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album I album secondari


Elton John - Tumbleweed Connection  (1970)

 
Tumbleweed Connection, terzo album in ordine di pubblicazione a pochi mesi di distanza da Elton John,  è senza alcun dubbio uno dei picchi qualitativi nella produzione di Elton John, se non il suo punto più alto in assoluto.  Le canzoni contenute nell'album furono registrate nello stesso periodo di quelle che entrarono a far parte dell'album Elton John.  Ma qui l'impronta è diversa, è un disco che si ispira al West americano e ha come punto di riferimento un gruppo molto amato da Elton e Bernie, The Band.  I superlativi arrangiamenti di Paul Buckmaster qui sono più ariosi e le canzoni sono su un livello oggi inimmaginabile, compresa la Love Song di Leslie Duncan, all'epoca corista di Elton e cantautrice emergente.  Particolare curioso, l'album entrò in classifica senza che nessun singolo fosse mai pubblicato, caso veramente unico e sorprendente, e ciò avvalora la grande qualità di quest'album.  Se Elton John avesse continuato su questa strada sicuramente non sarebbe diventata una superstar ammazzaclassifiche capace di piazzare hit per parecchi anni in tutto il mondo, ma la sua considerazione come musicista ed interprete avrebbe avuto ben altro spessore.




principali edizioni in vinile

1970 Australia DJM SDJL-934079
gatefold
1970 Canada UNI 93096
gatefold
1970 Francia DJM   gatefold
1970 Germania DJM 80 988 IT
gatefold - DJM label
1970 Germania DJM/HANSA 80 988 IT
gatefold - HANSA label
1970
Germania DJM/HANSA 85 537 IT gatefold
1970
Israele
DJM
VV-30622
 
1970 Italia DJM/RICORDI SNIR DJ 25028 gatefold
1980 Italia RECORD BAZAR
RB 262
ristampa
1970 Italia DJM/RICORDI SNIR DJ 25028 gatefold
1978
Italia
DJM
DJF 29410

1985 Italia DJM DJF 1214

1970
Giappone
DJM
IFS-80672
gatefold - promo - white label
1970
Giappone
DJM
FP-80211
gatefold
1970
Giappone
DJM
K22P-203
gatefold
1970 Corea ASIA THL-13
bootleg?
? Olanda DJM 829 248-1
ristampa
?
Olanda
DJM
DJF 24010
ristampa
1970
Nuova Zelanda  DJM
SDJL-934079 gatefold
1970
Filippine
DJM
DJLPS 410
 
         
       
   
 
 
   
   
 
 


1)  Ballad Of A Well-Known Gun
2)  Come Down In Time
3)  Country Comfort
4)  Son Of Your Father
5)  My Father's Gun
6)  Where To Now St. Peter?
7)  Love Song*
8)  Amoreena
9)  Talking Old Soldiers
10)  Burn Down The Mission

* composta da Lesley Duncan   

negli anni 90 è stata pubblicata una versione rimasterizzata del CD con due bonus tracks:

11)  Madman Across The Water (versione alternativa)
12)  Into The Old Man's Shoes

 


