elton John fino ad allora: costruire attorno a sé un "gruppo" fisso di musicisti e trovare assolutamente uno o più brani per le radio. I testi vengono inoltre condivisi da un gruppo di autori, tra i quali Osborne e Taupin, certo, ma non mancano collaborazioni significative con Tim Rice, Tom Robinson e altri. Sia chiaro: Elton John è e rimane un autore di canzoni, ma vediamo cosa cambia. Innanzitutto il gruppo degli strumentisti: James Newton-Howard fa ruotare i brani sostanzialmente intorno a tre sezioni ritmiche: la prima con Nigel Olsson alla batteria e Dee Murray al basso (la "storica" di Elton John, che ha inciso tutti i successi, da "Candle in the Wind" a "Don't Let the Sun Go Down On Me"); una seconda con Alvin Taylor (batteria) e Reggie Mc Bridge (basso), più secca, più "modaliola", ma molto efficace; e una terza, dove a Nigel Olsson si sostituisce Jeff Porcaro dei Toto. Alla chitarra si alternano Ritchie Zito (poi acclamato produttore, ad esempio di "You can leave your hat on" di Joe Cocker) e Steve Lukather (anche lui dai Toto, ovviamente), mentre Newton-Howard copre tutte le parti di synth e piano elettrico, spesso sostituendosi allo stesso Elton John, che viene così ad essere solo il cantante, non essendo più l'autore degli arrangiamenti né il pianista. E vi invito davvero ad ascoltare brani e groove memorabili come "Two Rooms at the end of the world" (da 21 at 33), con una sezione fiati eccezionale (Jim Horn/Jerry Hay), esperimenti country come in "Take me back" (ancora da 21 at 33, con tanto di assolo di fiddle) o "Heels of the wind" (da The fox), lunghi pezzi sinfonici (la memorabile "Carla/Etude" da The Fox), incursioni misurate nella disco ("Where have all the good times gone" da Jump Up) e divertissement creativi come "Ball & Chain" (Jump Up), con un inatteso Pete Townshend chitarrista acustico.  The fox, dei 3 album, è forse il più affascinante, in grado di spaziare da un rock quasi duro ("Fascist  faces") all'elettronica con tanto di Linn Drum, ecc... Jump Up è invece il più compatto, suonato tutto da una unica, incredibile band, quasi la summa dei vari esperimenti, con Porcaro alla batteria, Murray al basso, Zito alla chitarra e l'immancabile Newton-Howard ai synth. Successi commerciali, pochi. Possiamo ricordare "Little Jeannie", da 21 at 33, e le bellissime "Blue Eyes" (da sentire per capire quanto è importante accompagnare un brano pop "inaspettatamente" con le spazzole) e "Empty Garden" (per John Lennon, morto 2 anni prima), da Jump Up. Tuttavia furono album non troppo notati (stiamo parlando sempre di album di Elton John, quindi vennero venduti, anche se non come i precedenti). Il seguito è storia. L'abbandono di James Newton-Howard, il ritorno della band "storica" (Olsson, Murray e il chitarrista Davey Johnstone, che progressivamente prenderà il ruolo di direttore artistico), la ritrovata ed esclusiva collaborazione con Bernie Taupin alle liriche, e la pubblicazione di due album decisamente inferiori (artisticamente) ai precedenti (Too Low for Zero e Breaking Hearts), dei quali però commercialmente possiamo ricordare tanto: "I guess that's why they call it the blues", "I'm still standing", "Sad Songs". Ed inizia la storia di "sir" Elton John, che continuerà con "Nikita", "The One", le colonne sonore, il musical, i tributi a Gershwin, i duetti con Anastasia, Chris Rea e Nik Kershaw, e con tanta ispirazione "persa" dentro ai dischi d'oro e di platino. Fino alla prossima presa di coscienza, al prossimo cambio di rotta, alla prossima crisi. Sir Reginald  Dwight è fatto ancora così, forse.

