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album I album secondari

 Elton John - One Night Only  (2000)

E' veramente una tristezza ascoltare un disco del genere da un performer come Elton John, ma a chi sarà venuto in mente questo progetto infarcito di duetti e musicisti che facevano meglio a starsene a casa?  E' incredibile pensare che solo pochi mesi dopo sia potuto uscire un album come Songs From The West Coast, forse non tutto il male vien per nuocere ...


 

1) Goodbye Yellow Brick Road
2) Philadelphia Freedom
3) Don't Go Breaking My Heart (con Kiki Dee)
4) Rocket Man
5) Daniel (*)
6) Crocodile Rock
7) Sacrifice
8) Can You Feel The Love Tonight?
9) Bennie & The Jets
10) Your Song (con Ronan Keating)
11) Sad Songs (Say So Much) (con Bryan Adams)
12) Candle In The Wind
13) The Bitch Is Back (*)
14) Saturday Nights Alright For Fighting (con Anastacia)
15) I'm Still Standing
16) Don't Let The Sun Go Down On Me
17) I Guess That's Why They Call It The Blues (con Mary J. Blige)

(*) Bonus Tracks - disponibili solo nelle versioni Giapponese, Australiana, Inglese e Statunitense dell'album
 
 
 
 
 
 
 
 

classifiche
Stati Uniti:    65° posto
Inghilterra:    7° posto
Italia:    -- posto
 
 



 

da www.musicclub.it

E' stato uno dei più grandi di tutti e fa molta tristezza sentirlo adesso. Vederlo. Sopportarlo. Non è più una star, è solo una gran dama del pop che fatica a nascondere i buchi nelle calze. Ha un mucchio di problemi economici e naturalmente quello che stupisce è che ad averli non è uno qualsiasi ma l'autore di canzoni le cui royalties avrebbero potuto fare la fortuna di una decina di paesi poveri. Comunque fatti suoi. A noi dispiace solo che Elton John, disastri permettendo, sia ancora operativo. Perché il suo non e più un bell'operare. Il live, instant record tratto dai concerti di ottobre del Madison Square Garden, non fa una piega perche è tutto pieghe, rammendi invisibili e cerotti visibilissimi. I denti della sua musica sono scomparsi. La bellicosa tenerezza del suo pop è diventata un miscuglio di generose ma purtroppo inefficaci riprese dei classici più in vista. Una splendida baracconata. Qualcuna di queste canzoni ancora fa la sua figura, altre sinceramente no specie quando si ricorre al falso toccasana del duetto (solo per la platea, quindi un po' gratuiti, gli abbinamenti con Anastacia e Mary J. Blige per Saturday night's alright for fighting e I guess that's why they call it the blues). La voce fatica dove un tempo correva senza dover ricorrere al doping della tecnologia o dell'arrangiamento. Peccato. E la selezione del disco spiega anche un'altra cosa: che ormai Elton John ha un passato ridotto all'osso di una ventina di canzoni, mentre il resto, forse la parte più sublime, è ormai dimenticato. Solo per lui, però: non per chi è cresciuto con Texan love song, Roy Rogers, Pinky, Indian summer o Come down in time, che avrà di che brontolare per tutta la vita.


da All Music Guide

It's hard to imagine the wondrous spectacles that were Elton John shows in the ‘70s. Decked out in the kind of campy dress that would make a drag queen call the fashion police, Elton pranced and danced across the stage like he owned it -- because he did. But, alas, the ‘80s and a monstrous coke habit came calling, and when they left John was never the same performer or singer again. What was once fun and camp somehow became tacky and the singer seemed hopelessly out of it. This CD, taken from a sold-out weekend stand at Madison Square Garden in October 2000, is his bid to capture that old live magic for the younger types who missed it the first time around. Through the course of 17 tracks the artist huffs, puffs, wheezes, sputters, and does everything in his power to find that once unbridled energy. Does he? No, not really. But he does play nearly every major hit he's had in the process which, when you realize how many there are and how good they are, is one hell of a consolation prize. The cover, which depicts John decked in a white suit and surrounded by bananas and the like, doesn't do much to nix the tacky tag, but the music is, thankfully, better than its packaging. He also pulls several rabbits out of his hat in the form of Bryan Adams (who guests on "Sad Songs"), Mary J. Blige (who duets on "I Guess That's Why They Call It the Blues"), and, most amazingly, Kiki Dee, who rips into "Don't Go Breaking My Heart" in a way that Rupaul could only dream of. No, he hasn't recaptured that ‘70s magic, but the melodies are still great and you'll still know every word.

 Steve Kurutz, All Music Guide

 
 
 
 
 


anno/label 2000 - Universal
produzione Phil Ramone
arrangiamenti orchestrali  --
studio registrazione live al Madison Square Garden, NYC, il 20 e 21 ottobre 2000
musicisti Nigel Olsson: batteria e cori; Curt Bisquera: batteria; Davey Johnstone: chitarre e cori; John Jorgenson: chitarre e cori; Bob Birch: basso e cori; John Mahon: percussioni e cori; Ken Stacey, Billy Trudel: cori; Kiki Dee, Anastacia, Mary J. Blige, Bryan Adams, Ronald Keating: duetti; Elton: piano
note pasticcio live con troppi musicisti e duetti da dimenticare.
tutto da dimenticare, il peggior live di Elton.