Se l'album del 1970 'Elton John' lo ha fatto conoscere, il suo seguente LP, 'Tumbleweed Connection' (letteralmente: 'Connessione alla pianta d'amaranto', quella che si vede volare, appallottolata, con il vento, nelle grandi praterie americane, ndr), più che consolidare la posizione di Elton e sebbene la mancanza di un grande singolo da hit, guidò un maggiore e conveniente passo in avanti negli Stati Uniti. Comunque, come il suo eponimo predecessore, fu certificato come 'gold' per le vendite di oltre mezzo milione di copie, nonostante abbia indubbiamente venduto ben oltre un milione di copie da quando é apparso per la prima volta (due decenni e mezzo fa). Visto che la certificazione 'platinum' non fu introdotta fino al 1976, così come quella 'multi - platinum' fino al 1984, il preciso status di quest'album non é mai stato ufficialmente stabilito, sebbene é quasi certamente almeno 'double platinum'.
'Tumbleweed Connection' segnò il momento durante il quale Elton stava maturando influenze in Gran Bretagna come un serio artista rock, soprattutto con atti per album.
Distribuito nell'ottobre del 1970, fu il suo primo LP a raggiungere la Top 10 del Regno Unito, rimanendo in classifica per cinque mesi (diverse settimane in più rispetto all'album 'Elton John'). Se questa direzione e immagine 'rock' (intesa come opposta al 'pop') fu intenzionalmente lo scopo, venne anche un pò annebbiata dalla distribuzione nel primo 1971 di 'Your Song' (dal precedente LP) come singolo, che divenne il primo di Elton a raggiungere la UK chart 45, sebbene stranamente non fu inclusa nel suo ultimo album.
Quasi tutte le canzoni del nuovo LP, che fu registrato ancora al Trident Studio e prodotto da Gus Dudgeon, sembrarono riflettere il coinvolgimento e l'interesse di Bernie Taupin per il West Americano, i banditi, gli sceriffi, i grandi esterni, ecc. Due delle dieci canzoni sull'album includevano la parola 'gun' nel titolo, e il color seppia che dominava la ricca copertina, una 'ripiegatura' con un libretto di 12 pagine contenente testi, ringraziamenti ai musicisti e disegni (di un treno, di un'imbarcazione fluviale, di soldati, ecc.), e ricche e scure fotografie rinforzavano l'impressione creata da titoli come 'Country Comfort', 'Burn Down The Mission' e 'Ballad Of A Well - Known Gun'. Nonostante queste ovvie attenzioni e spese, nessuna canzone di questo LP chiaramente superbo é mai stata un singolo da hit, nemmeno per Elton stesso, sebbene di 'Ballad Of A Well - Known Gun', che nella versione qui presente mette in evidenza l'interpunzione della chitarra di Caleb Quaye e l'accompagnamento vocale di sei potenti cori (includendo Dusty Springfield, Lesley Duncan, Madeleine Bell e Tony Burrows), fu fatta una cover dalla più giovane sorella di James Taylor (Kate), inserita nel suo LP (esclusivo della classifica degli Stati Uniti). Kate Taylor (che non condivideva chiaramente col fratello maggiore la fiducia in sé come compositrice) fece anche una cover di 'Country Comfort' sullo stesso LP, e quest'ultima canzone divenne ancora una cover, però di una sincera artista country, Juice Newton, la quale incluse la sua versione nel suo primo album da hit del 1981. Comunque, la versione coverizzata é probabilmente conosciuta maggiormente perché Rod Stewart la incluse nel suo secondo LP, 'Gasoline Alley'. La versione originale di Elton, che suona piuttosto bluegrass o country/rock, mette in evidenza il violino (del veterano jazzista Johnny Van Derek), la chitarra pedal steel (Gordon Huntley dei Matthews Southern Comfort) e l'armonica di Ian Duck, il vocalist e uomo di punta degli Hookfoot, gli amici di Elton alla DJM, che appaiono tutti - il chitarrista Caleb Quaye, il batterista Roger Pope, il bassista Dave Glover e Ian Duck - nell'album.