Andrea Pavoni

per gentile concessione di Andrea Pavoni (greenwall@infinito.it) da www.megabass.it
Hard to believe, but "The Fox" was originally released 22 years ago in May of 1981 as Elton's first album under his new contract with Geffen Records. David Geffen's new label not only boasted Elton, but also had released John Lennon's smash hit album "Double Fantasy" in late 1980, and would go on to have hits over the coming years with artists such as Berlin, Wang Chung and Don Henley. Geffen had sought after Elton in the early seventies when the record mogul was an executive with Elektra/Asylum (the label the Eagles recorded on). He's famous for saying in 1973, "We're going to sign Elton John and then we're going to take over the world!" If Geffen had managed to do so, who knows where Elton would have taken Elektra or where he himself would have ended up. In the end, however, MCA made him the offer that won the bidding war and the rest, as they say, is history. Recorded in two parts, the record was produced LARGELY by Chris Thomas. As many fans are aware, Thomas knew Elton from their days at the Royal Academy of Music, years before Elton was a spectacled superstar and Chris was working with no less than Pink Floyd (one of his many career highlights is that he supervised the mixing of "The Dark Side Of The Moon"). "The Fox" would mark the beginning of a long and reasonable prosperous association between John and Thomas, who would go on to produce several Elton John albums through the eighties and nineties. Three of the tracks, "Heart In The Right Place", "Carla Etude/Fanfare/Chloe" and "Elton's Song" were produced by Elton John and Clive Franks and were leftover material recorded for but not included on "21 at 33". Chris Thomas may have overseen some of the finishing for these songs, but based on an interview bite from Thomas in the liner notes one gets the impression that he was brought in after they were completed. Rocket/UMG have done a fine job of cleaning up these recordings and generating nice sleeve art, but once again the disc comes without bonus tracks. In the case of "The Fox", the French version of "Nobody Wins" and it's b-side, the smartly urban shuffle "Fool's In Fashion", would both have made for nice souvenirs. However, that doesn't detract from the overall enjoyment of the album as it was originally released and again bearing that in mind we'll once again look at the merits of record on its' own terms and not muse any further about what was left off or could have been added. For starters, this is one of the record that I always felt could have used a bit of cleanup and Gary Moore has once again done great work on the remastering. What really stands out here is the dynamics and considerable reduction in overall tape noise. "The Fox", like all other Elton John records prior to it, were all recorded on analouge tape and while the original master wasn't full of hiss, it was still a bit on the noisy side, especially during the album's quieter passages. Moore has given the record considerable more kick than it originally had, but reduced the tape noise during the softer moments and made them more listenable at a wider range of playback levels and affording the instruments and vocals much more clarity. As to the lineup of musicians, "The Fox" (the second of three consecutive Elton John albums NOT including Davey Johnstone) features a more concise lineup than did "21 at 33", but there are some great names on the credits. Back again are guitarist Ritchie Zito, Alvin Taylor and Reggie McBride on drums and bass for the three leftover tracks. Some of the more mainstay positions were covered by James Newton-Howard on keyboards and orchestral arrangements, Nigel Olsson on drums and Dee Murray on bass. They, along with Ritchie Zito and Tim Renwick (from "A Single Man") were the touring band that Elton played with during up until 1982, so this isn't entirely surprising. A few guest artists include electronic drum genius Roger Linn, session ace percussionist Victor Feldman, a second engagement by Rev. James Cleveland and the Cornerstone Baptist Church Choir (they also sang on "Blue Moves" in 1976) and harmonica great Mickey Raphael (best known for working with Willie Nelson). As John Tobler points out, "The Fox" is a strong album, despite the ongoing use of several lyricists. Bernie Taupin contributed four tunes: "Just Like Belgium", "Fascist Faces", "Heels of the Wind" and "The Fox", which are hands down the best tracks on the album. Proof that Elton musically responds to Taupin like a duck to water is no more in evidence than on "Just Like Belgium" featuring a spirited and perfectly played Alto sax solo by session veteran Jim Horn captures the exuberance of young men on the romp in Europe as only Taupin can. This is in direct contrast to "Fascist Faces", one of Taupin's few pieces of overt political commentary, which features a ripping guitar solo by Ritchie Zito. "Heels Of The Wind" kicks along just fine with Elton delivering and driving major-key pop melod y and strong vocal delivery to lyrics thatspeak of a relationship that's just not working out. Finally, there's "The Fox", which has always been for me one of very Elton's best album moments, and a great John-Taupin song that should have been heard by a wider audience. Featuring an engaging lyric, Taupin writes for Elton as if he were inside his partner's own head, with words that are as cunning and wiley as 'the fox' itself (or perhaps "himself") and Elton supplying music and vocals that match perfectly, with the tone perfectly topped off by Mickey Raphael's wonderfully grass-roots harmonica perfomance. Gary Osborne, however, manages to hold his own with "Breaking Down Barriers" opening the album on an aggressive note and letting the listener know that Elton's ready to go and a splendid time is guaranteed for all. "Heart In The Right Place" rocks along with a deliciously tongue-in-cheek lyric skewering the twisted relationship between the press and a celebrity. "Chloe", while not as engaging as "Little Jeannie" but still very good, on its own would be just another Elton ballad, but somehow coming at the end of the gorgeous "Carla Etude" and the spritely "Fanfare", it finds its rightful place and after all these years one can't fathom the sequence with out it anymore than "Funeral For A Friend" without "Love Lies Bleeding". However, "Chloe" was good enough to chart an additional Top 40 hit for Elton. Osborne and Jean-Paul Dreau co-wrote the English version of "J'Veaux de la Tendresse" which turned out to be the Euro-disco based "Nobody Wins", the other Top 40 single from the album. And Tom Robinson contributed lyrics to one of Elton's best ballads on record, the hauntingly beautiful "Elton's Song". Elton's piano is featured prominently and his playing, while short on solos, had many stylish runs and flourishes. Elton also provides the introductions on almost all the numbers. Elton especially shines on "Carla", where his classical training comes back into the spotlight backed by the London Symphony Orchestra again to the nearly the same level of brilliance he had with "Tonight" in 1976. The CD's booklet is near perfect on this collection, with my only comment being that I would like to have seen the lyrics and credits recreate the italic type style of the original sleeve and the recording credits page's type size is very tiny and just barely legible. Otherwise, while there is no Elton signature this time, there are the usual single sleeve cover reproductions, photo outtakes and a thankfully unused cover art design. With an interesting mix of rock and roll, pop tunes, pretty ballads and classical moments, "The Fox" is an elegant album and typical of Elton's mixing styles across the entire lineup. Yet, all the songs fit the overall "sound" of the record and considering that Chris Thomas was brought in originally to "salvage" the record, he feels (as do I and many others) that the record turned out just fine to both producer and artist. This many years later, very little of the album's material comes across as dated and much of it still stands up very well for itself... to quote Taupin, "a fascinating cross of sharp as whip and tough as an ox." Yes, that is "The Fox".
Andy Geisel - 22nd Row 2003