L'ultimo brano qui sull'LP, 'Burn Down The Mission', che divenne un pezzo straordinario dei live di Elton dell'epoca, richiama notevolmente alla mente, le epopee gotiche in stile moderno di Jim Steinman come 'Bat Out Of Hell', sebbene rimanda leggermente da parte del testo alla sigla musicale dei Meat Loaf, che non fu scritta fino a molti anni di distanza da 'Mission', la quale divenne una cover di Phil Collins in 'Two Rooms', il tribute album del 1991 delle canzoni di Elton e Bernie. Nello stesso insieme di celebrità, Sting fece una cover di 'Come Down In Time', che era una delle apparenti eccezioni al concept western dell'album, una moderna canzone romantica che nella versione originale di Elton fanno apparizione l'arpa (come in Harpo Marx) suonata dall'indimenticabile Skaila Kanga, e l'oboe. La canzone fu registrata anche da Judy Collins in coppia con Al Kooper, due ragguardevoli artisti americani degli anni '70 che erano i preferiti critici.
Due delle canzoni di 'Tumbleweed' si soffermano in modo leggermente ripetitivo su degli argomenti ma la qualità compositiva in entrambi i casi é ispirata. 'Where To Now, St. Peter?' si dedica all'agnostico dilemma secondo il quale la destinazione finale é il paradiso o l'inferno (ed é uno dei più scaltri tra i primi testi di Taupin), e la più rassegnata 'Talking Old Soldiers' potrebbe essere stata scritta da Randy Newman. La seconda ha una dedica a 'David', creduto essere David Ackles, cantante e compositore americano, il terzo LP del quale, 'American Gothic', sarebbe stato prodotto da Bernie Taupin. David Ackles fu l'occasione per la prima apparizione live di Elton negli Stati Uniti, al famoso club 'Troubadour' a Los Angeles nell'agosto del 1970 (nel quale luogo l'America iniziò la sua continua ammirazione e il suo continuo amore per Elton e il suo lavoro).
Una prima registrazione della 'title - track' del successivo album di Elton, 'Madman Across The Water', fu intrapresa durante le sessions che produssero 'Tumbleweed Connection' e metteva in evidenza Mick Ronson alla chitarra piuttosto che Chris Spedding - Ronson ebbe risalto intorno a questi anni (i primi anni '70) come braccio destro di David Bowie nel 'Spiders From Mars', nella band di 'Ziggy Stardust'. E' stata anche menzionata un'altra versione acustica, che mette in evidenza il chitarrista folk Michael Chapman, ma la registrazione che include Ronson fu distribuita ufficialmente solo nel 1991 sulla compilation 'Rare Masters'.
Elton ha detto di 'Tumbleweed Connection': 'Lyrically and melodically, that's probably one of our most perfect albums. I don't think there's any song on there that doesn't melodically fit the lyric'. Bernie Taupin ricordò: 'Everybody things that I was influenced by Americana and by seeing America first hand, but we wrote and recorded the album before we'd even been to the States. It was totally influenced by The Band's album, 'Music From Big pink', and Robbie Robertson's songs. I've always loved Americana, and I loved American Westerns. I've always said that 'El Paso' was the song that made me want to write songs, it was the perfect meshing of melody and storyline, and I thought that here was something that married rhythms and the written word perfectly'.
'Amoreena', una canzone d'amore piena di rimpianti nella quale Elton fu sostenuto per la prima volta dalla sua rhythm section (lo sarà per molto tempo) formata da Dee Murray e Nigel Olsson, é anche il nome della figlioccia di John, e 'Love Song' é una canzone esterna all'album, scritta da Lesley Duncan, la quale suona la chitarra acustica e canta con Elton. Entrambe le canzoni e la traccia completa erano eccezionali (anche se la canzone non era originaria del duo John/Taupin), quest'ultima illustra il modo con il quale Elton ha spesso incoraggiato gli sforzi di amici talentuosi... 'Son Of Your Father' (completamente diversa dal brano, dal nome simile, dei Chicory Tip, una hit di due anni più tardi) é un'elevata e triste trama cinematografica narrante di due fratelli, uno dei quali cieco e avente un uncino invece della mano; essa, come diverse canzoni sull'LP, é sufficientemente realistica da poter probabilmente far pensare, un giorno, di gettare le basi per il copione di un film. Questo album pressocché concettuale può avere attratto l'attenzione degli Eagles, che trattano argomenti simili in maniera totalmente concettuale nel loro album 'Desperado', uno o due anni più tardi.
John Tobler, 1995 (dal librettino della versione rimasterizzata)

traduzione di Pierluca Turnone


Nel 2008 viene pubblicata una Deluxe Edition, con doppio disco: il secondo CD contiene ben 13 brani, tra versioni alternative delle canzoni già presenti nell'album, pezzi scartati ed esecuzioni live.

1)  There Goes a Well-Known Gun
2)
 Come Down In Time  (piano demo)
3)  Country Comfort  (piano demo)
4)  Son Of Your Father
5)  Talking Old Soldiers  (piano demo)
6)  Into the Old Man's Shoes  (piano demo)
7)  Sisters of the Cross  (piano demo)
8)  Madman Across the Water  (versione alternativa)
9)  Into the Old Man's Shoes
10)  My Father's Gun  (BBC live)
11)  Ballad Of A Well-Known Gun  (BBC live)
12)  Burn Down The Mission  (BBC live)
13)  Amoreena  (BBC live)


 
 
 
 
 
 

classifiche:
Stati Uniti:    5° posto
Inghilterra:    6° posto
Italia:    --
 
 
 
 
 

Elton John  Tumbleweed Connection
di Enrico Sisti   da www.repubblica.it

Una leggendaria dimostrazione di forza. D'autore
Erano i giorni di "Reggie scatenato". L'esordio americano, al
Troubadour di Los Angeles nell'agosto del '70, anticipò di qualche
giorno la pubblicazione di questa meraviglia che proprio all'epopea
americana del west (e al country-rock "revisited" cui il ragazzo
aveva sempre prestato molta attenzione) doveva gran parte della
sua linfa vitale. Dopo solo pochi minuti di disco, con l'oboe di Karl
Jenkins e la prepotente dolcezza dell'orchestra di Paul
Buckmaster, ancora oggi Come down in time dà la misura di una
bellezza totalizzante e, forse, dimenticata, esprimendo tutto il
potenziale del formato breve ( la canzone), di quel disperato e
obbligato ermetismo che la storia della comunicazione ha
trasformato nel più ascoltato prodotto dell'arte di consumo.
Elton aveva appena 23 anni, ma era già maturo come un bicchiere
di porto e come un bicchiere di porto si scopriva importante ad ogni
sorsata, perdendosi nella sua stessa profondità.  Talento
straordinario, con Tumbleweed Connection Elton entrò nella sua
fase più creativa, che si sarebbe chiusa soltanto con Goodbye
Yellow Brick Road e il sottovalutato Caribou.  Già in quei giorni,
benché non avesse ancora raggiunto la fama planetaria, Elton
era una spalla alla quale appoggiarsi.  La spalla avrebbe
garantito sostegno per anni, trovando naturale produrre
almeno una mezza dozzina di dischi da isola deserta,
cambiando solo qualche tassello nella band.
E le basi di tutto ciò nascevano qui. Nella foto virata seppia della
copertina, nella grafica da whiskey del Tennessee, nella contagiosa
turbolenza del rock blues (Ballad of a well-known gun, Son of your
father e la languida My father's gun che riprendeva uno dei fili
staccati della cultura inglese, che non aveva quasi mai osato prima
rischiare il gospel-pop), nel candore di Love song (la celebre
canzone di Lesley Duncan), nella strepitosa completezza di Where
to now St. Peter? e Talking old soldiers. Una macchina del tempo,
quella di Tumbleweed connection, alimentata da prodigiose
intuizioni che Elton elaborava sui testi già scritti di Bernie Taupin.
Le incisioni erano scarne, come il gruppo che le rendeva possibili e
che era formato da nomi a loro modo mitici come Nigel
Olsson, Dee Murray, Caleb Quaye, Roger Pope.
Così quando uscì il live 11-17-70 nessuno si stupì che la band 
di Elton John si era fisiologicamente ridotta a uno scheletrico trio. 
Forse proprio grazie alla loro singolare desolazione,
questi canti d'amore e di guerra (sentimenti e pistole) hanno potuto
vivere in tutti questi anni al riparo dalle schegge impazzite
dell'omologazione. Se Elton avesse avuto cura della sua carriera
come ha avuto cura dei suoi capelli, avrebbe forse impedito che
l'autore di questo capolavoro, "il pazzo che camminava sull'acqua",
diventasse lo stralunato testimonial di oggi. Testimonial di cosa?

                da www.delrock.it
               di Riccardo Bertoncelli

                      Elton John fu «la prima grande rock
                         star degli anni ‘70», come scrisse
                         Robert Hillburn sul Los Angeles Times
                         nell'agosto 1970, consacrandolo dopo
                         il suo primo concerto americano. 

                            Lo so che è difficile farlo capire a chi non c'era, ai tanti che
                            hanno in mente un Elton John bolso, autoparodistico, molto
                            più vecchio dei suoi anni, e più che alle canzoni sono
                            interessati ai suoi occhiali o alle sue zeppe. Ma ci fu un
                            tempo in cui Elton John era giovane, vitale e ricco di idee, e
                            fu un tempo felice. Una stagione in cui il rock riscoprì la
                            canzone, dopo aver perseguito la distruzione delle forme
                            con gli acidi della psichedelia e del progressive. Accadde
                            giusto agli inizi dei '70, con la grande scuola delle Joni
                            Mitchell e Carole King, dei James Taylor, dei Randy
                            Newman; e con il fiammeggiante esempio di Reginald
                            Dwight, in arte Elton John, un britanno puro con una sua
                            idea fantastica di America, bianca e nera, capace di mettere
                            in belle canzoni romantiche o boogie i suoi amori e il suo
                            mestiere. 

                            Tra il marzo del 1970 e il maggio 1972, poco più di due
                            anni, pubblicò la bellezza di quattro album di inediti, una
                            colonna sonora e un live, oltre a qualche pezzo sparso su
                            45 giri - così, per gradire. Era una macchina di musica,
                            aveva imparato a scrivere presto e bene con una dura
                            gavetta a 10 sterline la settimana, musicando per le
                            edizioni di Dick James i testi che gli arrivavano via posta da
                            un giovane paroliere che neanche conosceva di persona,
                            Bernie Taupin. Quando finalmente riuscì a trovare spazio
                            come interprete, all'alba del 1969, la coppia affinò i suoi
                            prodotti ma il ritmo rimase infernale, spaccando in due
                            pubblico e critica. «Si trattava di musica usa e getta o di un
                            impianto per il riciclaggio dei rifiuti?», ha scritto Robert
                            Christgau sulla Storia del rock di Rolling Stone. Né l'una né
                            l'altro, in effetti. Pur con il ricorso a qualche filler, come no?,
                            gli album di Elton John erano pieni di belle canzoni e
                            proponevano un nuovo stile, innestando elementi di rock sul
                            ceppo della classica canzone pop e dando al pianoforte
                            nuova linfa, seguendo l'esempio di un maestro amatissimo
                            dall'artista e oggi praticamente dimenticato - Leon Russell. 