 

da Rolling Stone del 6 agosto 1981

With The Fox, the king of Seventies mass-market pop-rock has finally found a comfortable balance between the churchy turgidity of "serious" efforts like Blue Moves and the irresistible thrust of his finest singles. For a change, there's no glaringly obvious filler, and Elton John's lusty pop gospel singing eschews the earlier extremes of oratorical histrionics and rock & roll brattiness. Tune for tune, these eleven songs make up John's most consistently listenable collection in years.

John also seems determined to regain the grip on the pop mainstream he lost after Rock of the Westies. Six cuts were produced by Chris Thomas, whose success with the Pretenders has made him one of today's hottest aural alchemists. In "Nobody Wins" (the album's only number not cowritten by John). Thomas seals the star's mournful vocal in a metallic casement of flashy sound effects propelled by synthesized percussion. With its brilliant artificiality and jerkily mechanical propulsion, this is high-gloss popular music squarely in the mold of "Bette Davis Eyes" and Blondie's hits.

Because Elton John worked with four collaborators on The Fox (Bernie Taupin penned the lyrics to four tunes. Gary Osborne four, Tom Robinson one, and keyboard virtuoso James Newton Howard cowrote the "Eanfare" instrumental), the LP takes him in several complementary emotional directions. "Heels of the Wind," the best of the John-Taupin compositions, is a hard-kicking anthem about the freedom of the road, in which Taupin refrains from his customary literary heaviness. But "Fascist Faces." "Just like Belgium" and "The Fox" find John's streamlined melodies burdened with pretentious similes, purple imagery and words like "turtlesque."