                            Elton John incide ancora oggi, è appena uscito un Peachtree
                            Road con registrazioni nuovissime. Ma se si vuole ascoltarlo
                            fresco e ispirato, come qualcuno forse neanche immagina,
                            bisogna tornare agli anni che prima dicevamo, agli inizi
                            della storia. Non c'è un album che raccolga l'unanimità dei
                            consensi, ognuno ha un suo preferito. Io scelgo Tumbleweed
                            Connection, il terzo, ottobre 1970, anche se la storia dice che
                            non godette di straordinaria fortuna e soprattutto non ebbe
                            riflessi sul mercato dei 45 giri, dove per anni Elton
                            furoreggiò. È il secondo disco prodotto da Gus Dudgeon e
                            l'unico di quel periodo in cui manca la firma di Paul
                            Buckmaster, l'arrangiatore di fiducia. Così niente orchestra
                            in senso classico, e forse proprio questo mi piace: un
                            tappeto sonoro molto «American Sixties», più asciutto e
                            colorito, con un tripudio di chitarre acustiche, elettriche, 12
                            corde e steel, e il pianoforte di John che in quel giardino
                            produmato cerca il suo spazio. 

                            Due canzoni almeno svettano con personalità: Country
                            Comfort, che Rod Stewart riprenderà splendidamente di lì a
                            poco in Gasoline Alley, e Burn Down The Mission, uno dei
                            capolavori dell'artista, uno dei suoi segni più marcatamente
                            rock - c'è un pianoforte inquieto che scappa dalle dolcezze
                            delle chitarre acustiche e dell'organo di Brian Dee, e va ad
                            abbracciare non solo Russell ma tutta la grande tradizione
                            del boogie rock, fino a Jerry Lee. Altro di bello è più
                            nascosto, tra le pieghe: come Ballad Of A Well-Known Gun o
                            Where To Now St. Peter?, con la chitarra stranita di un ottimo
                            musicista che in quel periodo frequentava spesso John,
                            Caleb Quaye. 

                            Anche Love Song è una delizia, e una rarità. È l'unica
                            canzone dell'album che non porta la firma di John e Taupin.
                            Venne scritta da Lesley Duncan, che appare nel brano come
                            cantante e chitarrista, e porta il curioso Elton in un dolce
                            mondo West Coast che, un anno dopo Woodstock, è già
                            quasi storia più che attualità. Sarebbe stato divertente
                            insistere su quella pista, invece ci restano solo tre minuti e
                            quaranta secondi per immaginarci con malizia come avrebbe
                            potuto suonare un Crosby, Stills, Nash & John. 

                            Tumbleweed Connection è disponibile in una nuova versione in
                            Superaudio cd ibrido/5.1. Surround insieme ad altri dischi
                            del suo catalogo classico: Elton John, Honky Chateau, Madman
                            Across The Water e Captain Fantastic & The Brown Dirty Cowboy.
                            Rispetto all'originale del 1970, presenta due bonus track
                            peraltro già presenti in una precedente ristampa cd. Sono
                            Into The Old Man's Shoes, a suo tempo facciata B del singolo
                            di Your Song, e la versione originaria di Madman Across The
                            Water, la canzone che avrebbe intitolato l'album successivo
                            di Elton John, novembre 1971. (riccardo bertoncelli) 

                            Elton John - Tumbleweed Connection (Mercury) ***½ 
 


da www.debaser.it

Elton John: Tumbleweed Connection

Recensione di: Blackcrow, (04/12/2005)
Voto: * * * * *

È sorprendente l'ostinata puntualità con cui - mentre molti maturi signori della canzone leggera riescono ancora a centellinare saporite delizie melodiche, procrastinando all'infinito il proprio canto del cigno - alcuni musicisti navigati si affannino, a suon di tonfi artistici, a smentire il detto "gallina vecchia fa buon brodo". Così - cullati tuttora dalla voce pastosa e intrisa di scotch del caro vecchio Van o incantati nello scoprire un James Taylor sempre più sottilmente comunicativo - ben poca sorpresa desta l'immancabile appuntamento con le furbe tinte di Sir Reginald Wright, in arte Elton John. Il quale, ridotto ormai a marionetta più o meno consapevole dello show biz, non sforna una cosa degna del suo altisonante nome dal lontano 1992 - anno in cui il discreto "The One" partoriva con taglio cesario il più grande pezzo del nostro in ben cinque lustri, "The North".

La storia è nota fino alla nausea: dall'orrendo e ingiustificabile esperimento di "Victim Of Love" (1979) in poi, il baronetto stenterà - pur alternando ad opere indecorose o inutili alcune sufficienze piene - a far rivivere la magia capace, nel breve lasso tra il 1970 e il 1973 (per qualcuno 1975), di inanellare perle inossidabili come "Tumbleweed Connection", "Madman Across The Water", "Honky Chateau", "Don't Shoot Me" e il doppio "Goodbye Yellow Brick Road". Supportata dal sempiterno riscontro di botteghino di pezzi come "Rocket Man", "Candle In The Wind", "Daniel" e mille altri - la memoria di questo eccelso songwriting rischia però di non rendere merito alla genialità insita nella costruzione stessa delle opere, destinate ad apparire perlopiù (almeno presso i non addetti ai lavori) come meri contenitori di prelibati hit. Questione che diventa spinosa proprio là dove questi hit scarseggiano o non sono affatto presenti: ed è appunto il caso del capostipite della gloriosa stirpe, lo straordinario trattato visuale-letterario di "Tumbleweed Connection" (1971) - che a 35 anni dalla sua comparsa strappa ancora una commossa ovazione.
Questa intensa e corposa rivisitazione dell'epopea western vede il lirismo di Bernie Taupin e le invenzioni melodiche di Elton raggiungere un grado di fusione talmente efficace da lasciare sbalorditi ad ogni ascolto. Lasciate da parte l'edulcorato pop da classifica di "Sacrifice" o "Word In Spanish" nell'abbracciare senza remore l'irresistibile rock-blues di "Ballad Of A Well-Known Gun" e "Son Of Your Father", il sublime esperimento di gospel-pop in "My Father's Gun" o la delizia west-coast di "Love Song" (cantata e firmata da Lesley Duncan). Concedetevi pure una pausa, prima di fare i conti con la terribile compiutezza melodica di "Where To Now St. Peter?", la disarmante cantabilità di "Country Comfort" (ripresa mirabilmente lo stesso anno da Rod Stewart, in "Gasoline Alley") e il crack emotivo di "Talking Old Soldiers". Lasciate scorrere nelle vostre vene il canto struggente di "Amoreena" e l'inquieto pianoforte dello straordinario boogie-rock nella conclusiva "Burn Down The Mission". E se tutto questo non basta ancora a procurarvi il capogiro, la dolce orchestra guidata da Paul Buckmaster è pronta ad affiancare l'oboe di Karl Jenkins nell'annunciarvi quei tre minuti di inarrivabile e totale perfezione che va sotto il nome di "Come Down In Time" - vertice assoluto di un'ispirazione melodica che, almeno in questi solchi, non conosce vecchiaia
.


da www.rocklab.it

Elton John
Tumbleweed Connection

Autore: Marco Mantovani


Credo che su Elton John si possano dire almeno due cose, senza timore di essere smentiti:
1)E' un uomo di antipatia rara.
2)Ha scritto delle canzoni memorabili.
Molte di queste canzoni memorabili sono contenute su Tumbleweed Connection, un album risalente agli inizi della sua carriera, e che si contende, insieme a Goodbye Yellow Brick Road ed a Captain Fantastic, la "palma" di sua opera migliore. Uscito nel Gennaio del 1971, Tumbleweed Connection è un disco musicalmente piuttosto cupo ed introspettivo, assai diverso da alcune sue produzioni successive. La foto di copertina ritrae un Elton John ancora giovanissimo e dall'aspetto abbastanza dimesso; nulla a che vedere con la star bizzosa e indisponente della seconda metà degli anni '70 ed oltre. Và detto che Elton, anche nei suoi periodi più fastidiosamente kitch e pacchiani, non smetterà mai di scrivere grandi pezzi, ma saranno quasi sempre episodi a se' stante; grandi canzoni utilizzate per trainare album complessivamente mediocri.
Tumbleweed Connection, invece, è un disco bello dall'inizio alla fine. Il suono è, a tratti, quasi country. La strumentazione è meno ridondante del solito, il pianoforte è sempre in grande evidenza, ma non mancano violini e steel. Sicuramente è il disco più "americano" di Elton, non ci sono dubbi.
Almeno 3-4 grandi ballate, struggenti e di grande intensità, si alternano a pezzi più movimentati e rockeggianti, ma, come detto, è un disco dove prevalgono le tinte scure.
E' davvero difficile trovare un punto debole: dall'iniziale Ballad of a Well Know Gun, fino alla bellissima Burn Down the Mission. In mezzo, solo grandissimi brani; Come Dawn in Time e Talkin Old Soldier, struggenti e toccanti. Country Comfort e Son of Your Father, i due pezzi più vicini a sonorità country del disco. Ma anche tutto il resto è davvero indimenticabile: Amoreena, Love Song, My Father's Gun.
Capolavoro.