John's collaboration with Gary Osborne has grown much more assured since the duo debuted with the stiffly portentous lyrics of A Single Man. "Breaking Down Barriers," a frothy love song in the R&B-inflected style of "Philadelphia Freedom," is the pair's most spirited achievement to date, while "Heart in the Right Place," a sour diatribe against rock journalists, evokes rock-star petulance with an amusingly light-handed bitchiness. Lyrically. The Fox high point is a first-person remembrance of a homoerotic boyhood crush. "Elton's Song," which John wrote with Tom Robinson. Unfortunately, the tune is too fragmented to nail down the poignantly direct sentiments.

Will The Fox reestablish John as a triple-platinum powerhouse? Not likely, since the lights are still going out all over the pop circus world this artist helped create and then celebrated with such voracious glee. In his mad dash through the Seventies, Elton John exalted and sent up every major commercial trend, from Philadelphia soul to glitter rock. If the new album doesn't exude the pure, zany adrenalin of his most memorable singles, it's because this dash not only devoured much of what it embraced but was self-consuming as well. In the end, The Fox sounds less like a comeback than a graceful, mature coda to pop's banquet years, when Captain Fantastic ruled the airwaves and the champagne never stopped flowing.

*** su *****

STEPHEN HOLDEN

 
 
da All Music Guide

The early '80s were not a particularly focused time in Elton John's career. The Fox (1981) is a reflection of the tentative regrouping that began on his previous effort, 21 at 33 (1979). In fact, a third of the material was left over from the same August 1979 sessions. This results in dithering musical styles and ultimately yields an uneven and at times somewhat dated sound. The reunion with Bernie Taupin (lyrics) that commenced on 21 at 33 is once again sparsely tapped. He contributes the tepid "Heels of the Wind" as well as "Just Like Belgium," which foreshadows the pair's future lightweight efforts such as "Nikita." Slightly more promising, however, is the midtempo rocker "Fascist Faces" -- which may well be a nod to David Bowie's infamous "Britain could benefit from a fascist leader" statement. The album's introspective title track instantly recalls the slightly bittersweet "Curtains" coda from Captain Fantastic and the Brown Dirt Cowboys (1975). Gary Osborne and Elton John's collaborations were beginning to yield some impressive results, including "Heart in the Right Place" -- which could easily have been a follow-up to the slinky Caribou (1974) track "Stinker." The tender "Chloe" conclusion to the "Carla/Etude/Fanfare" medley became one of two tracks extracted as singles. The other, "Nobody Wins," sports a Euro-beat flavor and was adapted from a French techno-pop hit by Osborne and Jean-Paul Dreau. According to John, the dark and noir "Elton's Song" remains a favorite, and he very occasionally revives it for live performances. Although The Fox isn't a grand slam, it isn't exactly a bunt either. However, the incremental momentum would continue on the subsequent long-player, Jump Up! (1982), before culminating on his '80s breakthrough, Too Low for Zero (1983).

Lindsay Planer

 


anno/label 1981 - ROCKET in UK, GEFFEN in USA 
produzione Elton John/Clive Franks/Chris Thomas
arrangiamenti orchestrali James Newton Howard/Martin Paich
studio Superbear Studios, Nizza; Sunset Sound, Los Angeles; Wessex Studios, Londra; Village Recorders, Los Angeles; EMI Studios, Abbey Road, Londra
musicisti Nigel Olsson: batteria; Alvin Taylor: batteria; Reggie McBridge: basso; Dee Murray: basso e cori;  Ritchie Zito: chitarre: Steve Lukater (non accreditato): chitarre;  James Newton Howard: tastiere; Mickey Raphael: armonica; Jim Horn: sassofono; Victor Feldman: percussioni; Stephanie Spruill: percussioni, cori; James Gilstrap, John Lehman, Carl Carwell, Roy Galloway, Oren Waters, Ronald Baker, Chuck Cissel, Clarence Ford, Venette Gould, Tamara Matoesian, Bill Champlin, Gary Osborne, Max Gronenthal, James Cleveland & Cornerstone Baptist Church Choir, Elton: cori; James Cleveland, Colette Bertrand: parlato; Elton: piano
note grande album degli anni 80 compreso (e comprato!) da pochi, rifiutato addirittura dalla MCA e pubblicato così dalla nuova etichetta di David Geffen; siamo lontani dai capolavori anni 70, ma forse il miglior Elton dei due decenni successivi