da UNCUT

Back in January of 1970, with the ’60s having ended and the ’70s yet to take shape, a generation wondered who would step forward to fill the massive hole in the pop universe where The Beatles had been. At that moment, a bespectacled, portly youngster with a big voice, elevated piano chops and a force-of-nature performing persona was recording the album that would thrust him into that void a few months hence.

The key event occurred in August of that year, when 23-year-old Elton John, backed by bassist Dee Murray and drummer Nigel Olsson, played his first US shows at LA’s Troubadour in front of a packed, star-studded and media-saturated crowd. By that time, people were already hailing “Your Song”, which was then getting airplay as an album track on FM radio, as a modern-day standard, so Elton had some momentum. But when the word spread about the by-all-accounts mind-blowing Troubadour performances, his ascent to stardom was nearly instantaneous. And to think, he was contemplating “packing it all in and joining Jeff Beck” just a month before the Troubadour gig.

Nonetheless, Elton was a perplexing musical puzzle, with the tunefully sentimental piano balladry of “Your Song” indicating the arrival of a major pop star, the pomp and poetic imagery of “First Episode At Hienton” and “Sixty Years On” putting him alongside Procol Harum in the classical-rock arena, and the careening “Take Me To The Pilot” showing him to be a kick-ass rocker in the style of the Tulsan dynamo Leon Russell. As it turned out, Elton’s talent and ambition, furthered by an inspired supporting cast, enabled him to transcend easy categorisation, evidenced by the fact that Elton John was cut live off the floor – vocals, rhythm tracks orchestrations, the works – in one week. He was on a roll that would continue full throttle through the first half of the ’70s, during which he would write and record no less than nine studio albums, all with Bernie Taupin providing the lyrics and Gus Dudgeon producing.

The subsequent Tumbleweed Connection, fortuitously recorded prior to Elton’s commercial explosion and thus dictated only by the artistic impulses of the artist and his creative team – Taupin, Dudgeon and string arranger Paul Buckmaster (who’d teamed with Dudgeon on David Bowie’s “Space Oddity”) – presented a far more unified musical and thematic vision. Not only that, but the LP was created as an album of interlocking songs, with no thought given to radio singles (an utterly pure situation that would be impossible for them to repeat).

Inspired by The Band’s Music From Big Pink, Tumbleweed… was born out of Taupin’s fascination with Americana, largely inspired by western movies, as John reacted to the sheaf of lyrics he was given with synergistic flights of musical fancy.

More than at any time thereafter, the Taupin-John two-staged creative process resulted in a magnificently cohesive album, from the scene-setting “Ballad Of A Well-Known Gun” through the memorable “Country Comforts” to the stunning three-stage payoff of “Amoreena”, “Talking Old Soldiers” and “Burn Down The Mission”. The fact that neither of the partners had yet set foot in America at the time underscores the material’s vibrancy; indeed, Tumbleweed… is as much a free-flowing fantasia as Bowie’s subsequent Ziggy Stardust, teeming with melodic and narrative connections, along with the psychological underpinning of the relationship between youth and age, particularly fathers and sons, first hinted at on “Sixty Years On” and here examined with delirious obsessiveness.

Whether fans will opt to upgrade from the already expanded 2004 reissues of the two LPs depends on their need for a mass of capably performed and recorded piano demos, 12 on Elton…, five on Tumbleweed… or the far more seductive full-band tracks cut live for various BBC sessions – three apiece on both albums’ second discs. The previously unissued performances of “Ballad Of A Well-Known Gun”, “Burn Down The Mission” and “Amoreena” are every bit as riveting as the Mick Ronson-fuelled outtake of “Madman Across The Water”, retained from the previous Tumbleweed… edition. “Ballad…” also gets a delightfully full-on country-rock treatment that sounds like Elton fronting New Riders Of The Purple Sage. Of the two reissues, my guess is this is the one you won’t be able to live without. That’s because the expanded Tumbleweed Connection represents that rare occurrence when perfection itself is improved upon.

BUD SCOPPA


Right off the bat this is an improvement over the first one because Tumbleweed is rock music, so all of those Hollywood strings and arrangements that made the first one just a bit trying after 1000 listens is gone. Which is not to say that Tumbleweed is perfect. As could be expected no chances are taken and the sound is still a bit too lush, and the songs just a bit too smooth. But this is really focusing too much. EJ has a good thing going for him and it sounds like it's gonna last awhile. The Taupin-John compositions here are even more infectious and artful than on the last album -- and the change between the two is just enough to satisfy even the most uncompromising fan. Somewhere deeper than the clever words and groovy tunes and soulful crescendos there's still a hint of something synthetic. But that's what they said about Creedence Clearwater, too. 

Danny Goldberg, Circus, 1971

Here is another smash album for the British composer/performer and his lyricist, Bernie Taupin. John's singing and superb piano style are reflected well in almost every tune. His rendition of "Country Comfort," which is about one year old, is the best yet. Although this is but his second LP, Elton John's track record already speaks for itself, and the album is sure to be one of the biggest of the new year. 

Billboard, 1971



da All Music Guide

Instead of repeating the formula that made Elton John a success, John and Bernie Taupin attempted their most ambitious record to date for the follow-up to their breakthrough. A loose concept album about the American West, Tumbleweed Connection emphasized the pretensions that always lay beneath their songcraft. Half of the songs don't follow conventional pop song structures; instead, they flow between verses and vague choruses. These experiments are remarkably successful, primarily because Taupin's lyrics are evocative and John's melodic sense is at its best. As should be expected for a concept album about the Wild West, the music draws from country and blues in equal measures, ranging from the bluesy choruses of "Ballad of a Well-Known Gun" and the modified country of "Country Comfort" to the gospel-inflected "Burn Down the Mission" and the rolling, soulful "Amoreena." Paul Buckmaster manages to write dramatic but appropriate string arrangements that accentuate the cinematic feel of the album.


Stephen Thomas Erlewine


No tantrums. No tiaras. Just terrific, soulful country-rock...

Here's to Paul Buckmaster and Gus Dudgeon, the heroic sonic manipulators behind Elton John's 1970 Americana-infused classic. The bespectacled songwriter and his wordsmith pal Bernie Taupin may have been successfully mining the country heart of The Band's Music From Big Pink, but it was down to Buckmaster and Dudgeon to instil Tumbleweed with its endlessly inviting warmth. The counterpoint string arrangements that varnish Come Down In Time's delicate melodies are the perfect example of Buckmaster's canny knack for spacing and orchestration, while Amoreena, My Father's Gun and Burn Down The Mission are clear indications that Elton's tunes and Dudgeon's vintage production methods truly belonged together. That these prime cuts of country soul goodness came from a small town in South-East England only serves to make this record all the more startling.

da Mojo del 16 dicembre 2007   di Danny Eccleston
 



Negli Stati Uniti è stato pubblicato dalla UNI Records un promo 7" (LLP #143) con quattro brani:  
lato A COME DOWN IN TIME" COUNTRY COMFORT, lato B.  AMOREENA e LOVE SONG.

Tumbleweed Connection - Elton John



 
 

anno/label 1970 - DJM in UK, UNI in USA 
produzione Gus Dudgeon
arrangiamenti orchestrali Paul Buckmaster
studio Trident Studios, Londra
musicisti Roger Pope: batteria e percussioni; Nigel Olsson: batteria e cori; Barry Morgan: batteria; Dave Glover: basso; Dee Murray: basso e cori; Herbie Flowers: basso; Chris Lawrence: basso acustico; Mike Egan: chitarra acustica; Lesley Duncan: chitarra acustica e cori; Les Tatcher: chitarra; Caleb Quaye: chitarra; Gordon Huntley: chitarra steel; Skaila Kanga: arpa; Karl Jenkins: oboe; Johnny Van Derek: violino; Dusty Springfield, Madeleine Bell, Kay Garner, Tony Burrows,Tony Hazzard, Sue & Sunny: cori; Elton: piano e organo
note grande produzione sovrastata dagli arrangiamenti orchestrali di Buckmaster, influenze di The Band e del vecchio West.
Elton è al top, un capolavoro praticamente ignorato dalla critica.  Irripetibile. Insieme a Madman Across The Water il picco della produzione discografica di Elton